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Così non si fa, non è giusto: non è possibile apporre un cartellino/foglio di carta sul cruscotto dell’auto per non pagare il parcheggio”.

E’ un fiume in piena Antonio Gagliano, assessore alla viabilità del comune di Imperia che, dopo numerose segnalazioni da parte dei residenti sul “free style” di qualcuno utilizzato per parcheggiare la macchina senza pagare, è corso sul posto per verificare la veridicità delle accuse.

“Tutti hanno il dovere di pagare il posto auto  - ha dichiarato mentre aspettava l’arrivo degli ausiliari del traffico per le sanzioni- perché trattasi di normativa. A chiunque piacerebbe parcheggiare gratuitamente ma non funziona così. Nello specifico, sui cruscotti di diverse autovetture, spiccava un biglietto dove veniva evidenziato che le auto appartenevano al personale della Questura di Imperia e questo non va bene.

La Città, in questo momento,  è al centro di polemiche per l’aumento dei posti blu: polemiche che possono essere giustificate ma la sostanza non cambia. L’aumento dei posti auto a pagamento nasce con l’obiettivo di aumentare la rotazione in maniera tale che ci sia la possibilità, per tutti, di trovare un posto auto nelle zone centrali.

E’ un ‘ progetto ‘ sperimentale ma tutti devono pagare. Non ci sono - continua Gagliano - cittadini di serie A o serie B, non vi è differenza tra chi indossa una divisa e chi no.

Non meno grave - conclude- la presenza di un’autovettura con il biglietto (sul cruscotto) della GoImperia, la società che gestisce i parcheggi e il porto. Ripeto, non si fa così".


GENOVA - È stato identificato l'autore delle telefonate anonime che hanno fatto scattare l'allarme bomba al tribunale di Genova. Si tratta di un uomo di 40 anni, calabrese.

L'uomo avrebbe chiamato ieri pomeriggio e la notte tra venerdì e sabato. Ancora da chiarire se sia lo stesso che ha invece chiamato in questura a Parma venerdì mattina dicendo di avere sentito due stranieri che volevano mettere un ordigno al palazzo di giustizia del capoluogo ligure. In questo caso erano intervenuti gli artificieri dei carabinieri, le unità cinofile della polizia e i vigili del fuoco.

Tutti i dipendenti, i magistrati e gli avvocati erano rimasti fuori per oltre tre ore prima della completa bonifica dell'edificio. Ieri pomeriggio sono intervenuti i vigili del fuoco e gli artificieri della polizia. Anche in questo caso il personale è stato fatto uscire e fatto rientrare solo dopo il controllo di tutti gli uffici. L'uomo avrebbe precedenti per procurato allarme: sarebbe l'autore di 'scherzi' simili in giro per l'Italia.

GENOVA - La polizia è intervenuta nei pressi di un supermercato dove era stato segnalato un giovane che aveva tentato di allontanarsi con 21 confezioni di Parmigiano Reggiano, per un valore commerciale di 168 euro, senza corrisponderne il dovuto.

L’addetto alla vigilanza e altri due dipendenti hanno cercato di fermarlo e lo stesso ha reagito con violenza tentando la fuga. Gli agenti, immediatamente intervenuti, lo hanno bloccato ed accompagnato presso i locali della Questura.

Questa mattina sarà giudicato con rito direttissimo. Rimane comunque salva la presunzione di innocenza dell’indagato sino a sentenza definitiva.

GENOVA - Caos nel carcere di Marassi e un agente ferito dopo una perquisizione a seguito del lancio di droga e telefoni. È quanto successo ieri pomeriggio come denuncia Fabio Pagani, segretario Uilpa Polizia Penitenziaria.

"Purtroppo il carcere di Genova Marassi è diventata una autentica polveriera. Durante il controllo di un detenuto di origine africana - spiega Pagani - lo stesso ha opposto resistenza e ha rotto tibia e perone a un poliziotto che è stato operato". Secondo quanto ricostruito, durante l'ora d'aria sarebbero stati lanciati due pacchi dall'esterno verso il cortile della casa circondariale. In uno c'erano 40 grammi di hashish, mentre nell'altro due telefoni.

I poliziotti hanno notato l'arrivo dei pacchi e hanno proceduto alla perquisizione. Dopo i controlli è scoppiato il caos e i detenuti si sono rifiutati di rientrare in cella. "Occorre un cambio di passo in quel di Genova Marassi, è palese che non c'è più tempo - conclude Pagani -. Il Governo intervenga subito con un decreto carceri per potenziare concretamente gli organici di tutte le figure professionali, in primis della Polizia penitenziaria, mancanti di 18 mila unità, e deflazionare la densità detentiva anche mediante una gestione esclusivamente sanitaria dei detenuti malati di mente e percorsi alternativi per i tossicodipendenti, e il Parlamento approvi una legge delega per la riforma complessiva dell'apparato d'esecuzione penale".

