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GENOVA - Genova Multedo, di fronte a noi c'è Porto Petroli e dietro, a poca distanza,  ci sono le abitazioni, ma soprattutto ci sono i depositi costieri di Carmagnani e Superba a circa quattro metri dalle case, divisi spesso solo da un muraglione. Per chi abita in zona c’è sempre stato un sogno, quello di poter vedere allontanare i depositi costieri. Il sindaco di Genova Marco Bucci, in particolare, è stato molto fermo durante la recente Terrazza incontra Bucci e Signorini, sul fatto di voler allontanare dalle abitazioni questi depositi costieri. Al momento l'unica ipotesi è quella di Ponte Somalia a Genova Sampierdarena, osteggiata duramente dai residenti.

Giampiero Cellerino è portavoce da anni del comitato Multedo per l’ambiente

“Le nostre battaglie non hanno mai portato, fino a poco tempo fa, alcun risultato concreto. Finalmente abbiamo visto lo spiraglio perché abbiamo visto l'avvicinarsi dell'iter realizzativo. A livello ormai istituzionale il sindaco Bucci ha confermato questa cosa in maniera molto emozionale, dicendo a Terrazza, nella vostra trasmissione (rispondendo a una domanda sul dissenso dei residenti di Sampierdarena Nd.r.), "che cosa devono dire quelli di Multedo che ce l'hanno praticamente in casa?" Noi non diciamo niente, noi ci auguriamo che sia ormai a conclusione questo iter, anche se sappiamo che ci sono molte opposizioni che però sono opposizioni che probabilmente saranno superate appunto da questo iter autorizzativo che è in corso”.

Che cosa vorrebbe dire ai cittadini di Sampierdarena che sono contrari allo spostamento a ponte Somalia, a circa 300 metri dalle loro case?

"Ci sono degli iter amministrativi ben precisi che servono a tutelare la sicurezza della popolazione. Noi addirittura un anno fa fummo interpellati in una commissione a Montecitorio e abbiamo presentato appunto le nostre osservazioni. Non sta certo né al Comitato Multedo Ambiente né al sottoscritto parlare di assenza di rischi. Questo verrà fatto dalle autorità competenti e dagli enti che hanno la funzione ufficiale di certificare la presenza o l'assenza di rischi. Come attività precedente nell'attività lavorativa mi sono sempre occupato di questioni relative alla chimica e mi sono cimentato per vedere cosa sarebbe a 300 metri di distanza dalle case, l'effetto di una esplosione catastrofica, il rischio di radiazioni dannose sarebbe pari a una persona affacciata a 300 metri di fronte alla fonte di esplosione. Sarebbe paragonabile all'intensità di energia sprigionata da una lampadina di venti watt a un metro di distanza. Quindi, direi assolutamente assente.

 

GENOVA - Siamo a Genova Pegli, vista mare, vista porto di Prà, che significa montagne di container navi e gru giganti, e vista barche da diporto nel sottostante porticciolo.  Alle nostre spalle c'è l'area dove dovrebbe sorgere la fabbrica dei cassoni per la nuova diga foranea di Genova, e qui incontriamo i comitati di Pegli, Prà e Palmaro, i rappresentanti dei cinquemila cittadini che due settimane fa sono scesi in piazza per dire no proprio alla fabbrica dei cassoni della  nuova diga, all’espansione del porto di Prà, ad un eventuale spostamento nella loro zona degli attracchi delle navi di Porto Petroli. In diretta su Primocanale. Due giorni dopo, il convegno Terrazza incontra Bucci e Signorini, primo incontro in uno studio televisivo tra i due rappresentanti dei cittadini da un lato, e dello scalo dall’altro, anche se come direbbe il sindaco, deve essere un win win dove  nessuno vince e nessuno perde, ma vincono tutti. Già, il rapporto tra porto e città, vecchia grana che ogni tanto torna a galla, ma si devono incontrare, non scontrare, come da anni sostiene il nostro editore Maurizio Rossi.  

