
Facciamo conto che Maurizio Rossi mi stia proprio sulle balle, che Primocanale, della quale è editore, non mi piaccia affatto e che i suoi giornalisti li abbia sullo stomaco, un po’ perché sono antipatici e un po’ perché sostengono delle tesi a me sfavorevoli. Ma facciamo pure che devo veicolare un messaggio: fingo che Primocanale sia un mass-media come gli altri, anzi peggiore, oppure mi arrendo ai numeri, che ne fanno di gran lunga il primo in Liguria e il terzo in Italia in rapporto agli abitanti della regione?
In fondo, la questione sta tutta qui. Ho letto su Repubblica l’articolo relativo alla lettera in cui Rossi denuncia che il Comune di Genova, a trazione politica centrosinistra, ha escluso il suo gruppo dagli investimenti. Ometto per carità di patria ogni altra considerazione (la pluralità dell’informazione, le discriminazioni delle idee e via elencando), però rilevo come la vicenda dimostri plasticamente quanto il centrosinistra sia esattamente uguale al centrodestra quando si tratta di “punire” chi ha il torto di raccontare i fatti in un modo che non piace. O, addirittura, di raccontare i fatti e basta.
Ritengo inoltre francamente inaccettabile che l’amministrazione guidata da Silvia Salis, la quale peraltro ha acquisito eccome dei meriti, butti nella spazzatura i nostri soldi. E sì, perché quando si privilegiano dei media amici piuttosto che i migliori dal punto di vista dei dati (che hanno origine terza, da tutti riconosciuta) non si fa l’operazione più giusta utilizzando del denaro pubblico.
Fossero soldi della Salis, degli assessori e dei consiglieri comunali che compongono la maggioranza di Tursi non ci sarebbe nulla da dire: sono dell’opinione che ognuno fa quel che vuole del proprio denaro. Se, invece, si tratta di fondi pubblici, allora il discorso è diverso.
Del resto lo stesso centrosinistra ha sempre applaudito, con più di una ragione aggiungo, quando la Corte dei Conti ha chiesto lumi, o persino condannato certi comportamenti sull’impiego del denaro pubblico. E se anche non era investita la magistratura contabile, è stata posta, e dico giustamente, una questione di opportunità politica. Insomma, non si possono dare soldi e/o prebende varie agli “amici” e negarli agli “avversari” sol perché sono tali. Oppure perché vengono percepiti in questo modo.
Basta ricordare quando l’ex governatore Giovanni Toti tolse soldi al Secolo XIX perché non gli piaceva come il direttore, Stefania Aloia, faceva il giornale. Fu un profluvio di critiche nei confronti di Toti. Giustamente. E oggi la storia si ripete, seppur con protagonisti diversi e a parti invertite. Solo che non vedo il medesimo mettersi le mani nei capelli.
La realtà è che se si predica bene e si razzola male, è un attimo scadere in quello che con un neologismo brutto davvero viene definito “amichettismo”. Il centrodestra, anzi la premier Giorgia Meloni personalmente, aveva giurato che certe cose non si sarebbero più viste. Invece si sono viste eccome.
Proprio il centrosinistra, dal Pd ai 5 Stelle, ad Avs, si è incaricato di elencare i molti casi di “amichettismo” avvenuti in Italia dal 2022 ad oggi. Appena arrivata alla guida di una città importante quale Genova, la sesta del Paese, la coalizione fa però esattamente ciò che contesta agli avversari.
Non era questo il cambiamento che Silvia Salis e la sua maggioranza, come Meloni e soci, avevano promesso. Non era questo il cambiamento che si aspettavano i genovesi. Alla fine hanno probabilmente ragione coloro che ritengono vera una sola cosa: sotto il cielo della politica sono tutti uguali. E non è un complimento. Che tristezza.
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