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In Italia sono quasi ventimila gli anziani che hanno vissuto per almeno un secolo. Un numero alto al punto che le statistiche dicono che centenari non sono mai stati così tanti. Sono per l'esattezza 19.714, di cui 16.427 donne (l'83%) e 3.287 uomini. Un dato arrivato quasi a raddoppiare rispetto a quello registrato nel 2009. Secondo gli esperti, la crescita della popolazione di "quinta età" dovrebbe continuare anche in futuro.

La Liguria si inserisce tra le regioni d'Italia con il più alto rapporto tra popolazione di 100 anni o più e popolazione residente (3 per 100mila), solo Molise e Valle d'Aosta superano la nostra regione, che si assesta al terzo posto insieme a Friuli e Abruzzo. A Genova oggi vivono 413 centenari che hanno assistito a guerre mondiali, all'elezione di tutti e dodici i presidenti della Repubblica e sono sopravvissuti anche al Covid. Secondo i dati dell'Istat, durante la pandemia, nella fascia di età dei centenari non si è registrata una crescita dei decessi. Probabilmente la resistenza è una delle caratteristiche di questa categoria di persone arrivate a vivere per più di un secolo e ad aiutare potrebbe essere stato anche vivere in ambienti protetti e isolati, solo il 12% di loro vive in una rsa.

I numeri della Liguria e di Genova in particolare confermano che, vuoi per il clima o vuoi per la vicinanza con il mare, da noi si vive bene. Il sondaggio che abbiamo pubblicato nei giorni scorsi (LEGGI QUI) racconta di una città ideale per gli anziani ma sappiamo tutti che c'è da fare ancora molto. Sanità, trasporti e servizi sono settori che devono funzionare meglio. Troppo spesso gli anziani devono fare i conti con la povertà, con l’isolamento sociale, con la difficoltà ad accedere alle cure. Rischiano di morire da soli o peggio, in alcuni casi, chiusi in RSA, magari contro la loro volontà. C'è chi li aiuta pur non essendo familiari e mi ha colpito molto l'iniziativa di Sant'Egidio che mette a disposizione dei giovani che vanno a fare i nipoti di vecchietti soli. Magnifica idea.

Il numero di persone che entrano a far parte della "quinta età" aumenta con il passare degli anni. C'è chi pensa che sia un costo per la comunità chi invece un patrimonio immenso. Noi siamo per la seconda perché i nostri anziani devono essere felici di esserlo, devono essere orgogliosi delle loro rughe e devono poter raccontare il loro passato. Ma ci deve qualcuno qualcuno pronto ad ascoltarli. Questo il vero problema.

I profeti di sventura sono stati smentiti, anche per quanto riguarda la Liguria. Secondo l’abituale rapporto annuale di Bankitalia, presentato dalla direttrice Daniela Palumbo, per il 2022 la regione ottiene una crescita del 3,7 per cento, pur andata rallentando nei mesi successivi. Sempre di un segno positivo si tratta, comunque, a fronte di previsioni severamente improntate al negativo nei mesi in cui esplodeva l’aggressione russa all’Ucraina e i prezzi di petrolio, energia e materie prime varie letteralmente schizzavano. Non sono tutte rose e fiori, però.
 
Tra i molti dati resi noti, colpisce ad esempio il fatto che l’80 per cento delle imprese liguri sia comunque riuscito a sostenere la propria redditività aumentando i prezzi di vendita. Questo non ha giovato all’inflazione, andata ben oltre il 13 per cento, anche se adesso è rallentata, tuttavia ha consentito alle aziende di tenere botta, come si dice. Non solo. In molti casi i rincari sono stati chiaramente spiegati e questo è servito alla credibilità e professionalità delle imprese, sebbene la cosa non abbia aiutato la tenuta dei consumi. Anche questi, però, sono in crescita: come si spiega? E’ che le cose sono migliorate dal punto di vista dell’occupazione, quindi è un po’ come se si fosse perso da una parte ma si fosse guadagnato dall’altra. Non è il massimo, ovviamente, tuttavia vista la fase c’è di che accontentarsi.
 
