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GENOVA - Primocanale intervista Federico Rampini, il giornalista e saggista nato a Genova, da novembre è editorialista del Corriere della Sera da New York. Conoscitore delle dinamiche economiche e geopolitiche ha fatto il punto sulla situazione attuale con le tensioni tra Occidente e Russia dopo l'attacco di Putin all'Ucraina e il futuro dell'Occidente. Autore di tantissimi libri basati sulla sua esperienza sul campo l'ultima sua pubblicazione si intitola: "Suicidio occidentale. Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori" della Collana Strade blu, Mondadori. Rampini a Genova anche per un evento organizzato dall'azienda Interglobo, colosso genovese delle spedizioni, di Fabrizio Parodi amico personale del giornalista e saggista. 

"Da vero genovese sono un cittadino del mondo, un nomade globale: ho vissuto a Bruxelles, Parigi, Pechino e ora New York. Nel libro parlo di suicidio Occidentale, noi ancora non abbiamo iniziato a imbrattare le statue di Cristoforo Colombo come in America ma dietro analizzo una cosa inquietante: c'è tutto un pensiero che vuole colpevolizzare l'uomo bianco, è una macchina infernale messa in moto dal politicamente corretto. Di fatto si delegittima il concetto di  confine e passa quello che dobbiamo accogliere e tutti devono potersi tenere la loro cultura. Ma questo è l'opposto di quello che è stato per un secolo" spiega Rampini analizzando la crisi che sta vivendo l'Occidente.

Un altro tema centrale nelle campagne elettorali e nelle agende politiche globali è quello dell'ambientalismo. "Sono considerato un eretico, un blasfemo perché considero Greta Thunberg la sacerdotessa di questa religione neopagana. Io non ce l'ho con l'ambientalismo, i maggiori autori che cito non sono dei negazionisti ma se la prendono anche loro con gli apocalittici, con chi si schiera contro lo sviluppo economico. E' il contrario, è lo sviluppo economico che cura i problemi dell'ambiente" precisa ancora il giornalista.

Rampini spiega cosa intente per establishment radical chic: "Per me quando si parla di questa élite vengono in mente persone come Mark Zuckerberg. Certe correnti di pensiero anti Occidentale convivono con noi dagli anni Sessanta e ne ho fatto parte anche io. Oggi questo mondo anti conformista in America è completamente cooptato dal capitalismo digitale. E' una grande impostura. Sono gli stessi capitalisti che hanno impoverito il ceto medio e delocalizzato la produzione in Cina e altri paesi".

Da ormai oltre tre mesi l'Europa si è ritrovata in mezzo a una guerra nata praticamente in casa. In mezzo allo scenario tra Russia e Ucraina c'è anche la Cina. "E' giusto avere più paura della Cina che della Russia - spiega l'editorialista del Corriere della Sera -. Penso che il presidente cinese stia collezionando una serie di errori. La storia è piena di errori di calcolo. Ha deciso di appoggiare Putin ma la crisi economica in Cina è evidente e la fabbrica del Pianeta ne risente: inflazione e anche il fatto che non riescano a superare l'emergenza Covid sono problemi importanti per la Cina. Paura della Cina è giusto averla ma alle volte questi regimi autoritari hanno una grande cocciutaggine nel non riconoscere gli errori e sono lenti nel correggerli".

In Italia c'è più di qualcuno che è critico rispetto alla posizione contraria alla Russia tenuta dal nostro Governo. "In Italia l'anti americanismo ha radici lontane. Questa teoria che l'America ci guadagna è falsa. I grandi portatori di interesse ci stanno perdendo, se fosse per gli americani vorrebbero veder fatta subito la pace". 

 E allora ci si chiede cosa sarà del quadro geopolitico una volta che la situazione tornerà alla normalità. Putin tornerà a sedersi ai tavoli con i grandi come se nulla fosse? "Quando Putin ha deciso di attaccare l'Ucraina era chiaro che nei suoi calcoli che c'era la certezza del suicidio Occidentale in atto, incapace di combattere perché ormai lo stesso occidente non difende i suoi stessi valori. Ma le storie dei declini e delle grandi decadenze hanno sempre avuto un lato culturale, morale e valoriale" precisa Rampini. 

Genova tra meno di due settimane andrà al voto per eleggere il sindaco ma Rampini, nato a Genova ma come lui stesso auto-definitosi ' nomade globale non entra nel merito. "Sono un doppio cittadino, italiano e americano, ho il diritto di voto in Italia ma non nelle elezioni locali, la mia da americano-genovese sarebbe un'interferenza indebita se parlassi di una campagna elettorale in una città della quale sono originario ma dove non posso votare" conclude.

 

 

 

 

 

 

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