Cronaca

L'esperto in cold case sta comparando i reperti del delitto di Chiavari con il dna della nuova indagata Anna Lucia Cecere
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GENOVA -"Penso che entro fine mese potremo conoscere il risultato delle analisi genetiche sull'omicidio di Nada Cella e così avere o non avere il nome dell'assassino".


A parlare è Emiliano Giardina (nella foto), il genetista capace di trovare "ignoto numero 1" che ha incastrato Massimo Bossetti, l'assassino di Yara Gambirasio, a cui la procura di Genova ha affidato all'esame dei reperti del delitto insoluto di Nada Cella, la segretaria uccisa a 24 anni il 6 maggio del 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco a Chiavari.


Per quel delitto a distanza di 26 anni è stata indagata l'ex maestra Anna Lucia Cecere, già iscritta sul registro degli indagati nel '96 ma subito archiviata per il mancato coordinamento delle indagini del magistrato di allora che non ha mai comunicato alla polizia che i carabinieri avevano trovato nella casa della donna un bottone uguale a quello rinvenuto sulla scena del delitto. Un particolare scoperto solo un anno fa dalla criminologa pugliese Antonella Delfino Pesce e che ha permesso di riaprire il caso.


Giardina a che punto sono le sue indagini di laboratorio sul dna?

"Abbiamo terminato la fase dei reperti e stiamo effettuando la comparazione, sono fasi complicate che richiedono molto tempo per il numero di analisi necessarie perché la varietà delle analisi che abbiamo eseguito richiede del tempo, però diciamo che siamo in dirittura di arrivo...


E' vero che, come trapelato, dovete riprendere il Dna dell'indagata?

"Mah, guardi non è una cosa su cosa voglio esprimermi in questo momento ma qualora fosse sarebbe una cosa irrilevante ai fini dell'accertamento, non vuole dire che se facciamo un altro prelievo significa che l'abbiamo identificata, assolutamente no, questo dipende dal tipo di analisi che abbiamo fatto che possono richiedere un altro prelievo ma questo non ha a che fare con i risultati, per i quali non abbiamo ancora nessuna evidenza, nel momento in cui non ho un prelievo dell'indagata non posso ancora vedere se è presente o no nelle tracce, questo lo capisce chiunque".

Però il dna dell'indagata principale è stato già acquisito?

"Guardi a me piace lavorare sulle cose che faccio io dall'inizio, dunque per esperienza è molto meglio lavorare con prelievi che sono stati eseguito allo scopo, quando è possibile".

E' possibile che fra i reperti è spuntato un dna non completo che vi sta complicando il lavoro?

"Guardi innanzitutto non ho anticipazioni da fare, non è che non li voglio dare, ma il discorso dei risultati parziali secondo me è una sciocchezza, nel senso che il dna o ci dà un risultato identificativo o ci dà un risultato inutile".

O sì o no?

"Esatto, ormai i sistemi sono piuttosto evoluti e risultati parziali sono possibili ma piuttosto rari e possono essere comunque risolti dall'abilità dei tecnici, non vedo problemi".

Lei nei giorni scorsi ha dichiarato ad un giornale che per il caso di Nada Cella probabilità bassa ma non zero, non è tantissimo...


"No, beh io ho detto probabilità bassa, ma sapevamo dall'inizio che il caso è difficile, perchè tutte le volte che si riaprono i casi si riaprono con del materiale a disposizione che inizialmente è stato scartato perché ritenuto poco utile e quindi probabilisticamente parlando è meno probabile che possa dare qualche risultato. Io sono dell'idea però che il meno probabile, qualora non sia zero, debba essere esplorato ed è questo il motivo per cui stiamo lavorando tanto, ci proviamo".

In questo caso però lei lavora su una comparazione su l'indagata principale che non è stata mai fatta per errori clamorosamente fatti nel passato, per cui c'è un po' di ottimismo in quel senso, questa comparazione non è stata mai fatta prima...

