Cultura e spettacolo

Non è così semplice riconoscere una copia, un falso, un dipinto di un apprendista o la mano del maestro. Ecco per cui come avviene la certificazione di un'opera come quella di Rubens, che è stata sequestrata perché in passato sarebbe stata esportata illegalmen
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GENOVA - Un caso complicato, ma interessante quello che si è aperto con l'indagine della Procura di Genova attorno all'opera di Pieter Paul Rubens, "Cristo risorto appare alla madre". Il dipinto, esposto in una sala dossier a Palazzo Ducale in coda al percorso di visita della mostra dedicata proprio all'artista fiammingo e al suo rapporto con la città di Genova, è stato sequestrato dai Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio culturale. L'opera era di proprietà della nobile famiglia Cambiaso di Genova che lo custodiva a Palazzo Centurione Cambiaso, dimora inserita nel circuito dei Rolli (palazzi storici dichiarati patrimonio dell'umanità dall'Unesco), che aveva provato a venderla, sapendo la reale attribuzione, senza riuscirci, secondo quanto ricostruito dai militari. Erano poi riusciti a cederla, nel 2012, ai due indagati per 350 mila euro. I due mercanti l'avevano fatta restaurare nel 2014, facendo emergere la seconda figura di donna. I due avevano fatto uscire il dipinto dichiarando falsamente, all'ufficio esportazione della Sovrintendenza di Pisa, che era di un anonimo autore fiammingo e che valeva 25 mila euro. Questo è stato fatto perché, come spiegato a Primocanale anche dal procuratore aggiunto Paolo D'Ovidio che coordina l'indagine assieme al pm Eugenia Menichetti, "in quanto un Rubens, non sarebbe mai stata data l'autorizzazione all'espatrio" dalla Soprintendenza. Certo che è compito della Soprintendenza vigilare sulle opere che entrano e escono dall'Italia, ma la questione è complicata in quanto l'opera non era stata riconosciuta ancora come Rubens da un centro autorevole. 

A ricostruire gli aspetti più tecnici dell'opera è la storica dell'arte e curatrice della mostra di Palazzo Ducale, nonché del network di iniziative che si sono sviluppate in città, Anna Orlando. "Quest'opera deve essere stata acquistata dalla famiglia Cambiaso, perché non è un dipinto della fase italiana e genovese di Rubens"

"Si tratta di un dipinto del secondo decennio quando Rubens è tornato nella sua città natale ad Anversa"

Quello che tiene a sottolineare Orlando è che per autenticare un'opera del genere è necessario non solo il parere di uno studioso, "ma serve il parere dell'istituto Rubenianum di Amburgo, il nostro co-curatore è il presidente, non si poteva scegliere figura più autorevole per certificare che si tratta di un autografo". 

Questo dipinto che raffigura Gesù risorto che appare alla madre, vestita in azzurro, e ad un'altra donna che è in realtà sempre la Vergine Maria raffigurata in un'altra posizione è un'opera unica del proprio genere. Grazie alle radiografie, infatti, si è scoperto che è stata realizzata su una tela già usata in precedenza che poneva la figura della Madonna in un'altra posizione. Per questo si è scelto nelle fasi di restauro di mantenere le due figure al cospetto del Cristo risorto. "Per questo motivo, il dipinto è stato mandato nell'istituto più importante in Belgio che si chiama Irpa, International Radiation Protection Association, che è un istituto di restauro pubblico dello stato belga".

"Qui siamo stati chiamati a studiarlo nuovamente perché non puoi vedere la pennellata del pittore e quindi la sua sigla stilistica, se un quadro è stato ridipinto o è sporco. Dopo la pulitura, in questi incontri a cui ho avuto il piacere e l'onore di partecipare, siamo convenuti che entrambe le Marie sono di mano di Rubens, mentre il Cristo è stato poi ultimato dalla bottega"

Un inedito che arricchiva ulteriormente la mostra che resta comunque sempre aperta e visitabile nella sua interezza. Attualmente, il quadro è stato rimosso dal percorso espositivo, ma potrebbe tornare ad essere esposto, compatibilmente con le indagini, a cui Palazzo Ducale è estraneo. Sono quattro le persone iscritte al registro degli indagati. Si tratta di due collezionisti che, una volta entrati in possesso del dipinto, avrebbero esportato il dipinto utilizzando un attestato di libera circolazione, rilasciato dall’Ufficio Esportazione di Pisa, ottenuto tramite false dichiarazioni e omissioni. Inoltre, gli indagati hanno dissimulato la vendita fittizia dell’opera utilizzando società appositamente create all’estero, ostacolandone l’individuazione. Con loro anche un commercialista e il figlio che li avrebbero aiutati nelle operazioni. I reati ipotizzati sono quelli di esportazione illecita e riciclaggio.

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