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di Mario Paternostro

Il 30 giugno del 1960 era un giovedì e la scuola era già finita da un po’ di giorni così, ricordo, che ero stato invitato dal mio amico Fabrizio (avevamo tredici anni) a casa sua in via Frugoni. Per un po’, finché ce lo consentirono, seguimmo da spettatori incuriositi e ignari quello che stava accadendo tra piazza De Ferrari e via XX Settembre. Era la rivolta di Genova contro il congresso dei missini che avrebbe dovuto svolgersi nella città medaglia d’oro della Resistenza. Ma allora ci raccontavano poco. Il giorno prima Sandro Pertini aveva parlato in piazza della Vittoria. Il comizio si era svolto senza il minimo incidente davanti a trentamila persone.

Prima avevano parlato il radicale Virgilio e il democristiano Gelsomino consigliere comunale di Varazze. Era un atto di adesione alla manifestazione antifascista. Pertini aveva detto che questo congresso era un oltraggio, che era un’apologia di reato. Aveva accusato le autorità di garantire l’ordine soltanto da una parte. Poi una sfilata in via Venti per deporre corone ai due sacrari sotto il Ponte Monumentale. Polizia schierata in piazza De Ferrari, ma nessun bisogno di intervento.

Quel giovedì dal balcone di via Frugoni invece, vedemmo gente che correva, chi verso la piazza, che lungo via Venti. Si sentivano botti, urla, sirene delle camionette. Il “Decimonono” scriverà il giorno dopo di ore di tumulti e di sanguinosi tafferugli nel centro . Cariche della polizia, manganellate. “Una sommossa combattuta dalla polizia con i lacrimogeni e con gli idranti e dai manifestanti con pietre, bastoni, spezzoni di catene, pezzi di sedie. Tre ore di battaglia in centro con l’aria diventata irrespirabile per i lacrimogeni. “ La puzza la sentivamo anche io e Fabrizio dal balcone. Finché non ci fecero rientrare in casa e chiusero la finestra. A De Ferrari saliranno dal porto a dare manforte ai manifestanti anche i camalli con le famose magliette a righe diventate un simbolo di rivoluzione. Leggeremo che ci furono caroselli della Celere intorno alla vasca, tre camionette intrappolate dalla folla, poliziotti aggrediti, genovesi manganellati. I giornali riferiranno di centonove agenti e nove cittadini feriti .

La rivolta non voleva il congresso del Msi al “Margherita”, una vera provocazione culminata con l’annuncio che avrebbe partecipato come presiedente onorario del congresso anche Basile, Carlo Emanuele Basile, fascistissimo capo della Provincia a Genova che ordinò la deportazione di millecinquecento operai genovesi nei campi di concentramento tedeschi. Dopo la guerra avrebbe dovuto essere fucilato, ma si salvò miracolosamente e nonostante ripetuti processi evitò il carcere grazie a amnistia e imprevedibili assoluzioni. Poi ci furono i morti di Reggio Emilia, poi altri morti in Sicilia. Cadde il governo del democristiano Tambroni, arrivò Fanfani, ma avvenne un fatto importante. Ci fu la svolta, nacque da questo il primo vero centrosinistra organico anche a Genova, dove nel 1961 il sindaco democristiano Vittorio Pertusio il 7 febbraio varò la seconda giunta di centrosinistra in Italia dopo quella di Milano. E lo stesso giorno “Il Nuovo Cittadino” quotidiano della Curia del cardinale Siri pubblicò una nota memorabile: “E’ stato eletto il sindaco di Genova ed è stata formata una giunta in collaborazione con il Psi. Nessuno voglia credere che noi si abbia cambiato parere. Esso è stato nettamente, chiaramente, tempestivamente espresso. Diciamo senza acredine alcuna verso le persone la nostra amarezza e quanto la amarezza contiene. “ La nota spiega che i motivi sono tre: non sono ancora accaduti quei fatti che avrebbero potuto permettere un giudizio “di non applicazione di questi sacri moniti”. I moniti erano quelli netti e inflessibili del cardinale presidente della Cei. Moniti a Aldo Moro soprattutto.

Secondo: una linea da rispettare. Terzo. “Crediamo alla libertà come a quella che , al di sotto dei mezzi supremi , sostiene ogni benessere ogni miglioramento sociale , ogni splendore civile. E pertanto leviamo una voce quando si inizia una via che, anche molto da lontano, può portare ad un decadimento della libertà. E tra le libertà, fondamentale e necessaria condizione anzi di tutte le altre , sta la libertà di servire Dio nel modo che egli stesso ha insegnato”. Capito? Scrive Claudio Petruccioli sulla storia dell’estate 1960: “La specificità del luglio ’60 è il confronto fra la Dc da una parte e tutte le sinistre dall’altra. L’esito di quel confronto è stato l’archiviazione definitiva del centrismo. L’antifascismo ebbe certamente un peso, alimentò un vasto moto di protesta .” Titolerà l’articolo scritto cinque anni fa “Quando tra sassate e manganelli nacque il centrosinistra”. Tanto per non smentirci: a Genova.

Per tutto il 1960 Palmiro Togliatti capo del Pci parla pochissimo. Ma alla fine dell’anno, quando i democristiani accetteranno di collaborare con i socialisti , commenterà così: “ Non è altro che una manovra destinata ad assorbire il Psi nel centrismo senza alcuno sbocco riformatore”. Spunteranno anche le correnti nel partito togliattiano, da Ingrao a Garavini, da Pajetta a Amendola che addirittura sollecita uno spazio concreto per le minoranze. Qualcuno dirà che ormai Togliatti magari regna, ma non governa. Il 30 giugno 1960 la sera la tv offre il programma “Buone vacanze” con Gorni Kramer e il Quartetto Cetra. Nel Tour a Limoges arrivano primi Defilippis, Battistini e Pambianco. Krusciov assicura che l’Urss è pronta a nuovi negoziati quando Eisenhower lascerà la presidenza Usa. Io e il mio amico Fabrizio partiamo con i suoi genitori per andare a Siena a vedere il Palio. Tengo per la contrada della Civetta, ma vince la Selva. Bisogna abituarsi alle sconfitte.