Ci sono tanti tifosi, ultrà, arrivati da ogni parte d'Italia per l'ultimo saluto a Massimo Leopizzi, Massi, il capo dei tifosi del Genoa stroncato da una malattia che nei suoi sessantatré anni di vita ha attraversato la storia della grande tifoseria rossoblu, dalla Fossa dei Grifoni alla sua creatura, la Brigata Speloncia, l'ala politicamente a destra della Nord, un atto di coraggio in un ambiente storicamente di sinistra.
Quel bandierone sulla chiesa
Alle 9, quando arriva il feretro, la facciata della chiesa di piazza Alimonda è ammantata da un grande bandierone rossoblu, tanto che il parroco chiede di spostarla, e viene accontentato anche se all'uscita della bara sommersa di corone e altri cimeli rossoblu la bandiera torna a, al suo posto cancellare il grigio della chiesa. Un trombettista sulle scale suona il silenzio fuori ordinanza, come si fa negli ambienti militari, un omaggio al Cavaliere e al Comandante, come veniva chiamato Leopizzi, che è stato stroncato al termine di una lunga malattia nella sua casa di Bogliasco, attorniato dal calore della moglie e dei due figli.
Piazza Alimonda per l'ultimo abbraccio è piena di vessilli rossoblu, ma anche di giovani e meno giovani in maglietta o camicia nere, "qui ci sono tanti camerati arrivati da più parti" ammette un uomo in camicia nera al fianco del trombettista. Su uno striscione c'è scritto: "Dovevano decidere se applaudire o venirci sotto… hanno preferito applaudire sempre!! Ciao Massimo!”.
Il ricordo dell'ultrà dal pulpito
Nella chiesa, gremita, l'omelia del parroco è asciutta, a dare corpo ai ricordi dal pulpito è un ultrà che racconta chi era Massi, e alla fine lo ringrazia assicurando che lui resterà sempre con loro, nella Nord. Poi un lungo applauso.
L'uscita dalla chiesa della bara avviene in una piazza Alimonda, da sempre cuore del tifo rossoblu più acceso, che batte le mani e sventola bandiere. C'è anche Claudio Onofri, vecchia gloria del Genoa, capitano storico che non smette di accarezzare il feretro sul carro funebre, come a non lasciarlo andare. Fabrizio Fileni, per tutti "Tombolone", il braccio destro di Massi, piange a dirotto. Ci sono anche due vecchi detective ormai in pensione della squadra tifoserie della Digos, che rendono onore così all'ultrà, come alcuni ultras della Sampdoria, i cugini.
Poi nell'aria si levano solo slogan e l'inno del Genoa, gridati in onore di Massi.
La seconda parte dell'addio a Leopizzi, prima dell'ultimo viaggio verso l'entroterra di Savona, dove l'ultrà sarà tumulato nel suo paese di origine, avviene nella gradinata Nord dello stadio di Marassi, dove si sposta gran parte dei tifosi e dove viene trasferito il feretro.
L'ultimo abbraccio nella Nord
Anche al Ferraris, canti, l'inno del Genoa urlato, ultrà con gli occhi bagnati dalle lacrime. Una gradinata che accoglie e per l'ultima volta coccola il suo capo, una Nord pavesata di striscioni, dei club, "Sestri Ponente", della Curva Nord dell'Ancona, della Gradinata Nord, delle Teste Quadre della Reggiana. di "Noi di Sampierdarena", di Levante Rossoblu, e poi un lungo striscione bianco con su scritto solo: "Buon viaggio Cavaliere..."
La storia di Leopizzi è la storia di un uomo di grande spessore, colto, intelligente, di grande personalità, che però spesso ha fatto scelte sbagliate, commesso reati, per questo anni aveva il Daspo, il divieto di assistere alle partite di calcio.
L'ultimo di una lunga serie di guai giudiziari la primavera dello scorso anno, quando era stato assolto con altri 13 imputati per le presunte estorsioni all’ex presidente del Genoa Enrico Preziosi. Per i giudici non c’era stata alcuna associazione per delinquere e avevano assolto tutti con formula piena. Sulle estorsioni invece l’assoluzione è stata con formula dubitativa del secondo comma, ossia insufficienza di prove.
Leopizzi subito dopo il verdetto, già sofferente per la malattia che lo ha poi stroncato nella sua casa di Bogliasco, aveva fatto i complimenti ai giudici: "Sono stati coraggiosi perché tutti volevano la nostra condanna. Io capo della Nord? Io non sono un capo ma solo un tifoso del Genoa". Dopo quel verdetto aveva accettato, promesso, di rilasciare un'intervista esclusiva a Primocanale, "racconterò tutto" aveva detto. Ma il destino, quella malattia che si portava dentro da anni, non gli hanno lasciato il tempo di esaudire l'ultimo desiderio di un uomo felice, come si era definito dopo la sentenza, "io sono sempre stato un uomo felice" aveva rimarcato con un sorriso beffardo prima di allontanarsi dalle aule di palazzo di giustizia.
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IL COMMENTO
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