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PIETRA LIGURE - Tragedia nella notte a Pietra Ligure, dove un ragazzo di 19 anni ha perso la vita dopo che l'auto su cui viaggiava insieme ad altre due persone si è capottata. Il giovane si chiamava Nicolò Trifoglio ed era di Finale Ligure, solo l'estate scorsa aveva superato la maturità al liceo Issel di Finale. 

Lo schianto è avvenuto in via Don Giovanni Bado, sul lungomare intorno alle ore 2. Ancora da accertare l'esatta dinamica di quanto accaduto. Non risultano altri mezzi coinvolti.

A bordo erano presenti almeno tre persone, tutte giovani. A riportare le ferite più gravi proprio il 19enne, colpito al petto mentre viaggiava sul sedile del passeggero. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, il 118 e la polizia stradale.

Nicolò è stato intubato e trasportato in condizioni disperate all'ospedale Santa Corona di Pietra Ligure dove è morto poche ore dopo. All'ospedale Santa Corona è stato portato un altro occupante dell'auto ma le sue condizioni risultano meno gravi.

Ancora da accertare l'esatta dinamica di quanto accaduto. Non risultano altri mezzi coinvolti. Non è chiaro se si sia trattato di un colpo di sonno o di un incidente legato all'alta velocità. 

PIETRA LIGURE - Tragedia nella notte a Pietra Ligure, un ragazzo di 19 anni ha perso la vita dopo che l'auto su cui viaggiava insieme ad altre due persone si è capottata. Lo schianto è avvenuto in via Don Giovanni Bado, sul lungomare intorno alle ore 2. Ancora da accertare l'esatta dinamica di quanto accaduto. Non risultano altri mezzi coinvolti.

A bordo erano presenti almeno tre persone, tutte giovani. A riportare le ferite più gravi proprio il 19enne colpito al petto. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, il 118 e la polizia stradale. Il ragazzo, di 19 anni, è stato intubato e trasportato in condizioni disperate all'ospedale Santa Corona di Pietra Ligure dove è morto poche ore dopo. All'ospedale Santa Corona è stato portato un altro occupante dell'auto ma le sue condizioni risultano meno gravi.

Ancora da accertare l'esatta dinamica di quanto accaduto. Non risultano altri mezzi coinvolti. Non è chiaro se si sia trattato di un colpo di sonno o di un incidente legato all'alta velocità. 

GENOVA -Dall'Egitto ha garantito che tornerà presto in Italia e a Genova e spiegherà tutto: "Io non ho nulla da nascondere, sono estraneo al delitto". Non solo Aly Abdelghani Aly, il titolare delle due barberie di Sestri Ponente e di Chiavari attorno alle quali tre mesi fa è maturato il delitto del giovane barbiere Mahmoud Abdallà ammazzato a coltellate e poi decapitato, nei giorni scorsi ha presentato istanza per riaprite i due negozi posti sotto sequestro dopo l'omicidio. "Solo così posso fare tornare a lavorare i dipendenti, rimasti senza lavoro da quando sono stati arrestati mio fratello Bob e Tito".

Difeso dagli avvocati Salvatore Calandra ed Elisa Traverso, Aly è fratello minore di Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, "Bob", e cugino di Mahamed Ali Abdelghani, detto "Tito", il gestore del negozio, i due arrestati per l'omicidio e la soppressione del cadavere poi gettato alla foce dell'Entella a Chiavari.

L'omicidio è avvenuto nell'abitazione dei due fermati, in via Vado, a poche centinai di metri dal negozio di via Merano di Sestri Ponente: poi Bob e Tito con un taxi hanno trasportato il cadavere sino a Chiavari nascondendolo in una valigia, quindi si sono recati sul lungomare dove in piena notte hanno tagliato la testa e le mani del ragazzo, probabilmente per non farlo identificare. Resti poi restituiti dal mare, ad eccezione della testa ancora non trovata.

Un omicidio terribile, quello del giovane barbiere, in cui manca il movente: i due arrestati, come hanno chiarito le indagini dei carabinieri coordinati dal pm Daniele Pischetola, avrebbero ucciso perché Abdallà voleva andare a lavorare con un concorrente di Pegli. Ma non si uccide per così poco. Per questo gli inquirenti aspettano di ascoltare anche il titolare dei due negozi, Aly, che era andato in vacanza in Egitto due settimane prima del delitto e che da allora ha sempre annunciato e poi  rinviato il suo rientro a Genova, come ha fatto anche nei giorni scorsi chiedendo ai suoi legali Calandra e Traverso di presentare istanza per dissequestrare i negozi.

Dalla procura però hanno preso tempo: le barberie si potranno riaprire solo quando saranno arrivati tutti gli esiti degli accertamenti scientifici svolti nei due negozi dal Ris di Parma.

GENOVA -Sit-in notturno nella via principale di San Desiderio di una trentina di abitati, fra cui molti giovani, contro le due strutture di San Desiderio che da oltre un anno ospitano circa una cinquantina di minori stranieri non accompagnati.

