Vai all'articolo sul sito completo

Da Nord a Sud. A Trento, Avellino, Alessandria, Teramo, Cagliari, Enna, Palermo e Genova proseguono i blocchi stradali e i cortei degli agricoltori iniziati in Germania, Francia e Paesi Bassi. Il nemico numero uno è l'Europa con le sue politiche giudicate troppo penalizzanti per un settore che fatica a sopravvivere nella spietata concorrenza con le multinazionali.

Nelle piazze e per le strade si urla contro le follie delle farine d'insetti, la carne coltivata, il caro gasolio e le importazioni a basso costo. E poi ancora contro l’obbligo di lasciare incolta una parte consistente dei terreni agricoli e la politica di accordi commerciali con i produttori extraeuropei.

E poi ci sono le scelte del Green Deal europeo che ha l’obiettivo di ridurre le emissioni nette del 55% entro il 2030 e raggiungere emissioni zero entro il 2050. Gli agricoltori ritengono che queste politiche green finiranno per danneggiare il loro lavoro, imponendo costi eccessivamente elevati, oppure richiedendo tecniche agricole innovative che presuppongono importanti investimenti economici.

L’Europa, impone regole uguali per tutti, che siano grandi o piccole aziende, in Liguria come nella sterminata pianura tedesca. Come se tutti potessero produrre le stesse cose, nello stesso modo e allo stesso costo.

Da ogni regione d’Italia arrivano centinaia di storie. Anche interventi apparentemente ecologici sono considerati "nemici". È il caso di Andrea Maggi, risicoltore di Vercelli che sta lottando contro l'esproprio dei propri terreni per la costruzione (da parte di piccole aziende collegate in realtà a multinazionali) di un grande parco agrivoltaico all'interno della sua proprietà.
Insomma un'Europa che prima ti mette in ginocchio con regole assurde e poi permette a qualcuno di offrirti due spiccioli per lasciare i terreni custoditi da intere generazioni.

E poi c’è la storia di Maddalena raccontata da Primocanale durante la protesta di Busalla. “Molte frazioni sono tenute accessibili grazie a noi agricoltori. Se i nostri boschi sono accessibili, se le nostre valli sono dei giardini a cielo aperto lo sono solo grazie a chi taglia il fieno, la legna, tiene gli animali e interviene sul territorio contro il dissesto idrogeologico. L'importanza di essere custodi del territorio per far capire che, aldilà di tutti i bandi per cui possiamo concorrere, va valorizzata la nostra presenza qui, per il solo fatto che questi luoghi non sono in abbandono laddove c’è un’azienda agricola".

A Bruxelles, il Parlamento Europeo ha disposto il filo spinato come sbarramento per poter respingere l’arrivo degli agricoltori. Sono tanti, arrabbiati e decisi. Filo o non filo.

Telefonini che passione: i cellulari si confermano tra gli obiettivi preferiti anche dai ladri e dai rapinatori. Ieri ne sono stati rubati alcuni, insieme ad Ipad, in un negozio di telefonia svaligiato in via Sestri Ponente, bottino complessivo del furto oltre 2000 mila euro.

La polizia sta poi indagando su una rapina a un diciannovenne che è stato minacciato da due giovani e rapinato del suo telefonino nella zona di Principe.  E poi ancora due minorenni stranieri sono stati arrestati dalla polizia a Genova con l'accusa di aver rapinato una ragazza del proprio Iphone mentre tornava a casa da sola dopo una serata trascorsa in discoteca. Ma sono decine e decine le rapine, soprattutto a danni di giovani, avvenute negli ultimi mesi.  A Manin è caccia  a una banda che da qualche settimana "attacca" ragazzi per rubargli soldi, telefoni e auricolari.
Sono giovani e giovanissimi, minorenni o da poco maggiorenni, si muovono in veri e propri branchi e danno vita a risse, violenze e rapine. Mettono in luce la profonda difficoltà sociale di un’intera generazione, che sta esplodendo in una violenza senza limiti. E nelle scuole arriva l'allarme di insegnanti e presidi: "Situazione sempre più delicata".
 
 

“Come non interessa, l’importante è che se ne parli”. Più o meno dice così una delle massime che sostengono la pubblicità. Bene: il pestellone che promoziona il pesto e la sua Liguria risponde esattamente a questa logica. Posso persino essere d’accordo che esisterebbero modi di miglior gusto per una simile campagna, però allo stesso tempo non sono affatto sicuro che l’esito sarebbe il medesimo.

