
Il 2 giugno 1946 rappresenta una data storica per l’Italia: si svolse infatti il referendum sulla forma istituzionale dello Stato, che con il voto popolare sancì la nascita della Repubblica e portò all’elezione di un’Assemblea Costituente incaricata di redigere la nuova Costituzione. Questo evento segnò la conclusione di un lungo e complesso periodo di transizione, caratterizzato dalle azioni dei movimenti e partiti antifascisti e dall’avanzata degli Alleati in un Paese ancora diviso e devastato dalla guerra.
Per la prima volta nella storia italiana, gli uomini e le donne furono chiamati a votare insieme per scegliere tra Repubblica e Monarchia e per eleggere i deputati dell’Assemblea Costituente. Questo voto rappresentò un momento fondamentale per la costruzione di una nuova idea di cittadinanza repubblicana, che trovò nella Costituzione una delle sue massime espressioni.
Un Paese diviso e un voto storico
Dopo vent’anni di dittatura fascista, l’Italia si avvicinava alle prime elezioni libere a suffragio universale maschile e femminile, nonostante le profonde divisioni sulla questione istituzionale. La spaccatura era netta e geograficamente marcata: il Nord era a maggioranza repubblicana, mentre il Sud sosteneva la Monarchia.
Gli eventi degli anni precedenti — dalla sconfitta militare, all’armistizio dell’8 settembre 1943, alla fuga dei vertici militari e della famiglia reale, fino alla guerra civile — avevano reso inevitabile una cesura netta con il passato.
I numeri del referendum
L’affluenza alle urne fu altissima: su 28 milioni di aventi diritto votarono quasi 25 milioni di italiani, pari all’89,08%. Dei voti validi (oltre 23 milioni), il 54,27% scelse la Repubblica, mentre il 45,73% preferì la Monarchia. L’affluenza variò tra il 75% e il 90% nelle diverse province, a testimonianza dell’importanza e della partecipazione popolare.
Tensioni e polemiche
La scelta tra Monarchia e Repubblica divise profondamente l’elettorato, non solo per ragioni politiche e socio-economiche, ma anche per le differenti esperienze vissute durante la guerra e per il legame emotivo con l’istituzione monarchica. Il passaggio alla Repubblica avvenne in un clima di tensione, con polemiche sulla regolarità del referendum, accuse di brogli, ricorsi e proteste sulla stampa.
Il 18 giugno 1946, dopo la valutazione dei ricorsi, la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la nascita della Repubblica Italiana, sancendo la fine della monarchia.
Un anniversario e uno sguardo ai referendum odierni
Il 2 giugno 2025 ricorre il 79° anniversario di quel giorno storico, proprio alla vigilia di cinque referendum abrogativi previsti per l’8 e 9 giugno. Dal 1974, anno del primo referendum abrogativo, ne sono stati tenuti 72, ma oltre il 45% non ha superato il quorum necessario per la validità. Solo in 23 casi il Sì ha vinto con conseguente abrogazione della norma, mentre in altri 32 casi, pur vincendo il Sì, il mancato raggiungimento del quorum ha reso inutili i risultati.
La crescente astensione, favorita anche dalla scelta di alcuni partiti di centro-destra di non partecipare, lascia prevedere un nuovo flop per i referendum imminenti. Sebbene il referendum rappresenti la massima espressione della democrazia e della partecipazione popolare, qualcosa nel meccanismo sembra non funzionare pienamente, sollevando interrogativi sul futuro della partecipazione civica in Italia.
Il ricordo del 2 giugno 1946 ci invita a riflettere sull’importanza della partecipazione democratica e sul valore della cittadinanza attiva, elementi fondamentali per il progresso e la coesione di una nazione.
IL COMMENTO
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