Cronaca

Lo rivela il catalogo dei rischi di Aspi al centro dell'udienza di oggi, domani il colonnello della Finanza Bixio svelerà perché "conveniva" far slittare la messa in sicurezza, mercoledì si parlerà della polizza accesa per tutelarsi in caso di crollo
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GENOVA - Dal lontano 2013 e sino alla tragedia del 14 agosto 2018 Autostrade per l'Italia sapeva che il viadotto Morandi era a rischio crollo per ritardati interventi di manutenzione.

Lo svela in modo ufficiale e senza possibilità di smentita il catalogo di Aspi che indica la lista delle infrastrutture della rete a rischio in cui il ponte sul Polcevera era inserito prima con tanto di spiegazione che oggi appare una chiara ammissione di colpa, "rischio per ritardati interventi di manutenzione", una terminologia che negli anni successivi con una classificazione appena più edulcorata, ma di certo chiara e allarmante, diventata "crollo del viadotto di Polcevera" nel 2014 e 2015 e ancora più soft nel 2016 "perdita di funzionalità statica del viadotto di Polcevera" in cui scompare il termine "crollo".

Anche nel 2017 il nome della scheda rimane immutato in "Perdita di funzionalità statica del viadotto Polcevera" e a fine anno viene formalmente assunta la responsabilità di tale rischio dal direttore di Genova I Tronco Ingegnere Marigliani, uno dei 58 imputati dell'indagine sulla tragedia costata la vita a 58 persone.

Di tutto questo si parlerà nell'udienza di oggi alla ripresa alle ore 10 del processo nella tensostruttura del tribunale di Genova davanti ai tre giudici Lepri, Baldini e Polidori. In aula i testi dei pm che hanno coordinato l'inchiesta, Terrile, Cotugno e Airoldi. A parlare saranno i responsabili che hanno redatto il catalogo dei rischi di Aspi, da Roberto Salvi, Angela Carla, a Flavia Corcos e Alessandro Loconsole.

I pm Terrile nella sua memoria ritiene che la data di inserimento del rischio crollo del Morandi nel 2013 non sia casuale ma indotta dalla tragedia di Acqualonga della A16 del luglio di quell'anno in cui un pullman finì fuori strada forse a causa delle barriere della carreggiata non adeguate e per cui sotto accusa fra gli altri è finito l'amministratore delegato Castellucci.

Martedì in aula invece ci sarà il colonnello della guardia di finanza Ivan Bixio, ora comandante del comando provinciale di Reggio Emilia, che ha coordinato i militari del primo gruppo che hanno svolto l'immane mole di lavoro che ha permesso di portare alla sbarra 58 imputati, fra cui i vertici di Autostrade per l'Italia e Spea, la società di ingegneria che avrebbe dovuto controllare Aspi e di fatto era una sua società satellite e assoggettata. Una commistione fra i motivi del disastro anche a parere di Gianni Mion, il capo di Edizioni, la cassaforte di Atlantia e dei Benetton che agli inquirenti ha detto di avere scoperto in una riunione informativa del gruppo su Aspi del 2010 che la certificazione della sicurezza del Morandi era autocertificata da Spea. Così funzionava il meccanismo che ha inesorabilmente portato alla tragedia costata alla vita di 43 persone.

Bixio sarà l'ultimo dei finanzieri che saranno ascoltati in aula: prima di lui sono stati sentiti quattro suoi militari (Andreone, Figini, Tocco e Lo Turco) che hanno parlato della nascita dell'indagine, delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Il colonnello invece potrebbe essere chiamato a rispondere sull'aspetto economico che potrebbe avere indotto Autostrade a procrastinare sempre i lavori sulle pile 10 e 9 del ponte tanto da arrivare alla tragedia. Nessuno voleva chiudere il ponte per non perdere soldi dei pedaggi e forse per attendere la costruzione della gronda, un viadotto bis, che da decenni viene dato per imminente e invece rimane al palo. Il progetto di retrofitting, come la gronda, sarebbero stati a carico dello stato.

Il giorno dopo, mercoledì 30 maggio, al processo si parlerà invece dell'assicurazione del Morandi. Autostrade per l'Italia infatti aveva richiesto e ottenuto alla società svizzera Swiss Re di alzare i massimali del premi per un eventuale crollo del Morandi: una richiesta che agli occhi di quanto è accaduto nel 2018 e da quanto emerso dalle indagini, e anche la scoperta che il viadotto già dal 2013 era inserito fra le strutture a rischio, appare molto sospetta. Tanto che l'assicurazione subito dopo la tragedia aveva richiesto di sospendere il risarcimento dei danni previsto dalla polizza. Come è andata finire questa disputa potranno spiegare in aula il rappresentante della Swiss Re Luca Kovatsch e anche Umberto Vallarino, dirigente di Atlantia e Autostrade nell’ambito «Finanza e assicurazione» che nel 2016 chiese l'incremento del massimale sul Morandi da 100 a 300 milioni di euro. Agli inquirenti che gli chiesero quali dirigenti lo aveva indotto a chiedere questo aumento dei massimali, Vallarino disse che era tutta farina del suo sacco, "sono ligure, conosco l'importanza strategica che ha il viadotto non solo per la Liguria ma per l'intera viabilità del nord Italia". Ovviamente gli inquirenti non gli hanno creduto.

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