E proprio di questo rapporto e di quello che hanno ascoltato nella nostra trasmissione discutiamo con i comitati, partendo proprio dalla fabbrica dei cassoni della nuova diga. Sembra che la scelta al momento sia questa, anche se il presidente del porto Signorini ha detto “si può pensare magari di ridurne il numero ma come presidente del porto di Genova dico: che non si faccia neanche un cassone della diga a Genova non mi renderebbe assolutamente orgoglioso". Mentre il vice ministro dei Trasporti Edoardo Rixi ha ventilato l'ipotesi che si possa trovare una soluzione che tenga fuori completamente Genova.

Spiega Roberto di Somma del comitato Prà Palmaro:

“Il municipio si è espresso due giorni fa con una mozione della minoranza e per il no per la fabbrica dei cassoni e l'espansione portuale. Quindi anche a livello municipale del territorio abbiamo ottenuto questa, chiamiamola vittoria. I cassoni: noi siamo contrari per un semplice motivo. Per quanto se ne dica, ci sarà un'espansione portuale, in questo caso a Levante. Quindi si creerà una piattaforma che non doveva esistere perché l'accordo del ‘99 parlava chiaro. Quindi non siamo contro al cassone in sé, per quanto un cassone poteva portare due anni di produzione, poi essere, diciamo smantellato. Ma siamo contro l'espansione portuale che è dovuta alla produzione dei cassoni”.

Pensate che poi, insomma, quell'area, una volta che verranno finiti i cassoni, non ve la troverete sempre lì?

“Ci andrà la Fincosit che produrrà cassoni e secondo noi li produrrà per l'espansione portuale della piattaforma di Pra lì vicino. Quindi perché mai dovrebbe andare a Vado (in questo momento è anche la Fincantieri)? Hanno una fabbrica che può produrre quattro cassoni alla volta, quindi gli verrebbe anche comodo”.

Per quanto riguarda l'accordo del ‘99, lo ricordiamo?

E’ un accordo tra le istituzioni, il territorio, i comitati che hanno fatto nel ‘99 e poi ribadito nel 2001 con il Piano regolatore portuale di vent'anni fa, che  fondamentalmente limitava i confini del porto sia a Levante sia a Ponente con rio San Giuliano e Castelluccio”.

 Ribaditi questi confini da Bucci anche durante la nostra trasmissione…

 “Certo li ha ribaditi sul suo disegno che tiene nel cassetto che ancora nessuno doveva vedere. Ma l'espansione non deve neanche essere a Sud, perché facciamo sempre una battuta che andremo in Corsica a piedi. Però praticamente sarà così e l'espansione non deve essere a Levante, a Ponente e a sud. Non perché siamo i comitati del no, ma perché, come dice l'accordo del ’99. La stessa Regione all'epoca dichiarava 8 milioni mezzo di euro l'anno nei successivi vent'anni, quindi paghiamo dal 2000 al 2020, ad oggi siamo a 2 milioni e mezzo. Quindi se all'epoca si pensava all'espansione portuale nell'arco di due decadi che ad oggi non è avvenuta, non capiamo come mai dobbiamo ancora espanderci quando i numeri sono dalla nostra parte. Basterebbe razionalizzare quello che già c'è”.

Prosegue Serena Ostrogovich, del Comitato Pegli bene comune:

“Il problema di queste trattative è che un giorno ti dicono una cosa e l'altra ti dicono l'altra. Tutto è partito dal 23 di gennaio, quando Signorini e Bucci sono venuti in in consiglio municipale e quindi non in una riunione tra familiari. E lì hanno dichiarato che già Vado e Piombino erano stati chiamati in causa e che quindi siti per la fabbricazione sarebbero stati tre. Poi, dopo settimane si è scoperto che invece questo non era vero. Addirittura il sindaco di Vado ha detto che a lui non risultava assolutamente niente. Quello che ci chiedono è sempre di credere alle parole, di credere, alle parole di là. E poi scopriamo che le parole sono basate su sul nulla”.

 Dite anche di no anche all'ipotesi di uno spostamento di Porto Petroli comunque nella zona.