La polemica politica alimentata dalle opposizioni in Consiglio regionale sembra dare ulteriore linfa al governatore Giovanni Toti, il quale punta proprio sul pestellone per affermare che in Liguria il turismo continua a crescere e che per questo semplice motivo anche tutta la regione ottiene risultati economici migliori che in passato. Sciorina le cifre, Toti, e su di esse c’è poco da osservare: quelle sono. Non condivido il fatto, però, che sia tutto merito del mortaio gigante.

Intendo affermare, cioè, che la Liguria ha tali requisiti - climatici, ambientali, architettonico-urbanistici, storici e via elencando – per cui è assolutamente plausibile che una famiglia di altra regione italiana o di altro Paese decida di venire a Genova e nelle altre città e cittadine liguri a trascorrere le proprie vacanze. C’è molto da fare e molto da vedere. Anche molto da mangiare, ci spiega il pestellone. 

In realtà, dicono i suoi oppositori, lo sanno tutti che la Liguria è la patria del pesto. Siamo sicuri che sia davvero così? Basta girare in un qualsiasi supermercato per scoprire che il pesto ligure, appunto quello pubblicizzato dal “pestellone della discordia”, ha moltissimi concorrenti. A cominciare da quello che piace da morire al commissario Montalbano…

Dunque, non è per niente esercizio inutile quello di ricordare al mondo che il pesto “vero” è quello che nasce a Genova e in Liguria. Come dire che in Trentino si sa che c’è la neve, quindi a che serve certa promozione di piste da sci, impianti e via citando? 

Proprio partendo da questo presupposto trovo surreale che si vada avanti nella polemica sul denaro presuntamente sperperato per portare avanti la “strategia del pestellone”. Di più. Se si facesse di conto, probabilmente emergerebbe che per portare il simbolo del pesto prima sul Tamigi, poi al Sestriere e quindi al Festival occorrerebbe spendere più di quanto avvenuto. Anche se, almeno a mio parere, il problema non è questo. 

La domanda, semmai, è: il gioco vale la candela? La risposta è sì. Con i fatti che stanno lì a testimoniarlo. Così mi viene un dubbio: al di là delle battutacce dell’una e dell’altra parte, sembra che in politica si siano messi d’accordo, per “tenere su” l’argomento. Non è così, purtroppo. Appunto, purtroppo…

Con 7 risultati utili consecutivi il Genoa ha gettato robuste basi per arrivare alla salvezza senza ansie e timori che già aleggiavano prima del filotto che ha portato in alto i rossoblu.

In attesa delle ultime manovre di mercato (Gudmundson non si tocca almeno fino a giugno così sarebbe cosa buona e giusta), l’attenzione in casa del Grifone è tutta ora concentrata sul futuro di Gilardino. Il coro a favore del tecnico da parte della Gradinata Nord dopo il successo sul Lecce e’ significativo del fatto che il mister abbia definitivamente conquistato il cuore della tifoseria. Ma quel coro è anche un invito alla dirigenza a stringere il patto con Gila anche per il futuro.

L’allenatore ha un contratto che scadrà a giugno più opzione Fini al 2025. Insomma serve adeguare il compenso e soprattutto l’orizzonte temporale. Dopo aver portato la squadra in serie A e arrivare a 16 partite dalla fine a 28 punti mettendo in fila parecchi giocatori che si sono apprezzati col suo gioco, vedi Gudmundsson e non solo, Gilardino è attenzionato da altri club. Sarebbe strano il contrario. Ora i contatti però ci saranno. Serve fare il punto e capire quale potrà essere la stagione prossima.

Probabile, anzi praticamente certo, che a giugno un paio di colonne del Genoa verranno cedute, ma la volontà è quello di migliorarsi con acquisti validi in prospettiva. È tutto questo appare scontato che a guidare Bani e compagni resti Gilardino con licenza di richiedere le pedine che vuole. Finito il mercato se ne riparlerà e chiudere la pratica con soddisfazione tra le parti potrebbe essere altra benzina nel motore del Genoa. Gila deve molto al Genoa perché dalla Primaveta è passato alla prima squadra facendo risultati inattesi.

E per questo che il club deve fare una mossa che può andare solo in una direzione, senza perdere tempo. La priorità ora è questa.