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GENOVA - Lo hanno rapito, portato in un casolare abbandonato e poi picchiato. È caccia a tre giovani complici di un ragazzo italiano di soli 21 anni, ora fermato dai carabinieri. I quattro sono accusati di aver rapito e picchiato con un spranga di ferro un giovane sudamericano, anche lui ventenne, che gli doveva dei soldi legati alla droga.

È successo la notte del cinque marzo. I quattro si sono introdotti con il viso coperto e armati di una spranga di ferro con la punta ricurva nella casa della vittima, dove lo hanno prima preso a calci e pugni e poi costretto nell’auto del 21enne. Prima di uscire hanno però rubato pc, diversi telefoni e un tablet.

A quel punto si sono messi in viaggio in direzione Sampierdarena, nel ponente genovese, dove lo hanno poi tenuto per oltre 4 ore in un casolare abbandonato nella zona di via Fillak, sempre picchiandolo e minacciandolo. Il sudamericano ha riportato diverse fratture, tra cui quella della mascella, tutto guaribile in 30 giorni.

Il ragazzo è stato rintracciato dopo la denuncia della vittima grazie alle indagini dei militari: il giovane, intestatario dell’auto su cui la vittima è stata messa di forza e poi portata dalla Valle Stura fino a Sampierdarena, è stato inoltre vista dalle immagini delle telecamere di video sorveglianza di un benzinaio nel centro di Mele a cui si era fermato prima della violenza la stessa sera, verso le 20.

All’interno dell’auto altre tre persone, i suoi complici.

Durante le intercettazioni, inoltre, il 21enne indagato ha raccontato a una giovane di aver preso parte a un rapimento da cui avrebbe guadagnato oltre 1500 euro.

GENOVA - Prima ha ingerito delle lamette per farsi portate in ospedale, una volta giunto al pronto soccorso ha preso in mano una delle lamette e ha iniziato a minacciare gli agenti della polizia penitenziaria. Subito si è creato un clima di tensione con l'uomo che ha minacciato anche di sequestrare un paziente in attesa del suo turno. Quindi ha provato la via di fuga correndo in direzione dell'uscita di emergenza ma qui è stato bloccato da altri agenti.

Protagonista della movimentata serata tra il carcere di Marassi e il pronto soccorso dell'ospedale San Martino di Genova è stata un detenuto di 32 anni di origini pugliesi condannato a 23 anni di carcere per aver commesso diversi reati tra i quali resistenza, ricettazione, oltraggio, lesioni, minacce, atti persecutori, rapina, furto e danneggiamento.

A denunciare l'accaduto è il segretario regionale della Uil Polizia penitenziaria Fabio Pagani. Il 32enne non è nuovo a tentativi di fuga. In passato aveva provato a evadere dal carcere di Torino. Nei suoi anni in carcere ha inoltre già girato ben 23 istituti: Ancona, Foggia, Pesaro, Frosinone, Trani, Viterbo ecc.

Dal segretario della Uil Polizia penitenziaria l'appello al governo di dotare anche le forze penitenziarie del taser: "Tale episodio rappresenta uno dei casi di scuola sull’utilità della dotazione del taser anche per il corpo di polizia penitenziaria, unica fra le forze di polizia a non possederlo - spiega Pagani -. E’ giunta l’ora che l’esecutivo si faccia compiutamente carico dell’emergenza penitenziaria tutt’ora in atto e dei mali atavici che affliggono il Corpo di Polizia penitenziaria da decenni di malgoverno".

GENOVA - Oltre 95 mila giocattoli non sicuri e potenzialmente pericolosi per la salute dei consumatori sono stati sequestrati dalla guardia di Finanza di Genova in parte all'interno di un container arrivato in porto dalla Cina e in parte conservato in un magazzino aeroportuale e giunto a Genova dallo Sri Lanka. I giocattoli, come confermato dalle analisi, potevano infatti causare il soffocamento dei bambini a cui erano destinati.