"Se noi avessimo saputo già che non avremo niente non avremmo fatto tutto il lavori che abbiamo fatto, è chiaro che dobbiamo lavorare e stiamo lavorando, però un conto è l'indagine tradizionale che ci ha portato ad un particolare indagato, un altro conto è verificare se nelle tracce che abbiamo è presente il dna di quel l'indagato, che sono due concetti diversi, non è certo la presenza di un dna che fa un indagato, perché il dna può essere presente per tante motivazioni.
Vero è anche che dobbiamo lavorare su reperti su cui già tante persone vi hanno messo mano e quindi necessariamente il materiale a disposizione è poco

Posso chiedere quali reperti avete anche se penso di sapere in parte la risposta?

"No, questi dettagli tecnici non li posso dare, lei li sa sicuramente però preferisco non darli"

Da uno a dieci quanto pensa di riuscire a risolvere il caso?

"Non lo posso sapere, le dò una percentuale che è un numero al lotto, non avrebbe senso"

Lei parlava di probabilità bassa, perché sono passati 25 anni?

"Sì, certo, è bassa ogni volta che apriamo un cold case, perché se fosse alta significherebbe che chi ci ha preceduto è stato un cane, e non è così".

Beh qualche errore in passato c'è stato...

"Le devo dire questo: molto spesso quando noi non riusciamo a risolvere un caso diamo la colpa agli investigatori, a volte è ragionevole, però non è sempre il caso, ci può essere la volta che l'assassino è stato particolarmente abile o particolarmente fortunato, gli investigatori particolarmente sfortunati, a me piace sempre fare l'esempio di Alberica Filo della Torre, si ricorda quell'omicidio dell'Olgiata? Lì ci fu l'errore di non avere ascoltato le registrazioni delle intercettazioni, però dal punto di vista analitico, su un lenzuolo completamente sporco di sangue tutte della vittima c'era un solo puntino piccolo che era del filippino, quella è stata abilità degli investigatori la seconda volta, sfortuna dei primi, ma non è che c'è stata imperizia nei primi perchè è chiaramente un discorso probabilistico, a volte non riusciamo per un caso, anche se devo ricordare che la maggior parte dei casi vengono risolti".

Però in questo caso scoprire dopo 25 anni grazie alla brava criminologa Delfino Pesce, che l'indizio trovato dai carabinieri di un bottone uguale a quello rinvenuto sulla scena del delitto era stato trovato in casa dell'indagata ma non era stato mai comunicato ai poliziotti titolari delle indagini... è davvero un errore clamoroso.


"Io capisco quello che lei dice, io non ho partecipato alle indagini dell'epoca, ho lavorato solo adesso, non glielo direi, io con onestà non credo ci siano stati degli errori nelle indagini, io credo che errori nelle indagini ci siano sempre e che a volte abbiamo la sfortuna che questi siano determinanti, altre volte abbiamo la fortuna che non lo sono, così come ogni altro atto umano c'è sempre qualche errore, poi fortunatamente abbiamo la possibilità di riaprirli questi casi e speriamo di riuscire a dare delle risposte"



Siamo al terzo rinvio dei tempi dei suoi esami?

"Sì, abbiamo anche avuto dei casi di covid in laboratorio per cui gli analisi si sono dovuti assentare dal laboratorio per evitare i contagi e questo ha rallentato, non è solo una questione tecnica"

Quante persone lavorano con lei in questo caso?

"In tutto siamo tre persone, che nei giorni di maggior carico diventano quattro"

Lei è consapevole che la mamma di Nada Cella vive appesa al risultato del suo lavoro?

"Io ne avverto la responsabilità ma ce la stiamo mettendo tutta, tutto il tempo che stiamo impiegando è perchè non vogliamo lasciare nulla di intentato, sappiamo che non è facile, ma le ripeto, non è neanche impossibile, lei deve immaginare che non è facile lavorare su tanti reperti, sono produzioni pilifere, è frustrante anche per noi, ma bisogna andare avanti e lavorare".

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