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Il dibattito aperto da Primocanale, sull’operato del governatore ligure Giovanni Toti e del sindaco di Genova Marco Bucci è di sicuro stimolante. Non posso dire se a loro avrei preferito, o preferirei, i loro avversari alle ultime elezioni, vale a dire Ferruccio Sansa e Ariel Dello Strologo. Non li ho visti all’opera come amministratori sulla tolda di comando, quindi mi esprimerei sulla base di pre-giudizi. Non sarebbe giusto. Posso affermare, tuttavia, che non mi è proprio piaciuto Dello Strologo, quando ha sostenuto che i colleghi di questa testata sarebbero dei prezzolati: le sconfitte impongono, anche a distanza di tempo, onestà intellettuale e autocritica. Accusare gli altri è comodo. E sbagliato.

Mi sono fatto una precisa idea, invece, su Toti e Bucci. Certamente hanno commesso degli errori, come tutti coloro che agiscono. So, però, che hanno avuto una parte molto attiva contro l’isolamento geografico della Liguria e di Genova, con infrastrutture che finalmente possono essere realizzate. Tanto che alcune sono in corso d’opera. Ci metto anche la nuova diga foranea. Ha un costo molto elevato, probabilmente più alto di quanto è stato previsto. Ma se in tanti la sostengono vuol dire che sono tutti scemi oppure tutti dei corrotti? E dai…

Capitolo sanità. Probabile che Toti abbia sbagliato. Però sarebbe forse più esatto affermare che è stato indotto nell’errore. Come lui, ognuno a suo modo, tanti altri governatori delle Regioni italiane, a prescindere dal colore politico, hanno sbagliato. Difatti sono tutti uniti da un comune denominatore: la mancanza di denaro. È ciò, più di altro, ad aver mandato in crisi la sanità pubblica italiana.

L’opposizione al governo di Gorgia Meloni fa il suo mestiere, ma spingersi ad affermare che è colpa sua è solo un segno di stolta partigianeria. I tagli reali avvengono da almeno trent’anni, cioè da quando si è cominciato a dire che tutti dovevano rispondere alle esigenze di bilancio.

Oh, su questo ci siamo giocati i livelli minimi nel corso di una pandemia come il Covid! Ecco perché non sto fra quanti affermano che il governo dell’epoca, guidato dal leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte, fallì su tutta la linea: fece quel che poteva. In realtà, si avvertirono nitide le conseguenze dei tagli. Ma lo ricordate quando ogni amministratore che aveva ridotto l’organico menava vanto di ciò, pure se questo comprometteva l’efficienza degli enti pubblici?

Toti e Bucci non c’entrano niente con il formarsi di queste situazioni. Poi, ripeto, al netto dei risultati ottenuti come commissari sul nuovo ponte ex Morandi, degli errori li hanno certamente commessi. Ad esempio, il meccanismo dell’uomo solo al comando non funziona. Non ci vuole una gestione assembleare, però è chiaro che si debba rifuggire il singolo capo come depositario di tutte le decisioni importanti.

Detto ciò, le cose ben fatte dal governatore ligure e dal sindaco di Genova non si possono dimenticare e gettare via insieme con l’acqua sporca. Il cosiddetto “modello Genova”, prima di tutto fatto di meno burocrazia e più sveltezza, non può essere abbandonato. Servono più controlli? Si facciano. Ma allungare il brodo non mette al riparo dalle ruberie. Dal 1992 in poi, sennò, di che s’è trattato? 

Semmai, a Toti si può addebitare un altro sbaglio: perché si è mosso in prima persona a chiedere fondi per la sua parte politica, pur ritenendo che ciò fosse lecito, essendo le donazioni tracciate e rispondenti, a suo dire, ai requisiti di legalità? Ecco, magari potrebbe essere una domanda interessante da rivolgergli.

Sotto questo profilo, peraltro, i dubbi non mancano, se guardiamo ad altri e al passato. Ma viste le leggi esageratamente di “libera interpretazione”, solo di dubbi si tratta. E quindi, niente nomi. Né riferimenti a questo o a quel partito. Solo un avvertimento frutto dell’esperienza: le scorciatoie giudiziarie di regola non conducono a niente, in politica.