
Avrei voluto scrivere un pezzettino a favore di piazza Corvetto rinata con gli attraversamenti pedonali e il possente equino di Vittorio Emanuele II felice di vedere finalmente intorno a sé un po’ di gente, invece di sentirsi prigioniero di un orrendo traffico automotociclistico. Ma come si poteva con un referendum incombente?
Fortunatamente mi è venuta in aiuto “Famiglia cristiana” con una bella intervista a monsignor Francesco Savino, vescovo della diocesi di Cassano allo Ionio, ma soprattutto vice presidente della Cei, la conferenza dei vescovi, per l’Italia meridionale. Bene. Alla domanda sul voto al referendum di oggi e di domani, dopo tutte le polemiche sull’astensione ha risposto così. “Non si tratta di sostenere una parte politica, ma di custodire una visione alta e generosa della democrazia. Oggi più che mai è necessario riattivare la consapevolezza che la vita pubblica non è un bene garantito dall’alto, ma una pratica quotidiana che si nutre del coinvolgimento di ciascun cittadino. Il referendum, proprio perché ci chiama a esprimerci direttamente su disposizioni legislative che toccano nodi vitali della nostra coesistenza civile, rappresenta uno dei rari momenti in cui la sovranità popolare si manifesta senza intermediazioni».
Concludendo con una frase esemplare: “partecipare serve a custodire la democrazia”. Ecco l’immagine del referendum come custode della democrazia, in senso larghissimo, mi piace molto. Al di là del sì, del no o del non andare all’urna ma magari, come qualcuno raccomandava alcuni decenni fa, andare a fare un bagno.
Mi convince questa frase del vescovo, perché soddisfa la mia abitudine quasi sessantennale a votare tutte le volte che me ne hanno dato la possibilità. Voterei su tutto se fosse possibile. Sui grandi temi lanciati dai radicali dell’indimenticabile Marco Pannella, senza dubbio, come è accaduto dal divorzio all’aborto, al nucleare al finanziamento pubblico dei partiti, e altri, ma voterei anche sulle scelte quotidiane che fanno quelli che ho votato per rappresentarmi in Regione e a Palazzo Tursi. Voterei sullo skymetro in Valbisagno, ma anche sull’ ipotesi abortita di una mini pedonalizzazione in piazza Fontane Marose, voterei su quali spiagge rendere libere per tutti i cittadini e in quali piazze o strade piantare alberi. Perché se chiedono il mio parere mi fa piacere, mi sento ascoltato, curato appunto, e la mia libertà è davvero “custodita” meglio, come spiega il vice presidente della Cei.
In casa mia la pratica del voto è sempre stata esaltata, anche con un rituale apparentemente severo. Si votava la mattina della domenica, entro le 10 e quando ventenne e magari la domenica mattina un po’ assonnato dopo il sabato sera al Maddox, uscivo per andare al seggio dopo mezzogiorno, papà con una voce abbastanza perentoria mi chiedeva: “Vai a votare così tardi?”. Cribbio! Ma c’era tempo di votare fino alle 10 di sera e poi anche il lunedì mezza giornata.
Insomma sarà stata anche la piccola “quota elvetica” del bisnonno di Ginevra che mi ha sempre fatto apprezzare i referendum, Per cui non ho mai messo in discussione non andare. Si va e si vota quello che si vuole votare.
Per autoconvincermi sono andato e leggere gli ultimi referendum svizzeri.
Nel 2024 in Svizzera si sono svolti due referendum popolari il 3 marzo, quattro il 9 giugno, due il 22 settembre e quattro il 24 novembre. Il primo è un capolavoro. Si intitolava: “Vivere meglio la pensione (Iniziativa per una 13esima mensilità AVS)”. L'iniziativa chiedeva di aumentare la rendita pensionistica aggiungendo ogni anno una tredicesima mensilità, senza che tale supplemento comportasse la riduzione delle prestazioni complementari. Il Parlamento aveva respinto l'iniziativa, e anche il Consiglio federale raccomandava di respingere l'iniziativa ritenendo i costi supplementari difficili da sostenere se non con un incremento delle imposte. Pensate un po’….i severi svizzeri hanno detto un sì molto convinto alla tredicesima, con una percentuale di favorevoli oltre il 58 per cento!.
Quattro referendum in un anno. Dopo un referendum sull'ampliamento delle autostrade del Paese, uno sui poteri conferiti ai proprietari terrieri e, a Basilea, uno che chiedeva se i contribuenti della città avrebbero dovuto finanziare l'organizzazione dell'Eurovision Song Contest 2025. Quello dove l’Italia è stata rappresentata da Lucio Corsi e dove il genovese Olly ha rinunciato.
Capite ora perché mi piacerebbe un referendum sullo skymetro sì o no?
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IL COMMENTO
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