Poi, ha giustamente osservato Daniela Palumbo, ci sono settori che maggiormente hanno contribuito alla sostanziale tenuta dell’economia e “fra questi il turismo”. Ecco, qui bisogna spendere qualche parola in più. Intanto perché sono stati gli stranieri a fare la fortuna della regione, segno di un crescente appeal all’estero. Inoltre, e mi verrebbe da dire principalmente, perché i liguri finalmente hanno cominciato a fare bene turismo. L’argomento è ostico e spesso foriero di antipatie per chi sostiene, come me, certe tesi. Ma il salto di qualità è risultato evidente dal momento in cui tutti gli operatori legati al settore hanno cominciato a fornire i loro servizi senza dare l’idea che ti stessero facendo un piacere, anche se tu quei servizi li pagavi. E in alcune circostanze pure profumatamente. Bene, adesso non è più così. E i risultati si vedono.

Potranno essere ancora migliori il giorno in cui per arrivare in Liguria, oppure per lasciarla, non bisognerà più sottoporsi al rito delle code interminabili. Ore ed ore in auto per Torino o Milano sono una cosa che grida vendetta. Le autostrade, dopo anni di incuria sui tracciati e nelle gallerie, ci stanno mettendo del loro con i cantieri. Però, siamo onesti, non è che i collegamenti, stradali e ferroviari, siano i migliori possibili per la Liguria. Certe grandi opere servono e servono rapidamente.

Non è per questa ragione, tuttavia, che Bankitalia evita previsioni sul futuro della Liguria: su di esso pesano le incertezze legate al contesto geopolitico e all’inflazione. Difatti, tanto per dire, i continui rialzi dei tassi da parte della Bce,  proprio per fronteggiare il carovita, sta drammaticamente pesando su mutui e prestiti, in frenata già dallo scorso anno. Ma si parla di congiuntura, in fondo. Altre, invece, sono le debolezze strutturali alle quali bisogna mettere mano il più rapidamente possibile. Poterlo fare con gran parte degli indicatori economici rivolti al positivo, però, è pazzaglianamente meglio.
 

La liberazione della Sampdoria, la liberazione da Ferrero, l’hanno definita i tifosi. Il 30 maggio, l’accordo con la precedente proprietà. Il 16 giugno, il cda decisivo. E poi, sabato, la festa numero 18 degli Ultras Tito Cucchiaroni, la prima al Ferraris, fra il passaggio di fatto della società sampdoriana da Ferrero al tandem Radrizzani - Manfredi e il penultimo tassello, l’iscrizione al campionato (l’ultimo sarà la chiusura anche formale della trattativa, prevista per settembre).

Il momento della serenità, dei visi finalmente distesi. Marco Lanna festeggiatissimo («Un presidente/c’è solo un presidente»), i suoi ringraziamenti ai tifosi blucerchiati «per il supporto in stile Sampdoria»), quelli dell’altro membro del Cda Gianni Panconi («Sono stati mesi drammatici, senza di voi non ce l’avremmo fatta, scusate se non siamo riusciti a salvare prima la Sampdoria»). E quel gruppo di ragazzi con i capelli appena ingrigiti e la felicità nel cuore, gente che ha indossato quella maglia e l’ha ancora cucita addosso, riuniti in una foto di gruppo al centro del prato: Lanna, Nicolini, Kutuzov, Volpi, Balleri, Flachi, Bazzani, Casazza, Pazzini, Bellucci, Palombo, Pedone, Pozzi.

