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Massimo Ferrero - dopo il rischio fallimento societario alla Sampdoria (di cui è ancora azionista di minoranza) - proprio non riesce a stare lontano dal calcio. Dopo i tentativi andati a vuoto di rientrare almeno in serie B con Perugia e Ternana ora l'ex presidente blucerchiato irrompe anche sui possibili scenari della Reggina, che solo pochi giorni fa non si è iscritta al campionato cadetto e che dovrà dunque ripartire dai dilettanti.

"Se hanno bisogno di Ferrero, noi ci siamo. Magari per un consiglio" le parole dello stesso Ferrero a Radio Cusano Campus: una sorta di messaggio al sindaco di Reggio Calabria Brunetti che si trova a gestire una ripartenza calcistica non facile. "Se ci sono dieci imprenditori reggini, che invece di 100 mila euro ne mettessero 300 mila. E magari noi ci siamo. Perché non è detto poi che nel calcio li spendi tutti. E Ferrero c'è. Serve positività nella vita. Ci sono ancora 48 ore. In ogni caso quando arriva un nuovo proprietario sarebbe giusto cambiare tutto il managment" le parole del Viperetta. 

Contro la Macedonia del Nord in trasferta, la nuova Italia di Luciano Spalletti va a caccia di tre punti per la qualificazione per i prossimi europei del 2024. A seguire ci sarà poi il delicato match con l’Ucraina.

Il modulo scelto dal Ct è il 4-3-3 con pochi dubbi su difesa e linea mediana, ma con dubbi in attacco. Il primo modulo provato da Spalletti infatti ha visto Retegui spalleggiato da Politano e Chiesa, il secondo invece ha visto Gnonto e Zaccagni ai lati di Raspadori.

La scelta è anche di tipo tattico, e considerando il recente passato al Napoli è più probabile che alla fine sia Ciro Immobile a guidare il tridente azzurro. Ma saranno i prossimi allenamenti a fare chiarezza.

GENOVA - Era stato uno dei grandi protagonisti - insieme ad Audero - del derby vinto della Sampdoria il 30 aprile 2022 contro il Genoa che portò alla rocambolesca salvezza dei blucerchiati prima della retrocessione di una stagione più tardi. Poi però Sabiri - autore del gol decisivo in quella stracittadina - brillò sempre meno l'anno successivo sia sotto la guida di Marco Giampaolo sia soprattutto durante la gestione Stankovic: la rottura col tecnico serbo - che addirittura in un match casalingo con la Salernitana lo sostituì ben prima dell'intervallo - fu sin troppo evidente.

Del resto il trequartista marocchino (viceversa tra i protagonisti con la sua nazionale della storica semifinale mondiale raggiunta nel dicembre 2002 in Qatar) aveva già la testa altrove, visto che nell'ultimo mercato di gennaio era già stato definito per giugno il suo trasferimento dalla Sampdoria alla Fiorentina.

Una destinazione particolarmente gradita allo stesso Sabiri che - dopo il precedente passaggio dall'Ascoli ai blucerchiati - contava di poter vivere un altro salto di carriera verso l'alto, andando a giocare in una squadra che punta alla conferma in zone europee, che partecipa alla Conference League e che l'anno scorso ha raggiunto - pur perdendole - due finali di coppa.

L'avventura di Sabiri a Firenze però è già finita ancora prima di iniziare. Al tecnico Vincenzo Italiano è bastato solo un mese e mezzo per bocciare il giocatore, che sin qui non è mai stato utilizzato in gare ufficiali. Tant'è che la Fiorentina ha deciso di cedere l'ex blucerchiato (che non era stato neppure inserito nella lista Uefa) agli arabi dell'Al Faiha. Un'oasi dorata in cui Sabiri - che oggi ha 26 anni e dunque è nel pieno della carriera - cercherà di ritrovarsi e dovrà dimostrare a se stesso e soprattutto agli addetti ai lavori di essere ancora un calciatore in grado di fare la differenza a certi livelli. 

