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L'area ex Ilva è di Società per Cornigliano ed è stata data in concessione all'azienda siderurgica in commissariamento, la quale l'ha ceduta temporaneamente ad Acciaierie d'Italia. La spiegazione l'ha fornita il sindaco di Genova Marco Bucci, rispondendo alla capa dell'ex Ilva, che, intervistata dal Secolo XIX, aveva osservato: "Non daremo neppure un millimetro alla città". Nella sua replica, Bucci ha compiuto pure una doverosa chiosa: "Non è roba loro".

E qui sta il punto. Inspiegabilmente, o forse molto spiegabilmente, tutti coloro che ricevono in concessione un bene pubblico sembrano diventarne i padroni. O, almeno, si atteggiano a tali. L'ex Ilva non è nuova a simili comportamenti. Ricordo quando Emilio Riva, che non è più tra noi, ad una azienda genovese che gli chiedeva un po' di aree, rispose con arroganza: "Piuttosto ci faccio dei parcheggi!". Non cito l'impresa che voleva spazio perché non so se vuole riaprire la polemica con una persona scomparsa. Ma la questione è rimasta esattamente la stessa.

Per carità: se Acciaierie d'Italia vuole tutti gli spazi perché ritiene  di tornare agli antichi fasti, o almeno a quell'accordo di programma secondo cui dovrebbe occupare 2.200 persone con 700 milioni di investimento, nessuno fiata. Ma servono i fatti. Di parole un po' tutti, in questa storia, ne hanno pronunciate sin troppe.

Dunque, Morselli dovrebbe semplicemente dire: non diamo neanche un millimetro alla città, perché in quelle aree ci facciamo questo e quest'altro, sulla base di un cronoprogramma  che prevede queste tappe. Se ciò Morselli non è in grado di affermarlo, con le necessarie garanzie, be' allora resta difficile non stare con Bucci. Il quale, tuttavia, deve a sua volta spiegarci con esattezza che cosa Tursi ci voglia fare con gli spazi eventualmente riconquistati.

Eh sì, perché vale per tutti il fatto che se pezzi di patrimonio pubblico vengono affidati a delle persone e/o aziende non per questo mutano status: i proprietari restiamo tutti noi! Avrebbe dovuto ricordarlo Autostrade per l'Italia, che si è fatta crollare il ponte Morandi, provocando 43 morti, e ci obbliga a odissee infinite a causa di lavori mai fatti e che adesso bisogna realizzare tutto d'un colpo.

Dovrebbero ricordarlo anche i balneari, che stanno tenendo in scacco un intero Paese nei confronti dell'Ue: benissimo l'indennizzo degli investimenti compiuti, ma proprio non riesco a capire perché uno Stato dovrebbe rinunciare alla possibilità di fare degli incassi mettendo all'asta dei beni propri.

Ho fatto tre esempi, i più eclatanti. Ma altri se ne potrebbero fare. Il paradosso è che la cosa più normale non avviene perché i governi del più diverso colore politico, titolari pro tempore della proprietà, si comportano in modo, diciamo così, "strano". E cioè. Vogliono riprendersi le autostrade, che sono loro? Pagano fior di miliardi agli azionisti concessionari, nello specifico in primis ai Benetton. Sui balneari, invece, neanche ci provano: chissà quale forza hanno costoro, elettorale e no. Comunque sia, la realtà è che finora nessuno ha recepito la direttiva europea mettendo all'asta i litorali. Anche a costo, vedremo fino a quando, di scornarsi con Bruxelles.

L'amara conclusione è una: i concessionari si comportano come se i beni pubblici fossero "roba loro". Ma la politica avvalora questi atteggiamenti, non di rado anch'essa trattando questi cespiti come "roba sua". Tutti dimentichi che, invece, è banalmente roba nostra.

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