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GENOVA - Violenza in via della Maddalena dove un giovane spacciatore senegalese, già conosciuto dagli agenti della polizia locale perchè fermato un mese prima, è stato trovato con altra doga. A quel punto l'arresto e la resistenza del 19enne, in Italia clandestinamente, che ha portato a un operatore ferito.

È successo nella serata di ieri, quando il personale del Reparto Sicurezza Urbana della polizia locale effettuava un servizio di controllo. Il giovane, secondo gli inquirenti, non aveva mai smesso di spacciare, anzi.  

Siccome era noto il suo domicilio, che era già stato perquisito precedentemente con esito positivo per banconote e poca sostanza stupefacente, gli agenti , hanno puntato il dito verso un altro luogo dove, a seguito di numerosi servizi in orari più disparati, il soggetto è stato visto uscire nel primo mattino sempre con un bicchiere in mano.

Appostati sotto casa alle 19 circa il soggetto senegalese S.C.M., gli agenti hanno quindi fermato in via della Maddalena dove ha riconosciuto i tre agenti: a quel punto ha prima cercatore di ingoiare la droga.

Bloccato, il giovane ha iniziato a opporre resistenza. A quel punto la violenza che ha fatto finire uno dei tre operatori all'ospedale, contuso.

La perquisizione della dimora, a poca distanza dal luogo del fermo dava nuovamente esito positivo per denaro, 720 euro, e materiale per il confezionamento. Successivamente, come detto attraverso l'attività di osservazione, veniva perquisito un basso ubicato nel retro del mercato del Carmine con esito positivo in quanto veniva rinvenuto ulteriore denaro (3600 euro circa) circa 30 grammi di cocaina/ eroina materiale per il confezionamento ed il taglio delle sostanze, tutto il necessario per cucinare lo stupefacente compreso un fornelletto da campo in quanto l abitazione risultava priva di gas. E parzialmente di luce elettrica. In accordo con la Procura il soggetto veniva associato al carcere di Marassi in attesa dell udienza di convalida.

GENOVA - Dopo l'udienza di lunedì in cui l'ex consulente di Autostrade ha svelato che si ipotizzò di demolire il Morandi già nel 1991, il processo sulla tragedia di Ponte Morandi dopo un giorno di pausa per "mancanza di testi" (due su due hanno avuto problemi di salute), riprende oggi con l'interrogatorio di Livia Pardi, testimone numero 76 dei pm, un dirigente di Autostrade che ne 1994 pubblicò insieme ad altri colleghi un articolo nelle pagine del trimestrale Autostrade.

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Imperia ci ha creduto ma le forti raffiche di vento hanno cambiato all'improvviso il destino, già scritto, della ciminiera più alta ( 67 metri) in zona ex Ferriere ad Oneglia. 

Addetti ai lavori, alla sicurezza, giornalisti, curiosi, vice sindaco e sindaco per almeno una mezzora hanno inchiodato lo sguardo verso l'alto per osservare  la tanto discussa quanto sofferta decisone di abbattere uno dei biglietti da visita di quell' Imperia che fu anche industriale.

" Non abbiamo alternativa - ha detto il sindaco Claudio Scajola - perché lo stato in cui versa questa ciminiera è precario e altamente pericoloso. Amministrare significa anche scegliere".
Appena le condizioni metereologiche  saranno favorevoli, si pensa a mercoledì piuttosto che giovedì, la ditta incaricata riprenderà il lavoro e quindi provvederà alla demolizione con l' ausilio di una tenaglia del peso di 25 quintali. Le operazioni dovrebbero durare quattro, cinque giorni. Sarà sicuramente un momento toccante per tutti gli imperiesi, tra cui anche il sindaco che, pochi minuti prima di sapere che la demolizione sarebbe saltata a causa del vento, alla domanda " assisterà al primo morso della tenaglia? ' ha risposto "No, perché mi fa soffrire"

GENOVA - Cinque nuovi casi di Peste suina africana nell''area rossa', due in Piemonte, a Carpeneto e Molare (Alessandria), tre in Liguria, a Rossiglione, Serra Riccò e Torriglia. Li ha accertati, come sempre, l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte Liguria e Valle d'Aosta. Dall'inizio dell'emergenza - a fine dicembre 2021 - le positività al virus sono complessivamente 405, di cui 271 in Piemonte e 134 in Liguria, i comuni finora con almeno un caso sono 63. 

GENOVA - Alberto Scagni, l'uomo che ha ucciso la sorella Alice il primo maggio dello scorso anno sotto casa a Genova Quinto, ha chiesto di essere interrogato dal pubblico ministero Paola Crispo.

Scagni, difeso dagli avvocati Elisa Brigandì e Maurizio Mascia, finora non ha mai parlato: non lo ha fatto con il giudice per le indagini preliminari al momento della convalida e nemmeno con il pm nel corso delle indagini. A inizio febbraio la procura ha chiuso le indagini per l'uccisione contestando l'omicidio premeditato pluriaggravato e il porto abusivo di armi.

Omicidio Scagni, chiuse le indagini: per il pm fu premeditato - LEGGI QUI

Dopo l'interrogatorio il magistrato potrà chiedere il rinvio a giudizio. Dopo l'omicidio era stato aperto un secondo fascicolo sulle presunte omissioni e sottovalutazioni degli allarmi lanciati dai familiari (assistiti dall'avvocato Fabio Anselmo): sono stati indagati due agenti e una dottoressa, interrogati nei giorni scorsi. Quel giorno Scagni minacciò i familiari perché voleva soldi. Dopo la telefonata si piazzò sotto casa di Alice e l'aspettò per ore. Quando la sorella uscì di casa lui la colpì con 24 coltellate.

Omicidio Scagni, per il perito Alberto era "una bomba a orologeria" - I FATTI

L'uomo è stato sottoposto a perizia psichiatrica. Secondo Elvezio Pirfo, il perito del giudice per le indagini preliminari, Scagni è semi infermo di mente ma capace di stare in giudizio. Il consulente della procura Giacomo Mongodi lo aveva definito pienamente capace.