“Non avrebbe senso spostarlo da Multedo a Pegli Lido. Che senso avrebbe? Per noi è una questione di salute se lo sposti da destra a sinistra? Non è che ci guadagniamo un granché. Inoltre per spostarlo creerebbero un'ulteriore diga a sud con tutte le pipeline. Tutte cose potremmo anche starci. Mettiamola così, se facciamo un piacere a quelle di Multedo, ma poi a Multedo cosa ci mettono le riparazioni navali? Quindi alla fine non è che lì ci fanno un porticciolo là…

 Che cosa vi devono ancora dare per il quartiere?

“Quello che ci devono dare da vent'anni, nel senso che già nel piano regolatore portuale di vent'anni fa c'erano scritte opere di mitigazione che sono state fatte, parliamo del canale di calma dieci anni fa. E ancora devono essere terminate, lì abbiamo le dune ancora in costruzione. Palmaro non ha ancora opere di mitigazione.  Quindi pensassero prima a mitigare quello che hanno fatto vent'anni fa e poi, se mai, se ne può discutere. Ma noi siamo contro l'opera di compensazione, nel senso che prima devi cercare di rendere vivibile il territorio ai cittadini e poi dopo se ne può parlare. Invece qua escono prima progetti e poi le mitigazioni. Ma il Ponente non vuole altre servitù, che siano la fabbrica dei cassoni o l'ampliamento del porto. Questo che sia chiaro”.

Chiude Claudio Seccia del comitato Lido di Pegli:

“Aggiungo che abbiamo una elettrificazione delle banchine già pronta dell'anno scorso. Di fatto per problemi tra istituzioni non è operativa e noi ci aspettiamo che invece funzioni realmente. Ma funzionare realmente intendiamo che non è che venga una nave rappresentativa, ma che la maggior parte delle navi che attraccano al porto di Prà finalmente usino queste prese. Perché noi, come paese per ora ci sentiamo solo presi un pò in giro”.

E’ stato firmato oggi dal Presidente AdSP del Mar Ligure orientale, Mario Sommariva, l’atto formale con cui si da concreto avvio all’iter per l’elettrificazione delle banchine del Molo Garibaldi, dove attualmente sono ormeggiate le navi da crociera. Il contratto d’appalto integrato prevede l'affidamento della progettazione definitiva, esecutiva e per la realizzazione della cabina di trasformazione per il cold ironing a servizio de

ll molo Garibaldi, sarà in grado di erogare una potenza di 16 Megawatt, necessari per alimentare le navi all’accosto.
L’autorithy da così effettivo avvio al primo contratto afferente al cosiddetto Cold Ironing, per un progetto cofinanziato con fondi complementari PNRR e la cui realizzazione dovrà essere ultimata entro fine 2024.

Si tratta del primo lotto di interventi di realizzazione delle infrastrutture energetiche a servizio delle banchine del comparto crocieristico e del comparto commerciale del porto della Spezia, per un valore di 8,5 milioni di Euro di cui 5,5 milioni finanziati sul PNC/PNRR e 3 milioni con fondi dell'Autorità.

La gara, esperita in forma aperta, è stata aggiudicata all’ATI costituita dalla Mont-Ele Srl (capogruppo mandataria) e da Elettri-Fer Srl (mandante) e dal Raggruppamento temporaneo di progettisti costituito da Galileo Engineering S.r.l. (Capogruppo mandataria), Studio Colonna S.r.l. (mandante) ed Envitech S.r.l. (mandante), per un importo di contratto, al netto dei ribassi percentuali del 0,100% per i lavori e 20,400% per la progettazione definitiva ed esecutiva offerti dall’aggiudicatario sull’importo a base di gara, pari ad € 7.170.239,93, di cui € 301.784,87 per progettazione definitiva ed esecutiva, oltre oneri fiscali e previdenziali, € 6.793.200,00 per lavori ed € 75.255,06 per oneri della sicurezza non ribassabili.