Tutta la merce è stata sequestrata. Accertate violazioni di tipo amministrativo per un valore di 60 mila euro.

L'attività coordinata dei finanzieri di Genova e dai funzionari dei Reparti Antifrode dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Genova 1 e Genova 2 ha permesso di evidenziare come la merce fosse priva degli standard di sicurezza imposti dalle normative nazionali ed europee a causa della mancanza della documentazione tecnica e del marchio CE. La merce era anche priva informazioni identificative minime afferenti al produttore e/o all’importatore.

Fondamentale per il buon esito delle operazioni è stata l’analisi dei rischi effettuata congiuntamente dagli organi di controllo che, con il costante monitoraggio delle rotte più sospette nonché mediante il prezioso ausilio delle banche dati in dotazione, sono stati in grado di individuare le spedizioni contenenti la merce illecita.

(foto d'archivio)

 

L'uomo che ha ucciso Daniela a colpi di pistola teneva con sé l'arma per difendersi. Avrebbe avuto paura - ha confessato - di essere ucciso per via delle minacce subite nelle ultime settimane.

E' quanto è emerso dall'interrogatorio avvenuto ieri nel carcere di Marassi da parte del giudice delle indagini preliminari: Sefayou Sow, 27enne originario della Guinea, si trova in carcere dopo che nella notte tra venerdì e sabato ha ucciso con due colpi di pistola alla testa la ex fidanzata Daniela Neza, 29enne di origini albanesi. 

L'interrogatorio doveva indagare sull'eventuale premeditazione del giovane: come mai teneva con sé un'arma da fuoco? Dove l'aveva trovata? Il giovane avrebbe dichiarato - come riporta questa mattina Il Secolo XIX - di aver trovato l'arma, una calibro 22, in un giardinetto vicino al lungomare savonese. L'arma in verità sarebbe un assemblaggio di pezzi di altre armi. Per il momento, la contestazione per premeditazione non è partita. 

Secondo Sow, che nel corso dell'interrogatorio si è abbandonato al pianto più volte, qualcuno lo minacciava negli ultimi tempi: lo riporta stamane l'edizione locale di Repubblica. Sow avrebbe infatti parlato di minacce di morte nei suoi confronti, motivo per cui teneva in auto l'arma. Avrebbe anche provato a chiedere il porto d'armi, permesso che gli sarebbe stato negato. 

Su Daniela, l'omicida si dichiara dispiaciuto: "Non mi dispiace restare in prigione, mi dispiace solo averla uccisa". E proprio domani, mercoledì, è prevista l'autopsia sul corpo di Daniela. 

GENOVA - E' stata rimossa nella notte da parte degli artificieri del Genio militare arrivati da Fossano il grosso ordigno bellico, risalente alla Seconda Guerra Mondiale rinvenuto durante i lavori nel nuovo parco ferroviario della galleria nella zona di Borgo Incrociati. 

Intorno a mezzanotte il proiettile definito "potenzialmente pericoloso" è stato preso in carico dagli artificieri che lo hanno rimosso dal punto in cui si trovava e portato in luogo adatto per farlo deflagrare.

Per tutto il pomeriggio il traffico ferroviario ha subito pesanti ritardi e limitazioni. Questa mattina la circolazione ha ripreso regolare. L'unica parziale criticità ha riguardato il treno Intercity 500 Genova Brignole (6,48) - Torino Portanuova (8,45) partito da Genova Piazza Principe.

Durante l'intervento di messa in sicurezza sono stati bloccati tredici dei sedici binari della stazione Brignole. I disagi hanno influenzato il traffico ferroviario di tutto il Nord Ovest. Ha ripreso regolare anche la circolazione della metropolitana di Genova la cui tratta era stata limitata a De Ferrari.

Durante il pomeriggio di lunedì è stata anche ipotizzata l'evacuazione temporanea dei residenti delle abitazioni vicine alla zona del ritrovamento. Soluzione poi accantonata.