In quanti il giorno dell’uscita del calendario di A, vedendo per il neopromosso Genoa l’inizio con Fiorentina in casa, Lazio e poi Toro fuori avrebbero firmato per 3 punti? In tanti a leggere sui social cosa si scriveva in quei giorni di luglio. Erano in pochi ad azzardare addirittura due pareggi. Con la vittoria contro la Lazio a oggi il bottino della classifica è persino migliore del previsto. Eppure verso il Genoa c’è una severità mai vista in situazioni simili. Gilardino e i suoi sono finiti nel tritatutto della critica già dopo il pesante ko all’esordio con la viola, quasi schifata l’impresa dell’Olimpico e addirittura psicotica la sconfitta al 94’ di Torino dopo un match brutto e tattico che i rossoblu avrebbero comunque potuto chiudere con un pareggio ineccepibile.

L’effetto degli arrivi di Retegui, Malinovskyi, Messias (infortunato) e la conferma dì Gudmundsson hanno finito per alimentare sogni di gloria e di aspettative non previste. Gilardino, sia chiaro che può migliorare, ha però bisogno dei sui tempi. Lui ex bomber di razza sa per primo che in avanti si può fare di più. Ma è chiaro che un allenatore per prima cosa vuole scavare fondamenta solide per il suo impianto tattico. E dopo il rovescio con la Fiorentina in cui dal loggione si chiedeva l’arrivo di quattro difensori spazzando via chi c’era, da parte del tecnico è diventato primario assestarsi dietro. Con la Lazio prestazione perfetta e idem col Toro, almeno fino alla dormita di Hefti con conseguente gol bello di Radonjc, frutto pure del mancato arrivo sul mercato di un invocato esterno destro di qualità. Ora Gila deve far quadrare il cerchio: coprirsi ma non sfiancando Retegui, Malinovskyi e Gud facendoli ripiegare sulla linea dei difensori.

La tentazione si chiama tridente “puro” ma può essere un azzardo. Gasperini per anni è stato massacrato perché troppo offensivo malgrado qualche povero giornalista (giusto un paio) continuasse a dire “guardate che questo ci fa vedere un calcio nuovo e coraggioso”. Apriti cielo, i conservatori votavano il catenaccio. Oggi che si fa la Maginot, perché è giusto si chiede il “settimo cavalleggeti” e pazienza se finisce in un massacro. Però ovviamente non è responsabilità del popolo se il gioco latita un po’, ma la fretta spesso è cattiva consigliera e in questo momento potrebbe essere addirittura pericolosa con un salto nel vuoto senza ritorno. La sosta può aiutare Gila a riordinare le idee e ripartire, il Napoli in fondo è l’avversario più difficile, ma contro il quale non c’è nulla da perdere. L’importante è voltare pagina abbandonando questa cappa d’ansia esagerata.

Oggi il portone del palazzo G.B. Imperiale in Piazza Campetto 9, grazie alla famiglia Pescetto, si aprirà, intorno alle 17.30, per mostrare la targa che ricorda l’Hotel Union che ospitò a lungo il dottor James Richardson Spensley, al quale la casa editrice Galata ha dedicato una graphic novel dal titolo “Spensley, il mito del primo genoano”, di Fabrizio Càlzia (testi), Gino Carosini (te- sti e disegni), Peter O’Master (disegni).

Mentre dal 7 settembre a Palazzo Ducale nello “Spazio 46 rosso” si potrà visitare la mostra a cura di Lu- ciano Caprile e Giovanna Liconti: “Marco Lodola. Il Rosso e il Blu. Genoa 130 anni”. In pratica saranno tre giorni di celebrazioni.

Mercoledì infatti come da tradizione alle 23 i tifosi si troveranno a De Ferrari per aspettare la mezzanotte e festeggiare al primo minuti del 7 settembre, tra cori e fuochi d’artificio, la nascita del Genoa. Coinvolte le strade del centro città. Per questa serata sono previste sorprese e spettacoli.

Poi in corteo i tifosi rossoblu andranno in via Palestro dove nacque il 7 settembre del 1893 il Genoa cfc. E giovedì sera dalle 19 grande serata in onore del Grifone al Porto Antico: collegamenti con giocatori del passato, sul palco saliranno tanto artisti di fede genoana, attori, comici, cantanti e poi le squadre femminili e maschili. Sono attesi migliaia di sostenitori rossoblu.