Commenti

Torna alla homepage
4 minuti e 1 secondo di lettura
di Mario Paternostro

La serata è terminata. Il sindaco di Ceranesi, Claudio Montaldo, nel pieno di una crisi politica, l’ assessora alla Cultura, Maria Teresa Rossi e la signora Rosella, Rosella Parodi, riordinano le sedie e, uscito il pubblico, spengono le luci della casa parrocchiale, davanti alla splendida chiesa di San Martino di Paravanico, sulla salita tortuosa che da Ceranesi, siamo in Valpolcevera, porta ai Piani di Praglia e ai laghi del Gorzente. Poco sotto, nel buio di un’ umida notte invernale, c’è la borgata di Ca’ de Rossi, nome della famiglia che la abita da secoli. Case del XIII secolo, magazzini su un’ importante strada mercantile, borgata cresciuta negli anni di storia millenaria , con una corte interna. Qui il settanta per cento degli abitanti si chiama Rossi.
La serata di libri è finita e con gli scrittori Bruno Morchio, Sabrina De Bastiani e Daniele Cambiaso, l’anima di NonsoloMorego Massimo Romagnoli bancario e fine pittore, Piero Borello presidente della mitica Fratellanza di Pontedecimo, si scende verso Ceranesi, curva dopo curva, alla tavola dei “Cacciatori” per i ravioli “a u tuccu”. Memorabili. Era l’ultimo appuntamento di Valpolcevera Noir, stagione dedicata a un genere, il noir appunto, che funziona nonostante tutto. Manifestazione itinerante lungo la vallata delle industrie di un tempo e della Bianchetta di oggi che insieme alla scienza avveniristica dell’Iit dà nuove prospettive a chi ci abita. Loro portano i libri fuori dagli scaffali lungo la valle, nelle frazioni ricche di storia e cultura vera, di tradizioni che per fortuna nostra, qualcuno ancora difende e ricorda. Evviva gli abitanti della vallate genovesi, quelle vallate amate dai grandi scrittori e poeti, purtroppo spesso dimenticate dalla politica. Per fortuna esistono i sindaci. Lì in quei posti, sindaci eroici come i vini valdostani e non solo. Sindaci senza il becco di un quattrino a dover lottare contro frane, scuole inesistenti, ospedali irraggiungibili.
A letto presto perché loro, gli amici di Ceranesi, hanno tanto da fare. A Livellato, frazione tappa della salita verso la Guardia, davanti alla chiesa di San Bartolomeo stanno costruendo il loro unico, davvero originale, presepe vivente. Tutti gli anni è così. Gli abitanti del borgo che, a 365 metri di altezza, vive nell’ombra protettrice del monte Figogna, illuminato dall’apparizione della Madonna nel 1490. Per me, allievo del grande professor Carlo Castello, storico del diritto romano, vuol dire anche “comunaglie” quelle citate sulla Tavola Bronzea del 117 avanti Cristo, eccezionale reperto di questioni giuridiche antiche, conservato nel museo di Archeologia di Pegli. che col docente andavamo a celebrare a fine corso, terminando la gita giurisprudenziale alla tavola di “Ferrando” a San Cipriano.
Dicevo che gli abitanti di Livellato al loro lavoro quotidiano aggiungono a dicembre la costruzione del presepe vivente. Un presepe-flash che dura solo poco più di tre ore, dalle 20.30 quando apre i battenti, alla messa natalizia. Poi tutto finisce, il presepe torna nelle case a dormire con chi lo ha realizzato. Lo fanno gli abitanti, giovani e anziani, ragazze e ragazzi, bambini e soprattutto tanti animali. Veri, non statue.

Vivono i personaggi del presepe tradizionale genovese, Giuseppe, Maria, il bambinello in culla, pastori con pecore e oche, galline ruspanti, cavalli, bue e asinello. E Rosella Parodi coordina con altri la riuscita dell’evento. La piazza di Livellato per tre ore si trasforma in un percorso incantato perché vivo, tra antichi mestieri ripetuti per gli spettatori (falegnami, osti, contadini, pescivendoli, lavandaie), scene famigliari con le nonne che fanno la maglia o cucinano. Le pecore a volte devono sostituire il bue. Racconta Rosella che una volta il bue c’era vicino alla culla, ma era grosso, molto grosso e a un tratto s’è mosso e ha trascinato con sé tutta la capanna, con grazia e attenzione bovina, senza fare alcun danno. L’asinello resiste come le pecore. Arrivano anche i cavalli. Insomma l’intera comunità è più che mi unita e dà vita a questa suggestione antica e commovente, gratuita s’intende, che spegnerà le luce sulla montagna dove poco distante a San Biagio andava in vacanza anche Niccolò Paganini col suo Cannone, con il corteo dei Re Magi.

Il bimbo in culla è uno degli ultimi nati del borgo. Con papà e mamma a custodirlo e il piccino che ogni tanto piange, rispettando perfettamente il copione di un presepe come si deve.

Non è facile preparare questo appuntamento. Eppure da anni la gente di Livellato lo fa, e lo fa con cura e passione.

E’ uno dei numerosi esempi di comunità intorno a Genova, in quelle vallate difficili e magnifiche, dove la storia è mescolata ai funghi dei boschi, insieme alla passione della popolazione nel difendere e valorizzare le loro tradizioni. Altro che stucchevole overtourism!

Un presepe, così, si trasforma in una nuova occasione di stare insieme, dimenticando per tre ore tra bue, asinello, pecore e oche, il cellulare.
Il valore di un presepio non è solo religioso per chi crede. E’ anche sociale.

Iscriviti ai canali di Primocanale su WhatsAppFacebook e Telegram. Resta aggiornato sulle notizie da Genova e dalla Liguria anche sul profilo Instagram e sulla pagina Facebook