Pietro Vierchowod, un altro che non si è mai scollato di dosso la sampdorianità, un altro che dice sempre quello che pensa, qualche giorno fa a Primocanale ha dichiarato: «Legrottaglie? Si partirebbe col piede sbagliato. Ci sono tanti ex Sampdoria che possono svolgere il ruolo di direttore tecnico». Già, nei sogni di Marco Lanna, e anche in quelli di Vialli, c’era una Sampdoria con tante facce di sampdoriani doc. Pensate a una società con Mancini e il suo staff – Lombardo, Salsano, Evani e altri ancora – in panchina, Pagliuca preparatore dei portieri, Vierchowod a lavorare sulla fase difensiva, Fausto Pari manager, Invernizzi  ancora al settore giovanile dove sta lavorando benissimo, Ivano Bonetti, che continua a postare foto in maglia blucerchiata («i colori più belli del mondo») in qualche altro ruolo, ma dentro anche lui, magari Cerezo a consigliare talenti dal Brasile. E altri ancora, e naturalmente Marco Lanna, in un ruolo di vertice, lui genovese, sampdoriano innamorato. L’organigramma dei sogni, e i sogni qualche volta – magari non esattamente – si realizzano.

Ma è alla concretezza del presente che si deve pensare oggi. Da poche ore al comando c’è Andrea Radrizzani con Matteo Manfredi e a loro bisogna solo dire grazie e dare fiducia. Un’operazione convinta, la loro. Una specie di blitz. Con l’effetto numero uno, il salvataggio della Sampdoria dal rischio fallimento, e quello numero due, la “liberazione” da Ferrero. Un’entrata in scena decisa, lucida, razionale nelle strategie, efficace nelle mosse, con il grande, macroscopico, aiuto degli uomini di casa Sampdoria, che hanno lavorato, negli ultimi tempi, a tappe forzate.

Radrizzani si sta affidando alla consulenza di un ex Sampdoria, Fabio Paratici, probabilmente affiderà il ruolo di ds a un altro ex, Riccardo Pecini. Nell’organigramma potrebbe esserci, quale uomo di sua fiducia, Nicola Legrottaglie come direttore tecnico. C’è molto made in Juventus, in tutte queste opzioni. Compreso Fabio Grosso, che al momento è in pole per la panchina e incarna il compromesso fra giovane età (46) ma già con esperienza e risultati (campionato di B appena vinto con il Frosinone) e pure immagine pulita e mediaticamente forte. Lui, uno degli eroi del Mondiale 2006, forse l’eroe numero uno. E, intanto di lavora già su una rosa ampiamente da rifondare, partendo da una certezza: Falcone sarà quasi certamente riscattato; lui o Audero sarà il titolare, dietro Ravaglia, altro sampdoriano doc. E poi si costruirà tutto il resto. E sarebbe bello che per Lanna ci fosso un ruolo di riferimento anche in futuro, in questa Sampdoria.

Per ora, c’è da godersi la festa della liberazione blucerchiata. Con la convinzione che il nuovo tandem Radrizzani-Manfredi sia così sensibile, saggio e lungimirante per sapere che da una cosa si deve ripartire: il dna blucerchiato.  

Ci dicono che Genova è una delle città più vecchie d’Europa, una sentenza che da un lato è negativa perché disegna una società bloccata: i giovani scappano e se lo fanno è perché non hanno sbocchi di lavoro, ma anche perché è una città non a loro misura. Dall’altra, il dato è positivo perché fotografa una città dove evidentemente si vive di più e dove probabilmente gli anziani rimangono a continuare la loro vecchiaia perché ci vivono bene.
Dunque la domanda posta questa settimana dal sondaggio Tecné di Primocanale era proprio questa: dal punto di vista della qualità della vita , dei servizi e delle opportunità, Genova è una città adatta ai giovani? E di converso la stessa questione viene posta chiedendo se è invece una città adatta agli anziani.

Alla prima domanda il 57 per cento degli intervistati hanno risposto che è adatta ai giovani, contro un 33 per cento che invece risponde negativamente. Se, però la domanda è rivolta a una fascia tra i 18 e i 34 anni, cioè se lo chiediamo ai giovani, è il 40 per cento a rispondere affermativamente.

