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I fischi. E che fischi. Fischi di rabbia appena l’arbitro ha chiuso la partita, fischi di indignata, offesa, immeritata e giustificata delusione quando la squadra ha riproposto il rituale del saluto sotto la Sud. E’ questa la notizia della serata, la svolta, il dato più significativo oltre il pochissimo visto in campo: il tempo dei ringraziamenti, dei bigliettini da cioccolatini, delle reciproche dichiarazioni d’amore è finito. Da ora in poi, contano i fatti. E’ come in una storia d’amore: dopo l’idillio, conta il concreto, il dare e avere, il dare per avere. E la Sampdoria dei 18.229 abbonati, dei 1847 che hanno pagato un biglietto per vedere lo spettacolo tutto in negativo della partita col Cittadella, dei 281 che hanno dato fiducia acquistando i mini abbonamenti e di tutti gli altri in casa a soffrire davanti alla tv, beh, quella Sampdoria della passione è in credito netto con quella che fa le scelte negli uffici e con quella che va in campo.

Brutta, bruttissima, la più brutta di questo campionato e di questo inizio stagione, perfino da record (negativo, ovviamente), di tre partite consecutive perse in casa in serie B. E contro il Cittadella che, per carità, è una squadra che da anni gioca da outsider alle spalle delle grandi di B. Ma, appunto, non parliamo del Parma che appare già di altra categoria, ma di una buona provinciale arrivata a Marassi nella serata che doveva offrire riscatto ai blucerchiati, dopo le delusioni contro Pisa e Venezia e dopo i segnali incoraggianti visti a Cremona.

Da lì bisogna partire, da quello che ha mostrato il campo, senza alibi. Una squadra in difficoltà fin dai primi minuti, una squadra da Indietro tutta nel senso letterale della parole: quanti passaggi indietro abbiamo, avete contato per lo stucchevole, indisponente e irritante mantra della costruzione dal basso? E non è un caso che – pronti via – primo sussulto un passaggio mal calibrato di Stankovic sui piedi di un avversario. La Sampdoria che per dieci minuti restava in balia degli avversari, che pressavano alto e avevano capito tutto fin dalla vigilia, costringendo i blucerchiati a cercarsi con passaggi laterali di tre metri (peraltro a velocità da moviola) senza mai riuscire ad affondare e passare la metà campo. Le fasce su cui far male poco sfruttate. Un centrocampo timido, un attacco asfissiato e asfittico e solo sporadici, inutili tentativi di andare in pressione sulla costruzione di gioco di quelli in maglia gialla. Un fotogramma rivisto più volte durante la serata?

Lagumina che alza un braccio per far salire la squadra, solo ad aggredire. E, se la partita a scacchi era difficile e in salita, le prove delle pedine sulla scacchiera, le prove dei singoli, non erano certo confortanti. Depaoli, finora uno di quelli col rendimento più alto, sacrificato sulla linea dei quattro di difesa e dunque preoccupato più di tenere la posizione che di incidere e provare l’affondo in accelerazione; dall’altra parte Giordano che non saltava mai l’uomo e affondava “stile Augello”. Nel mezzo Kasami a metterci un po’ di personalità all’inizio, finché le energie erano fresche, Ricci a cercare se stesso, condizione e ispirazione e Verre a provarci sempre, non sempre con precisione ed efficacia. Davanti, Pedrola meno smagliante di altre serate ma certamente sempre capace di mettere in affanno la difesa avversaria e, per questo – ormai lo hanno sgamato – raddoppiato e triplicato; Borini in nottata da dimenticare e Lagumina, al di là dello splendido gol, incapace di reggere il gioco e, nella ripresa, poi, troppo stanco per arrivare sulle palle in profondità.

Ecco, questo il quadro. Corretto in corsa con l’uso di una panchina comunque povera (neanche un attaccante di ruolo a disposizione) anche troppo tardi. Il risultato si è visto. Poteva anche scapparci un pareggio, ma la sostanza non cambia.
La Sampdoria, zavorrata anche dal meno 2, viaggia nei fondi della classifica. Ma non è questo il punto. Resta vero che in serie B basta un filotto di due-tre vittorie per trasformare uno scenario preoccupante in una prospettiva di speranza, ma il punto è che oggi questa Sampdoria deve guardarsi alle spalle e preoccuparsi di uscire dalle sabbie mobili, piuttosto che di cullare improbabili sogni non di gloria ma di collocazione alle spalle delle squadre di vertice. Per dirla senza giri di parole: oggi bisogna pensare a non ritrovarsi in lotta per evitare la C piuttosto che pensare a un’improbabile risalita in zona playoff.

E qui il discorso va forzatamente allargato. Perché, come detto, accantonati i ringraziamenti, preso atto di un ventilato piano di risalita in serie A nel giro di uno-due anni e di una collocazione vicino alla zona Europa in altri tre (ma siamo al passaparola, perché di queste cose le nuova proprietà parlerà, auspicabilmente e verosimilmente, a closing effettuato), a oggi conta quello che è stato fatto. Ovvero una squadra infarcita di scommesse da vincere. Con troppa gente alla ricerca di una consacrazione e pochissime certezze. Cominciando dall’alto, ovvero dallo staff manageriale, dalla coppia Legrottaglie-Mancini jr. E figuriamoci, da Manciniani convinti, se non abbiamo in simpatia il giovane Andrea. Ma lo staff tecnico-manageriale sta facendo scuola guida in ruoli inediti, così come Pirlo cerca una consacrazione definitiva dopo una carriera breve che vuol far decollare. E, anche in questo caso, ci piace la dedizione con cui l’ex Maestro si è calato nella parte, ma la B è un campionato nuovo anche per lui. Infine, fra i giocatori, quanti sono quelli che cercano un riscatto concreto (da Borini e Ricci a Lagumina e De Luca, via andare) o i millennials che inseguono l’affermazione?

Si è sbagliato a non bloccare uno tra Falcone e Audero con un sacrificio? Si poteva fare? Si poteva convincere Gabbiadini a essere il punto di riferimento e il frontman del Progetto? Si poteva parlare meno e portare a casa Gian Marco Ferrari, Roberto Pereyra e/o Coda? Probabilmente sì. Poteva la proprietà affidarsi a un manager di navigata affidabilità, alla Corvino per capirci? Si poteva puntare su un allenatore esperto, un mestierante scovato nell’usato sicuro? Certamente sì, ma il Progetto è un altro: tornare grandi con i giovani. Lodevole, ammirevole, ma al momento zavorrato da mille difficoltà e da carenze nei ruoli chiave. Bisognava partire da un difensore centrale esperto al quale non scottasse la palla nei piedi in fase d’impostazione (già, il sogno Bonucci…); da un centrocampista affidabile e di personalità, un leader; da un centravanti da 15 gol… Diciamo che, nella costruzione di questa nuova Sampdoria da parte della nuova proprietà, c’è stata molta ambizione, molta voglia di vincere delle scommesse e probabilmente pure un pizzico di arroganza.

La partita, dopo cinque giornate, è ovviamente apertissima. La buonafede e la voglia di lavorare di ogni componente citata non sono in discissione, ma è ovvio che da tutti ci si aspetta (molto) di più. Domenica pomeriggio a Parma c’è una macroscopica occasione di riscatto. Da qui alla prossima sosta del campionato, dopo il primo weekend di ottobre, ci sono in fila Parma e Como in trasferta, Catanzaro a Marassi e Ascoli sul suo campo. Tre partite lontano da Marassi – che Pirlo dice – “pesa”. Sono tutti sotto esame.