GENOVA -"Io sono una maestra e non saprei fare la segretaria a un commercialista, come avrei mai potuto pensare di prendere il posto di Nada Cella?".
E' una delle giustificazioni con cui si è difesa davanti ai poliziotti Anna Lucia Cecere, la donna indagata per la seconda volta del delitto di Nada Cella avvenuto il 6 maggio del 1996 nello studio del commercialista di Chiavari Marco Soracco dove la vittima lavorava come segretaria.
Cecere, secondo indiscrezioni, aveva manifestato interesse per Soracco perchè in lui vedeva la persona con cui sistemarsi, dal punto di vista affettivo, ma anche economico e professionale, perchè attraverso un'amica comune avrebbe fatto arrivare la sua candidatura per sostituire Nada Cella nello studio già poche ore dopo il delitto, come riferito dallo stesso commercialista.
Ventisei anni fa le indagini sul delitto erano state svolte come oggi dai poliziotti della sezione omicidi della squadra mobile della questura di Genova.
I carabinieri della compagnia di Chiavari avevano avviato altre indagini scovando una mendicante che diceva di avere visto Cecere uscire dal palazzo del delitto con le mani sporche di sangue mentre saliva su uno scooter.
Per questo la donna fu indagata: nella perquisizione in casa della donna in corso Dante furono trovati ritagli di giornali con articoli sull'omicidio e cinque bottoni con una scritta in inglese uguali a quello rinvenuto sporco di sangue accanto al corpo agonizzante di Nada.
Ma nonostante questi due indizi il sostituto procuratore di allora del tribunale di Chiavari (ora accorpato a Genova) Filippo Gebbia aveva archiviato sbrigativamente dopo poche settimane la posizione di Cecere e - fatto ancora più grave e inspiegabile - non rivelò mai tutti i particolari delle indagini effettuate dai carabinieri agli investigatori della polizia.
Perchè queste omissioni? Solo negligenze, o altro? Chi ha conosciuto Gebbia propende per la prima ipotesi, ritenendo il magistrato non molto scrupoloso.
Sta di fatto che quando, a fine maggio '96 e poi ad agosto dello stesso anno, la polizia arrivò al nome di Cecere grazie a due telefonate anonime giunte alla mamma di Soracco (quella in parte resa nota nelle scorse settimane) e all'avvocato Gianluigi Cella, forse scelto per l'omonimia con la vittima (legale che ai giornalisti smentisce la telefonata invece agli atti dell'inchiesta) si sentirono dire dal magistrato di non indagare su di lei perché lo avevano già fatto i carabinieri ed era risultata estranea alla vicenda.
A fare scoprire e iscrivere sul registro degli indagati per la seconda volta a distanza di 25 anni Cecere, ex insegnante originaria di Caserta, è stato il meticoloso lavoro di indagine svolto nel 2018 dalla criminologa di Bari Antonella Delfino Pesce con una revisione delle relazioni dell'indagine che le ha permesso di leggere, messi a disposizione dall'allora procuratore Francesco Cozzi, i tanti atti redatti dagli agenti della polizia della mobile ma pure le trenta pagine di accertamenti svolti dai carabinieri proprio sulla Cecere, prima indagata e poi archiviata in modo sbrigativo dal pm Filippo Gebbia.
La criminologa per un black out nel coordinamento fra gli inquirenti è stata la prima ad accorgersi nel 2020 che già nel 1996 i carabinieri avevano sequestrato in casa di Cecere cinque bottoni uguali a quello rinvenuto in una chiazza di sangue nello studio dove è stata uccisa Nada. Particolare ignorato invece dai poliziotti della omicidi titolare dell'indagine a cui nessuno aveva mai riferito prima di quanto fatto dai "cugini" dell'arma. Per questo l'anno scorso l'indagine è stata riaperta.
La prova chiave dell'indagine sarà la comparazione del dna di Cecere (prelevato lo scorso autunno) con il codice genetico del sangue e di altri residui organici trovati nello studio e sul bottone rinvenuto sul luogo del delitto: sino ad allora, è bene ribadirlo, l'ex insegnante è una persona innocente e solo sospettata del delitto di 25 anni fa.
Gli accertamenti sul Dna delle chiazze di sangue, di una ciocca di capelli e di altri reperti sequestrati nello studio di via Marsala sono stati affidati dalla procura all'esperto genetista Emiliano Giardina che ha chiesto due proroghe: gli esiti potrebbero arrivare entro un mese o anche oltre.
La polizia ha anche sequestrato lo scooter che, secondo la mendicante, la Cecere avrebbe usato la mattina del 6 maggio del 1996 per allontanarsi da via Marsala.
Moto ancora in suo possesso e sequestrata e sottoposta a rilievi scientifici il 16 novembre scorso a Boves (Cuneo) dove la donna si è trasferita pochi anni dopo il delitto.
Gli accertamenti svolti sul veicolo, sottoposto all'esame del luminol per verificare se ci sono macchie di sangue, però sarebbero negativi: nè sotto la sella nè sulla carrozzeria ci sono tracce ematiche o altri reperti utili alle indagini.
IL COMMENTO
La tragedia di Calenzano e la paura di Multedo
Genova e AirBnb, sì alle regole ma il turismo non è un mostro