Commenti

Torna alla homepage
5 minuti e 23 secondi di lettura
di Giampiero Cama*

I fattori che contribuiscono al successo o alla sconfitta in una competizione elettorale possono essere molteplici. Possono contare i demeriti dell’amministrazione uscente e dei loro candidati, come invece la bontà dell’offerta politica e l’abilità comunicativa della coalizione e dei leader appartenenti al campo opposto. In occasione delle recenti elezioni comunali hanno pesato probabilmente entrambi gli elementi. Prima di fare una valutazione occorre sottolineare alcuni dati emersi dalla consultazione. Un primo punto concerne il recupero, in certa misura inatteso, della partecipazione. Ha infatti votato quasi il 52% degli aventi diritto, un recupero di circa 7 punti percentuali rispetto alle precedenti regionali, un risultato superiore anche rispetto alle comunali del 2022. Tale rimonta ha beneficiato, in termini assoluti, tutte e due le coalizioni, ma in proporzione maggiore la coalizione di centrosinistra. Il successo della Salis è in buona parte dovuto a una rimobilitazione di buona parte degli astenuti delle due precedenti tornate elettorali. Questo si evince plasticamente anche dall’esame dettagliato del voto nelle diverse municipalità. Il centrosinistra ha infatti ripreso il controllo delle tradizionali roccaforti popolari situate nella parte occidentale del comune e nelle due principali vallate, lasciando all’altro schieramento solamente le municipalità del levante. Il risultato delle singole liste rispecchia in parte questo andamento. Il PD si afferma largamente come il primo partito della città, sfiorando il 30%, seguito da Fratelli d’Italia che quasi eguaglia i risultati delle ultime regionali. Le liste non allineate alle due coalizioni principali hanno avuto un esito poco soddisfacente non collocando alcun consigliere all’interno dell’assemblea comunale. Si è poi confermata l’importanza delle liste civiche, questa volta in misura maggiore per il centrosinistra (in capo alla Salis), mentre in precedenza a beneficiarne maggiormente furono i candidati del centrodestra (Toti e Bucci).

Interpretazione dei risultati

Come interpretare questi risultati? Due fattori sembrano spiccare tra gli altri. In primo, luogo i contenuti dei programmi presentati dai diversi schieramenti. Secondariamente la forza di attrazione dei leader.

Dal punto di vista dei contenuti si sono segnalate alcune differenze rilevanti. La campagna di Piciocchi e della sua coalizione è apparsa, almeno nel corso delle principali uscite pubbliche, fortemente sbilanciata sul versante delle grandi opere urbanistiche e infrastrutturali (sia quelle già in cantiere sia quelle solo progettate), lasciando più sullo sfondo i punti, pur presenti nel programma dettagliato di governo, relativi al sociale e alle politiche assistenziali. Per contro la Salis ha posto maggiormente l’accento sull’esigenza di misure volte a superare gli squilibri sociali e territoriali della città, seguendo un approccio basato su interventi “micro”, di più piccola portata, ma diffusi su tutti i quartieri della città. Questa proposta si è rivelata vincente, intercettando probabilmente un bisogno diffuso di politiche sociali atte fronteggiare le difficoltà e i bisogni di buona parte della popolazione.

Se consideriamo poi il peso specifico dei due principali sfidanti e della loro campagna sugli elettori, non possiamo non menzionare l’impatto superiore alle aspettative della candidata del centrosinistra. Salis si è presentata come una neofita della politica, con poca esperienza amministrativa e poca dimestichezza con le asprezze connesse solitamente alla contesa elettorale. In realtà ha mostrato nel complesso una buona padronanza, un uso disinvolto della comunicazione, e una spiccata personalità. Ha condotto la sua campagna con un piglio e una determinazione che è parsa sorprendere i più, reggendo con relativa con disinvoltura i contraccolpi polemici che l’hanno investita. Questa sicurezza, associata all’effetto novità che indubbiamente l’ha premiata, non sono stati elementi secondari del suo successo.  Anche Piciocchi ha condotto a nostro avviso una buona campagna. Ha esibito un convincente tratto di affidabilità e serietà. E’ parso mosso da una genuina passione per il suo lavoro e ha rivendicato con forza i risultati della precedente amministrazione. Non a caso ha in parte recuperato i voti della coalizione rispetto alle ultime regionali. Forse hanno pesato negativamente due fattori: un eccesso di contiguità con il sindaco uscente (che ha intaccato l’autonomia della sua figura) e una minor disinvoltura sul piano comunicativo.

Va infine sottolineato un fattore generale che, oltre a quelli appena menzionati, può aver inciso sull’esito complessivo. Mi riferisco al fenomeno che caratterizza tutti i contesti nei quali non si verifica l’egemonia stabile di uno schieramento politico (come ad esempio in altre regioni del nostro paese, quali l’Emilia o il Veneto). Dal secondo dopoguerra Genova ha vissuto l’alternanza di diverse fasi politiche, alcune caratterizzate dalla presenza, di volta in volta, di sindaci e partiti espressione sia del centro destra sia del centrosinistra. In altre parole, la città e la regione si sono dimostrati contesti nei quali la competizione è spesso “in bilico”, dall’esito non scontato. In queste situazioni si verifica frequentemente il fenomeno dell’esaurimento dei cicli polito-amministrativi. Specie quando sono di lunga durata. Ed è quello che probabilmente è successo nella nostra città. Il combinato dello scandalo che ha colpito l’amministrazione regionale e un certo indebolimento della spinta propulsiva dell’esperimento politico con a capo Toti e Bucci potrebbe aver contribuito a premiare “l’effetto novità” rappresentato da Silvia Salis. 

Implicazioni per il futuro

Rimane da riflettere sulle conseguenze di quanto avvenuto. Su scala locale la prima sfida è rappresentata dalla capacità della nuova sindaca di mantenere coesa la coalizione. Uno dei risvolti positivi della sua campagna elettorale è stato proprio quello di proiettare un’immagine di unità della stessa. Non si sono verificate infatti significative fibrillazioni tra i principali partiti, contrariamente a quanto avvenuto durante le ultime regionali. Conservare questo spirito di collaborazione non sarà facile di fronte a quelle celte che si profilano come potenzialmente divisive e considerate inoltre le indubbie rivalità tra i partiti dell’alleanza, soprattutto PD e Cinque Stelle. Per il centrodestra si tratta di ricostruire una nuova e convincente offerta politica e una nuova leadership, un compito non facile nell’immediato.

A livello nazionale, Genova ha rappresentato un esperimento di successo, una prova riuscita di larga coalizione. Sono risapute le difficoltà di replicare questa formula in vista delle elezioni politiche, ma questo primo passo, in una delle città più importanti del paese, potrebbe rappresentare un piccolo incentivo a proseguire questo percorso. Resta da capire infine un ulteriore sviluppo: le elezioni del nostro comune non hanno visto, contrariamente ad altre realtà, una frammentazione rilevante dell’offerta politica. Quest’ultima si è organizzata intorno ai due poli principali, lasciando poco spazio alle cosiddette terze forze. A livello genovese, in altre parole, si è affermata una rinnovata tendenza alla competizione bipolare. Un segnale che vale anche per il paese? Ai posteri….

*Giampiero Cama Professore di scienza politica Università di Genova