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Non sono una novità, l'Italia è da tempo il Paese del "nessuna certezza". Le periodiche riforme delle pensioni sono lì a testimoniarlo, con diritti acquisiti che non lo sono affatto e con misure che traguardano solo il consenso a brevissima scadenza
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GENOVA - Basta al Superbonus edilizio altrimenti i conti pubblici italiani saltano per aria. Credo che basti e avanzi questa motivazione per dire che la decisione del governo fosse inevitabile. Ma è anche una decisione giusta? Qui il discorso si complica. A me è subito venuta in mente una cosa: Superbonus non fa rima né con certezza né con credibilità. È l'ennesimo capitolo, cioè, di una storia ampiamente vista e subita alle nostre latitudini.

Dunque: secondo la premier Giorgia Meloni, "il Superbonus ci è già costato 105 miliardi. Andando avanti così, qualunque cosa si immaginasse non sarebbe realizzabile, perché ci mancherebbero i soldi. Saremmo al default". Aggiungiamoci che stando ad alcune rilevazioni sarebbe stato ristrutturato solo il 3 per cento del patrimonio immobiliare italiano e possiamo concludere che qualcosa, più di qualcosa, non ha funzionato.

Intervistato dal Secolo XIX, Pierluigi D'Angelo, presidente degli amministratori condominiali di Genova, osserva: "I prezzi sono quadruplicati. Soltanto il costo dei ponteggi è balzato da 12 a 48 euro al metro quadrato". È un esempio e vi faccio venia del resto dell'elenco che potrei fare: come minimo c'è stata una omissione di vigilanza. Una omissione che ha riguardato pure, soprattutto nei mesi scorsi, le manovre illegali messe in atto per "sfruttare" il Superbonus.

Difatti c'è un altro passaggio dell'intervista a D'Angelo che colpisce: "L'idea di fondo era: tranquilli, tanto paga lo Stato". Piccolo particolare: lo Stato siamo tutti noi! Ecco, ce n'è abbastanza per dire che da questa brutta storia nessuno può chiamarsi fuori: il governo che ha varato il Superbonus, i cittadini, gli imprenditori, le banche e l'esecutivo attuale. Il quale deve sì tenere i conti pubblici in ordine, ma non può farlo con iniziative che dalla sera alla mattina creano un vero sconquasso sociale. Nella sola Liguria, secondo la Filca Cisl, rischiano il posto 5.500 addetti. E decine di aziende possono fallire.

Non sono una novità, l'Italia è da tempo il Paese del "nessuna certezza". Le periodiche riforme delle pensioni sono lì a testimoniarlo, con diritti acquisiti che non lo sono affatto e con misure che traguardano solo il consenso a brevissima scadenza. Ora, passi per i politici che non hanno l'obbligo di essere onniscienti (in realtà potrebbero essere degli ignoranti patentati, basta che prendano i voti), ma gli uffici?

Quando questa storia del Superbonus ha preso corpo, possibile che nessuno abbia avvisato che si sarebbero sfasciati conti? I signori che dovrebbero vigilare sul bilancio pubblico in ragione delle decisioni assunte dai governi pro-tempore o sono in malafede o sono incapaci: in entrambi i casi dovrebbero fare fagotto.

E non è l'unico provvedimento politicamente giusto ma concretamente realizzato in modo pessimo. Prendiamo il reddito di cittadinanza: idea ottima, sull'applicazione lasciamo perdere. Un vicepremier, Luigi Di Maio, allora leader dei Cinque Stelle, se ne uscì così: "Abbiamo abolito la povertà!". Una castroneria senza pari, però nessuno lo avvertì che appunto di ciò trattavasi.

Ma anche noi giornalisti dovremmo essere più attenti. Una ministra della Repubblica, Elsa Fornero, riuscì a riformare la previdenza producendo migliaia di esodati, cioè cittadini che non avevano più diritto allo stipendio ma neppure alla pensione. Chiedendo un sacrificio, il 4 dicembre 2011, pianse davanti a tutti, la Fornero. Oggi va ospite nei talk politici in televisione a spiegare come si fa! Capito, la Prof che produsse gli esodati non soltanto viene invitata, ci fa pure la morale e soprattutto ci racconta come si tengono a posto i conti.

Il Superbonus si incastona perfettamente in queste vicende: nessuna certezza, perché si cambiano le regole in corsa quando nessuno degli interessati se lo aspetta. E credibilità solo in parte. Se Giorgia Meloni voleva rassicurare Bruxelles non c'è dubbio che lo abbia fatto, costi quel che costi. E ha ragione. Ma non è giusto, per tornare all'inizio.

Esiste anche una credibilità non meno importante verso i cittadini di casa. Lei, Meloni, con il decreto sui rave (ha dovuto fare marcia indietro sui contenuti tanto era mal scritto), i Pos e le accise sui carburanti ha già contribuito a questo Paese senza certezze né credibilità. Ora, dunque, farà bene a porsi in modalità ascolto e trovare sul Superbonus una via d'uscita degna di tal nome. Quanto a partiti e movimenti, sarebbe bene che la smettessero con la vergogna di darsi la colpa l'un l'altro su quanto sta avvenendo. In Parlamento vi mandiamo, cari signori della politica meschina, per cercare e trovare delle soluzioni. Delle vostre beghe da cortile non ci frega niente!

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