La protesta è nata dopo le 23 di ieri, venerdì 13 ottobre, come spiega un portavoce dei cittadini, per i tanti reati che verrebbero commessi dai giovani migranti nei confronti soprattutto delle ragazze del posto e a bordo dei bus Amt, "da quando ci sono questi ragazzi a San Desiderio, che era un'oasi, non c'è più pace per il susseguirsi di liti, aggressioni, rapine, molestie. Questi ragazzi inoltre non rispettano mai gli orari fissati dal Comune, siamo scesi in piazza di sera per dimostrare che alle 22 molti ospiti non erano ancora rientrati come dovrebbero".
 
Gli abitanti arrabbiati ora danno appuntamento a domani mattina, domenica 15 ottobre alle 10 in piazza Rotonda, a Borgoratti, da dove intendono poi partire in corteo verso San Desiderio: "Bloccheremo la strada e impediremo che si disputino le partite di calcio nei campi di calcio della nostra frazione" minacciano.

Al fianco degli abitanti che da mesi lamentano i disagi provocati dai minori ospitati a San Desiderio lo scorso luglio si era schierato il presidente del Municipio Levante Federico Bogliolo che aveva scritto una lettera al prefetto di Genova lodando la gestione delle due strutture ma sottolineando poi la necessità di un intervento "per frenare l'aumento di episodi di disturbo della quiete pubblica da parte dei minori stranieri e delle tensioni con i residenti"

A ribattere agli abitati-contro sono alcuni referenti delle due strutture di accoglienza, una delle quali è in un ostello ricavato nell'ex scuola affacciata sulla strada principale, che bollano come strumentale ed eccessiva le proteste, "la verità è che a lamentarsi è sempre e solo una piccola parte di abitanti, fra cui alcuni giovani della zona, che non vogliono questi migranti solo perché sono stranieri e si arrabbiano anche solo quando li vedono in strada che percorrono i circa trecento metri che dividono i due centri, dietro la protesta c'è tanta intolleranza. Non è vero inoltre che sono aumentati i reati, a creare problemi in realtà sono alcuni ragazzi della vallata che prima potevano fare quello che volevano in modo indisturbato e adesso invece sono infastiditi dalla presenza delle forze dell'ordine".

"Questa sera alla protesta abbiamo contato 23 persone, c'erano più carabinieri e poliziotti che manifestanti. Quando hanno raccolto le firme contro i centri nonostante il paese conti 1800 persone hanno racimolato 250 adesioni, comprensive dei familiari degli organizzatori che abitano lontano da San Desiderio. Su un gruppo del quartiere di Fb dove sono iscritte mille persone a lamentarsi sono sempre e solo le solite dieci o quindici persone. Per capire quanto sia reale il malcontento di San Desiderio bastano i numeri, il resto sono chiacchiere".

Fra i problemi più difficili e delicati da risolvere, che sottolineano le difficoltà dei servizi sociali del comune di Genova e di quasi tutti i comuni d'Italia chiamati ad affrontare questa emergenza umanitaria, anche a San Desiderio ci sono quelli rappresentati da molti ex minori stranieri diventati maggiorenni che nonostante non possano più essere ospitati nelle due strutture, siccome non hanno altri punti di riferimento e sono come abbandonati nel nulla, continuano fatalmente a gravitare attorno ai due centri del paesino della Valle Sturla.

Controlli serrati alla frontiera di Ventimiglia, ad opera di tutte le forze di Polizia, il cui obbiettivo le quali è reprimere  ogni forma di criminalità transfrontaliera. Coordinamento e potenziamento hanno portato, ieri mattina, all'arresto di due cittadini albanesi, rispettivamente di 37 e 33 anni,  e al sequestro di 50 chilogrammi di cocaina nascosti nell'auto ( un Suv di lusso) su cui viaggiavano.
 
In regola per quanto riguarda i documenti, entrambi, al momento del controllo, mostravano però segni di nervosismo che hanno spinto gli agenti ad intensificare i controlli sull'autovettura al cui interno vi erano 4 fustini di detersivi in polvere. Una volta arrivata sul posto l'unità cinofila, per i cani Jester e Cally,  è stato semplice avvertire la presenza della droga all'interno dei contenitori di plastica: 16 panetti incellofanati. Altri 33 sono stati invece rinvenuto all'interno dei pannelli delle portiere. 
 
Oltre alla sostanza stupefacente sono stati sequestrati anche orologi di marca, gioielli, monete d'oro, documenti  d’identità intestati ad altre persone, alcuni telefoni e schede Sim, valute straniere ed un involucro contenente 10 mila euro in banconote da 20€.
 
I 49 panetti rinvenuti, per un peso complessivo di oltre 50 chili al lordo del confezionamento, avrebbero fruttato alla criminalità introiti da capogiro. I due arrestati sono accusati di produzione, traffico internazionale e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti e denunciati per 
ricettazione.