Cronaca

Prima del crollo nella galleria Bertè sulla A26 Genova-Gravellona Toce dalla cui volta a dicembre 2019 si staccarono due tonnellate di cemento, la Commissione permanente delle Galliera aveva imposto da Aspi la chiusura dei tunnel a rischio
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GENOVA - Prima del crollo nella galleria Bertè sulla A26 Genova-Gravellona Toce dalla cui volta a dicembre 2019 si staccarono due tonnellate di cemento, la Commissione permanente delle Galliera aveva imposto da Aspi la chiusura dei tunnel a rischio. Disposizione disattesa fino al 2020. 

Non vennero neanche fatte opere di mantenimento della funzionalità delle gallerie e non vennero eseguite le ispezioni. Per questo l'ex direttore del primo tronco Mirko Nanni è indagato per omissione d'atti d'ufficio, attentato alla sicurezza dei trasporti, inadempimento di contratto di pubbliche forniture. Le accuse sono contenute nell'avviso di fissazione di udienza stralcio per la selezione delle intercettazioni nell'ambito dell'inchiesta sulle barriere antirumore pericolose, sui falsi report sui viadotti e sulle mancate ispezioni alle gallerie. 

I tre procedimenti, riunificati dai pm Walter Cotugno e Stefano Puppo, vedono indagate 56 persone, tra le quali oltre a Nanni l'ex amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci, Michele Donferri Mitelli, ex responsabile delle manutenzioni di Aspi, Paolo Berti, ex direttore delle operazioni centrali, Antonino Galatà, ex ad di Spea, la società che si occupava delle manutenzioni. Ma non solo.

Gli ex manager di Autostrade provarono a truffare lo Stato, dopo averlo frodato, cercando di farsi rimborsare dal ministero delle Infrastrutture costi per migliorie in realtà mai realizzate. È uno dei dettagli emerso nella fissazione di udienza stralcio per decidere quali intercettazioni usare nell'inchiesta per le barriere fonoassorbenti pericolose, i falsi report sui viadotti autostradali e le gallerie non a norma. 

La tentata truffa è contestata all'ex amministratore delegato Giovanni Castellucci, agli ex numeri due e tre Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli e a Stefano Marigliani, ex direttore di tronco. Secondo i pm Walter Cotugno e Stefano Puppo i quattro comunicavano di avere realizzato interventi migliorativi delle barriere apposte sulla rete autostradale, interventi che in realtà non venivano realizzati. In questa maniera avrebbero indotto in errore personale del ministero delle Infrastrutture e Trasporti sul rimborso dei costi sostenuti per tali interventi, così da procurarsi un ingiusto profitto con pari danno per lo Stato. Dopo il crollo del ponte Morandi che il 14 agosto del 2018 spezzò la vita di 43 persone, era nata una costola sui falsi report sui viadotti di quasi tutta la rete autostradale.

Secondo gli investigatori della guardia di finanza, i tecnici di Spea ammorbidivano i rapporti sullo stato dei ponti per evitare i lavori. Era stato scoperto, inoltre, che le barriere fonoassorbenti montate su alcuni tratti autostradali erano difettose e si erano staccate causando problemi agli automobilisti. Uno degli indagati aveva anche detto al telefono che erano "attaccate con il Vinavil".

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