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GENOVA - L'ultrà Paolo Taccone (foto al centro) detto "bomba" del gruppo Gav, tiene a precisare di non avere venduto merce ufficiale del Genoa, ma solo magliette e gadget da lui prodotti. Merce che poi estrae da un sacchetto e mostra ai giudici e anche ai giornalisti allineandola su una scrivania. L'unica lotta che lui rivendica è quella contro l'ex presidente Preziosi, "che è andato via anche grazie al nostro contributo. E oggi allo stadio si respira un'altra aria".

L'udienza del processo ai 15 ultrà del Genoa sulle presunte estorsioni al club in cambio della cosiddetta pace del tifo dopo le accuse dell'ex presidente Preziosi ai tifosi è stata l'occasione di fotografare uno spaccato del mondo dei tifosi rossoblu e non solo.


Oltre a Taccone, difeso all'avvocato Laura Tartarini, oggi davanti ai giudici ha parlato un altro imputato, l'albanese Arthur Marashi (foto a sinistra), titolare di una ditta che forniva servizi per le tribune, che ha anche raccontato la sua storia di migrante e di grande mediatore e pacificatore, come si descrive lui stesso, negli stadi e anche davanti alle discoteche, dove faceva il buttafuori.

Marashi si dice orgoglioso di essere stato scambiato per agente della Digos e arriva ad accusare di razzismo Rosy Bindi, allora presidente della commissione Antimafia che ai tempi degli scontri degli incidenti di Italia Serbia si disse meravigliata che l'ordine pubblico nello stadio di Marassi "fosse gestito da un albanese".


In aula c'è anche Fabrizio Fileni, detto Tombolone, che non parla ma affida la sua difesa a una memoria scritta di quattro pagine in cui rimarca la grande amicizia con Massimo Leopizzi, il capo della tifoseria rossoblu di cui si dice che lui fosse il braccio destro. Leopizzi, a cui Fileni dice che sarà sempre riconoscente perché gli è stato vicino nei momenti più difficili della sua vita. Fileni scrive anche come da bambino è diventato ultrà frequentando il Club Ottavio Barbieri di via Armenia dove un gruppo di giovani in quegli anni diede vita alla storica della Fossa dei Grifoni. "Leopizzi era già allora una figura carismatica, lui mi rimase molto vicino quando mi feci male e rimasi invalido cadendo in uno stato di depressione, mi spronò ad uscire e reagire, e di questo gli sarò sempre grato". Scrive anche Fileni: "Il Genoa solo passione, mai avuto nemmeno un biglietto omaggio".

A fine udienza  l'avvocato Mauro Casu, che, insieme al collega Andrea Vernazza, difende Artur Marashi, ha detto: "Oggi finalmente è stata data parola anche alle persone che sino ad oggi non hanno potuto parlare ed è stato evidente come tutti con sincerità ed empatia hanno fatto le loro ragioni".

Alla domanda chi è Artur Marashi Casu ha risposto: "Secondo l'accusa uno dei principali imputati, un fornitore del Genoa del servizio hostess nella tribuna centrale e siccome sempre attivo a Genova nei locali, nelle feste, anche come buttafuori, è stato coinvolto nella somministrazione di personale 4AnyJob per fornitore del Genoa, ricordiamo che il numero di steward utilizzati ogni domenica viene deciso dalla questura e i numeri sono elevati, si parla di 350 steward per partita, questo significa avere a disposizione almeno una rosa di 500 steward, e  di questi numeri si parlerà nelle prossime udienze". L'avvocato poi critica il fatto che i pm per dimostrare i pagamenti alle società che gestivano gli steward hanno confrontato i numeri di Samp e di Genoa: "Fare paralleli fra società diverse con storie diverse e affluenza di pubblico differenti risulta, a mio modo di vedere, non calzante in procedimento penale come questo".

Nelle scorse udienze l'ex presidente Preziosi era stato molto duro nei confronti degli ultrà indagati: "A loro del Genoa non è mai interessato nulla. Perseguono solo il loro interesse personale. Usavano il loro potere per ottenere maggiori benefici e denaro cavalcando le difficoltà della squadra".

Secondo i magistrati titolari dell'accusa Rombolà e Vona, il gruppo di tifosi avrebbe costretto con minacce la società nella persona dell’ex amministratore delegato Alessandro Zarbano, a versare i soldi attraverso fatturazioni per operazioni inesistenti in favore della Sicurart, società che forniva gli steward per lo stadio, di cui Leopizzi era socio occulto. Il gruppo era accusato inoltre di avere aggredito i giocatori e gli allenatori quando non vincevano le partite o non giocavano come volevano loro.