
C’è voluta una commissione speciale per provare a capire cosa stia davvero succedendo in Amt, ma alla fine della lunga maratona in Sala Rossa la nebbia è rimasta la stessa. Le telecamere di Primocanale hanno mostrato a tutti i genovesi quello che è apparso come un confronto più politico che tecnico, dove i numeri diventano bandiere e le responsabilità rimpalli.
Il presidente Federico Berruti ha illustrato il quadro: mancano 42 milioni per garantire gli stipendi fino a marzo, i debiti ammontano a 158 milioni, e per riportare equilibrio nel 2026 serviranno 60 milioni di euro. Dieci dovrebbero arrivare da un ritocco delle tariffe, cinquanta da una revisione dei contratti di servizio. Tutto legittimo, ma finché il bilancio non sarà depositato, i cittadini (e i lavoratori) restano senza certezze. E la sensazione è che la battaglia dei numeri sia diventata anche una guerra di parole.
Berruti ha scelto la linea del tutto o niente: “Se non piace il mio piano mi faccio da parte”. Toni da ultimatum, ma che a un certo punto sembravano avere il sapore più della frustrazione che di forza. Il nuovo piano aziendale – che dovrebbe indicare la via per la sopravvivenza di Amt – è ancora in fase di lavorazione, e nel frattempo è stata presentata l’istanza di composizione negoziata della crisi. Solo che, al momento, nessuno sa esattamente cosa contenga questo piano. Intanto da novembre più di mille turni giornalieri saranno ridotti. Si parla di tagli alle linee collinari, le più utilizzate da chi ogni giorno si sposta per lavoro o scuola.
Dalla tribuna, dopo ore di dibattito, un dipendente di Amt ha urlato: “Sembra di vedere la Baistrocchi!”. Un commento amaro ma preciso: perché di fronte a tante dichiarazioni, è mancata la concretezza. E poi c’è l’assenza della sindaca Silvia Salis. In una giornata così delicata, la sua mancata presenza non è un dettaglio da poco. Lo hanno sottolineato a gran voce i consiglieri dell’opposizione ma anche i tanti lavoratori di Amt presenti sulle tribune.
In un momento così complicato, la sindaca avrebbe dovuto esserci. Non necessariamente per risolvere tutto — nessuno si aspetta miracoli — ma per ascoltare, capire, rappresentare la città. Perché quando un’azienda pubblica è in crisi, la città intera è in crisi. E la crisi di Amt non è solo una questione di conti. È una questione di fiducia, di trasparenza e di responsabilità.
E Genova, oggi, merita risposte chiare e coraggiose, non l’ennesima rappresentazione in cui tutti recitano la loro parte.
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IL COMMENTO
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