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Centinaia di partecipanti interrogati e rimpatriati. Il gruppo sta rientrando in Italia
4 minuti e 23 secondi di lettura
di Tiziana Oberti

Ci sono anche otto liguri, di cui sei genovesi, tra i 130 italiani arrivati in Egitto per partecipare alla 'Global march to Gaza' con l'obiettivo di raggiungere, pacificamente, il valico di Rafah per chiedere la fine della guerra e la fine all'assedio di Gaza. Una marcia che non si terrà per la mancata autorizzazione delle autorità, le forti pressioni internazionali di Israele e l’opposizione istituzionale nel nostro caso del Governo italiano. "Le possibilità erano remote - racconta a Primocanale da Il Cairo l'attivista genovese Margherita Goretti - sabato abbiamo capito che non sarebbe stato possibile perché l'Egitto ha fatto uscire un comunicato nel quale faceva sapere che ogni forma di aggregazione era stata proibita e noi volevano fare le cose nella legge".

La 'Global March to Gaza', è un movimento pacifico internazionale fondato su principi di pace e nonviolenza, nato da alcuni paesi europei e ha visto l’adesione di 54 paesi. La marcia pacifica di migliaia di persone arrivate da tutto il mondo è stata però fermata in Egitto.

Da Genova anche Margherita Goretti e Giacomo D'Alessandro

Il 12 giugno da Genova sono partiti per Il Cairo tra gli altri Margherita Goretti e Giacomo D'Alessandro, due giovani attivisti coinvolti in diverse realtà sociali come Caritas, Genova, Centro Banchi Luci sul Kivu, Percorsi di Vita, Forte Tenaglie. Nelle prossime ore rientreranno in Italia.

"Volevamo raggiungere il valico di Rafah, varco della Striscia di Gaza, per fare pressione sull’accesso degli aiuti umanitari, perché si fermi il genocidio in corso e per denunciare l’inerzia dei governi occidentali - spiega Margherita - al Cairo sono arrivate più di 3000 persone, numero che si somma alla carovana Sumud in arrivo dai paesi arabi, con quasi 2000 persone, e alla Freedom Flotilla che è stata vittima del sequestro israeliano in acque internazionali".

"Non pensavamo arrivassero al ritiro del passaporto per qualcuno di notte"

"Nelle scorse giornate diverse centinaia di partecipanti di vari paesi hanno subito fermi, trattenimenti, interrogatori, e rimpatri forzati o già all’arrivo in aeroporto o venendo prelevati negli alberghi della capitale ma noi no per fortuna, non abbiamo avuto i problemi che hanno avuto molti altri - sottolinea Margherita - forse perché siamo arrivati in tarda serata quando invece i controlli più intensi erano stati fatti nel pomeriggio, nessuno di noi ha subito intimidazioni dirette.

"Si avverte molto controllo e molta repressione qui, sapevamo che sarebbe stato difficile e che l'autorizzazione sarebbe stata remota ma non pensavamo che ci sarebbero stati dei controlli massicci fino ad arrivare per qualcuno, anche italiano, al ritiro del passaporto in albergo di notte".

Immagine simbolo della global march to gazaLa marcia pacifica di migliaia di persone arrivate da tutto il mondo è stata però fermata in Egitto

"'Global march' occasione nuova nello sconforto"

"Davanti al genocidio del popolo palestinese – spiega Margherita Goretti – e la violazione di così tanti diritti, sembra sempre più difficile capire cosa possiamo fare, a volte sembra poco e niente, la 'Global March' mi è sembrata un’occasione nuova, diversa, in un momento di grandissimo sconforto. Dopo un anno e mezzo mi è sembrato qualcosa di diverso, globale per fare qualcosa di concreto, senza l'illusione di poter interrompere la guerra ma fare qualcosa. Ho scelto di partecipare alla marcia per la dimensione della mondialità, oltre 50 paesi hanno aderito, e la fisicità ossia metterci in gioco con i nostri corpi, ritrovandoci tutti per marciare.

"Sostegno e slancio da Genova al marcia pacifica"

"Ho sentito molta vicinanza da parte delle persone e delle realtà con cui ho avuto modo di parlare dell’iniziativa a Genova e non solo, e ho sentito un vero e proprio slancio, ci siamo detti di restare in contatto perché, anche chi non ha potuto partecipare fisicamente, vuole potersi esprimere, sostenere la 'Global March', coinvolgersi e, ancora una volta, denunciare la situazione".

"Abbiamo portato qui la voce di centinaia di liguri"

"Sapevamo che questo gesto sarebbe stato ostacolato – fa sapere Giacomo D’Alessandro anche lui attivista genovese - nella storia del mondo non si è ancora trovato un modo di fermare le guerre dei potenti. Le Nazioni Unite sono ancora un sogno fermo sulla carta. Cosa succederebbe se si creasse un esercito nonviolento' globale con migliaia di persone addestrate e coordinate, pronte e fare interposizione pacifica nei luoghi di conflitto? Aveva senso per noi rispondere a questa chiamata ed arrivare qui, esplorare questo tentativo inedito, pur con tutte le lacune e i rischi. Di fronte a migliaia di civili massacrati con le nostre armi e il nostro assenso istituzionale, che diritto abbiamo di vivere la nostra vita al riparo da rischi? Siamo qui anche a nome delle centinaia di persone in Liguria e in Italia che condividono questa azione e ci hanno chiesto di portare la loro voce".

"Il messaggio? Non è vero che non si può fare nulla"

"Torniamo con la speranza che questo movimento possa organizzarsi meglio e possa, sempre con una forma pacifica, mettersi in gioco - conclude Margherita - abbiamo avuto la possibilità di conoscere altri gruppi, anche se in più di 12 non ci si può vedere, e ripartiamo con gli altri liguri che abbiamo incontrato come primo obiettivo.

Il messaggio che voglio lanciare da qui è che la prossima volta potremmo essere di più perché anche dal basso le cose si muovono e non è vero che non si può fare nulla".

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