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L'associazione nazionale dei partigiani contro la riforma costituzionale
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"Esprimiamo dissenso sulla riforma costituzionale che taglia drasticamente il numero di parlamentari". La preoccupazione porta la firma dell'Anpi, l'associazione nazionale legata ai partigiani che hanno contribuito a liberare il Paese dal nazifascismo tra il 1943 e il 1945. Una nota ufficiale in cui l'Anpi sottolinea che "la motivazione prevalente, se non esclusiva, di questa riforma, è un risparmio per le casse dello Stato. Tale risparmio in realtà è così esiguo da essere del tutto irrilevante per i conti pubblici; per di più sarà operativo fra anni, e comunque una riduzione dei costi non può essere l'obiettivo di una riforma che incide profondamente sulla natura della democrazia italiana".

Per la segreteria nazionale dell'associazione dei partigiani
si tratterebbe di una motivazione che "rievoca una vecchia tara di una parte della politica italiana: l'antiparlamentarismo, cioè il vedere negli eletti non i rappresentanti del popolo, vale a dire coloro sui quali grava una delle più alte responsabilità nella costruzione delle regole del vivere comune, ma un gruppo di persone di scarsa qualità, il cui obiettivo dominante è quello della conservazione di un posto di privilegio", prosegue la nota.

"Scompaiono le dimensioni che dovrebbero essere maggiormente curate e sollecitate, e cioè l'esperienza, l'efficienza, la competenza, la ricerca, la passione per il bene collettivo, e rimane una visione umiliante ed umiliata del ruolo del Parlamento, i cui ranghi ridotti più difficilmente garantiranno la rappresentanza popolare a tutto vantaggio di un esecutivo, il Governo, sempre più potente e meno controllato. Il provvedimento, oltre ad indebolire il ruolo di rappresentanza del Parlamento, rendera' precario e macchinoso il funzionamento delle commissioni e di ogni altro suo organo", conclude l'Anpi.

Critiche che si affiancano alle lamentele sulla riforma recapitate dalle regioni medio piccole. Liguria in testa. Genova e le sue province si troverebbero comunque in buona compagnia con Trentino Alto Adige, Friuli, Marche, Umbria, Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sardegna. Numeri alla mano, al Senato non eleggeranno parlamentari di tutte le opposizioni visto il nostro sistema tripolare (LEGGI QUI).

LA FRONDA ANTI-DI MAIO NEL M5S - Gli occhi dei gruppi sono puntati sulle assenze tra i Cinque Stelle. Il 'numero magico', spiegano alla Dire fonti parlamentari, è 40. Se la fronda contro Di Maio tra i pentastellati raggiungesse quella soglia, sarebbe il segnale che la riforma rischia di non passare. Per l'ultima votazione è infatti prevista la maggioranza assoluta, di 316 voti. Con 40 assenti tra i grillini, i 3 voti contrari di Più Europa, e il fronte comune nel centrodestra (99 deputati di Forza Italia, 124 della Lega, 34 di Fratelli d'Italia) si arriverebbe a un potenziale di 300 deputati che potrebbero mancare al momento del voto. A questo punto basterebbe che negli altri gruppi (Pd, Leu, Italia viva, Misto) ci fosse un tasso di assenze fisiologico nelle votazioni in aula, per far mancare al taglio dei parlamentari la maggioranza necessaria di 316 voti.