GENOVA - Ora è ufficiale: il 4 maggio ci sarà la cerimonia di posa della prima pietra della nuova diga foranea di Genova, l'opera tanto attesa dal mondo portuale ed economico ligure per dare una svolta ai traffici e consentire di poter accogliere le grandi navi, ora precluse dalle dimensioni ristrette degli spazi, soprattutto per quanto riguarda le manovre, le cosiddette evoluzioni in ingresso e uscita dal porto. 

Ancora top secret i particolari della cerimonia alla quale dovrebbe partecipare anche il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, nella sua prima uscita ufficiale a Genova dopo la nomina nell'ambito del nuovo Governo. Oltre, ovviamente, al suo braccio destro, Edoardo Rixi, genovese, vice ministro molto presente in tutte le iniziative e questioni relative allo scalo. We Build, che sta realizzando i lavori, è all'opera in queste ore insieme all'Autorità portuale, per definire i dettagli. 

La nuova diga foranea di Genova sarà realizzata a circa 450 metri più al largo di quella attuale, con lo scopo di creare una nuova configurazione degli accessi portuali che garantisca i transiti e le manovre delle navi in totale sicurezza, senza limitare gli accessi e le manovre verso gli accosti. Sarà così possibile adeguarsi alle esigenza delle maggiori compagnie di navigazione. Senza questo intervento, il porto di Genova perderebbe progressivamente parte del traffico attuale e non sarebbe in grado di intercettare nuovo traffico.

"Si tratta di un investimento per tutta l'Europa. La diga non sarà inerte ma creerà energia e sviluppo per la città - aveva commentato il sindaco Marco Bucci durante l'incontro di presentazione del dibattito pubblico nella sala del capitano di Palazzo San Giorgio -. "Genova è la porta di ingresso del corridoio merci Reno-Alpi e come tale è la porta di ingresso di molte delle merci che vengono dall'asia e deve avere un nodo logistico di livello internazionale, che sia in grado di accogliere tutte queste merci e portarle verso nord".

 

GENOVA - "Nessuno tocchi le riparazioni navali": è questo il monito che arriva dall'assemblea dei lavoratori del comparto che si è radunata questa mattina. "Sia con gli operai che di fronte al segretario generale dell'Autorità portuale abbiamo ribadito ancora la necessità di investimenti nelle riparazioni navali: il mercato è in forte espansione e bisogna dare ulteriori strumenti per permettere il consolidamento di un settore strategico per la città di Genova - spiegano il segretario generale Fim Cisl Liguria Christian Venzano e Luca Bruzzone, coordinatore per la Fim Cisl Liguria delle Riparazioni Navali -. Abbiamo avuto rassicurazioni sul fatto che il comparto non verrà spostato dall’attuale sito e finalmente nei primi giorni di maggio sarà presentato il piano regolatore portuale e vogliamo che finalmente queste promesse vengano messe nero su bianco". Bruzzone ha poi aggiunto che "le riparazioni navali si sentono un po' compresse. Dobbiamo cercare di ampliarle, se ci sono degli spazi a ponente come abbiamo sentito dire dobbiamo essere pronti perché l'industria non può aspettare".

Il segretario generale di Fiom Genova Stefano Bonazzi sottolinea che bisogna "chiarire quali sono le prospettive del comparto che è fondamentale per la città e conta tremila dipendenti. Chiariremo ancora una volta che quest'area va difesa e sviluppata" e rilancia con la necessità di un presidio medico, che attualmente è fermo ma che in un'area con così tanti lavoratori è necessario. A preoccupare è il ridimensionamento delle aree, mentre la richiesta dei sindacati è quella di ampliarle "in vista della nuova diga attraverso dei tombamenti".

Nel mirino dei sindacati finisce il piano regolatore del porto, che secondo gli intendimenti dell'Autorità portuale sarà approvato nella primavera del prossimo anno e di cui ancora si sa poco: "Vogliamo che confermi la vocazione industriale di queste aree - spiega Luca Marenco, responsabile riparazioni navali Fiom Cgil -, almeno fino a quando non ci saranno soluzioni diverse. I bacini di carenaggio sono solo qui".