L’88 per cento degli intervistati è sicuro che è una città a misura di anziano e gli ultrasessantacinquenni lo confermano all’84 per cento.
Dunque la città dei vecchi è anche una “città per vecchi”, stando al sondaggio. Se da un punto di vista climatico o meglio, ambientale, può essere vero perché a Genova l’anziano vive bene soprattutto perché c’è lo sbocco del mare, che non è soltanto un aiuto climatico, ma soprattutto uno stato mentale, altri fattori potrebbero apparire negativi: una città tutta salite e ripide discese, pochi parchi, non molte le occasioni di svago o passatempo anche se i numeri dell’Università della Terza età (Unitre) sono sempre superlativi.

Per questo, provocatoriamente, ma fino a un certo punto, la scorsa settimana, di fronte alle difficoltà politiche generalizzate, sostenevo che la politica genovese dovrebbe essere affidata ad anziani attivi, proprio perché la maggioranza degli elettori è anziana! Lo suggerivo ai dirigenti del Pd alle prese con problemi di rigenerazione, ma anche al sindaco Bucci (un nonno assessore al Controllo della città) , che, devo dire, ha subito risposto alla mia domanda: signor sindaco si trovi un assessore-Nonno. Bene. Bucci risponde: “Noi abbiamo già un Nonno che fa esattamente quello che dice lei….potreste intervistarlo…” Ha ragione, dunque giro la risposta del primo cittadino alla redazione di Primocanale.

Ma devo ribadire che la città è abbastanza complicata per gli anziani. Le strade strette sono ingombre di auto che viaggiano perché ci sono pochissime pedonalizzazioni (ha ragione il mio amico Franco Manzitti a insistere), ai marciapiedi aggrediti da auto in sosta. Provate per esempio a percorrere una “strada degli Anziani” come la Circonvallazione! Le macchine posteggiate disordinatamente occupano mezzo marciapiede. Il mestiere assai frequente del nonno-baby sitter con carrozzina o passeggino diventa sempre più complicato. Girare per l’Acquasola con tutta la ghiaia per terra è impossibile. Pedonalizzazioni estese al massimo, dunque, e più parchi e giardinetti. Più panchine e più vespasiani….sperando che l’educazione (scarsa) non li insozzi.

Il mio amico Alessandro Cavo leader dei commercianti non mi può dire che dove passano le automobili il commercio va meglio! Cosa vorrebbe sostenere? Che gli automobilisti mentre guidano danno un’occhiata alle vetrine? La questione semmai è un’altra, caro Ale: che ci devono essere parcheggi economici per chi va in centro a fare acquisti o più mezzi pubblici. Cioè che le eventuali zone pedonali devono essere facilmente raggiungibili in auto.
Non entro nel discorso se Genova sia una città per giovani e se offra occasioni a questi nostri figli e nipoti. Solo osservare che le fughe verso Milano e l’estero ci sono per un semplice motivo: che fuori Genova i giovani sono pagati meglio. Molto meglio. Qualsiasi lavoro facciano. Questa mi pare una buonissima ragione per scappare, anche se oggi, la qualità della vita già abbastanza compromessa, diventa un fattore essenziale.

Mi piace spesso sedermi dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti sono sovente occupati. E lo faccio anche adesso, visto che è partita la caccia allo ‘youtuber’, dopo che uno di loro si è seduto a bordo di un Suv della Lamborghini senza essere in grado di guidarlo, forse anche perché rallentato da una canna, e ha ucciso un bambino.

La storia la conosciamo tutti e ci porta a Roma. Quattro youtuber hanno noleggiato una delle automobili più potenti della terra, la Lamborghini Urus, un vagone ferroviario iperalimentato che può superare i 300 all’ora, per una sfida: volevano restare ininterrottamente alla guida per 50 ore. Non si conoscono i dettagli di questo progetto, per lo meno non li conosco io, ma il gioco, a guardare il canale che gestiscono in rete, è abbastanza consolidato: fare qualcosa di insolito, filmarlo e attirare così i click del web.

La sfida, lo sappiamo, è andata molto male: dopo pochi chilometri al volante della supercar i quattro, alla guida c’era il leader del gruppo, il ventenne Matteo Di Pietro, si è andata a schiantare su una Smart ammazzando un bambino.