Cronaca

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di redazione

Il ponte Morandi (crollato il 14 agosto 2018 provocando la morte di 43 persone) era "un luogo di lavoro e dunque va riconosciuta l'aggravante del mancato rispetto delle norme di sicurezza". È quanto sostenuto dal pm Walter Cotugno che, insieme al collega Marco Airoldi, sta portando avanti la requisitoria nel processo a carico di 57 imputati.

L'accusa ha anche sostenuto la sussistenza dell'aggravante dell'omicidio stradale: "il concessionario - è il ragionamento del pubblico ministero - non solo aveva l'obbligo di fare le manutenzioni ma anche di limitare o chiudere il traffico per ragioni di sicurezza".

"L'aggravante - le parole di Cotugno - è confermata dal patteggiamento delle società Aspi e Spea durante l'udienza preliminare". Con un accordo anche sul miglioramento degli standard di sicurezza. "Ma anche nel documento di valutazione rischi aziendale era inserita, tra gli elementi da considerare, la stabilità del luogo di lavoro". E tutte le mancanze legate alla sicurezza sarebbero da attribuire non solo al singolo datore di lavoro ma anche a tutti gli altri soggetti "che hanno avuto un ruolo".

Cotugno ha citato anche la sentenza per la strage ferroviaria di Viareggio (32 morti) per sottolinearne le differenza con la vicenda genovese: nel primo caso l'aggravante è caduta perché non era stata indicata l'ipotesi del concorso di colpa, mentre per la strage del Morandi l'impostazione accusatoria è fondata invece sul concorso di colpa tra tutti gli imputati. Il riconoscimento delle aggravanti è importante, per l'accusa, perché consente di allungare i tempi della prescrizione.

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