La discesa (salita?) in campo di Raffaella Paita come candidata alla presidenza della Regione Liguria del dopo-Burlando, così in anticipo rispetto alla data elettorale (maggio 2015) e in piena campagna per le elezioni europee, ma soprattutto subito dopo la lacerante vicenda della segretaria regionale del Pd, potrebbe aprire scenari diversi e dalle conseguenze in tutti i casi abbastanza forti.
Primo scenario. Potrebbe essere davvero un momento di chiarezza. Paita, dopo tanti sussurri, polemiche, spinte, sgambetti (tutti a opera dei suoi compagni di partito) lancia la sfida e dice apertis verbis: io ci sono e ci sarò. Bene. Poi dovrà raccontare con quale programma (lo slogan "piedi a terra e occhi al cielo" potrebbe prestarsi a interpretazioni maliziose che vanno da "I have a dream" a più preoccupanti braccia allargate come dire " che Dio ci salvi!"), con quali obbiettivi realistici e meno onirici, ma anche con quali maggioranze: larghe intese renziane? Aperture a sinistra? Larghissime alla Burlando? Attenzione alle liste civiche che sicuramente nasceranno?
Soprattutto la sfida anticipata di Lella sempre per chiarezza dovrebbe accendere e far emergere altre candidature, sia nell'area renziana che in aree diverse dell'universo Pd: Montaldo, Rossetti, Balzani, Berruti, altri? Esterni?
Secondo scenario. L'annuncio di marzo potrebbe scatenare un'altra lacerante battaglia, un po' come accadde alle primarie per la scelta del candidato-sindaco di Genova, quando partì con scatto anticipato Roberta Pinotti (giugno) scatenando la reazione della sindaca uscente Marta Vincenzi che il Pd non ebbe il coraggio o di ricandidare, ma senza le forche caudine delle primarie, o di "licenziare" magari con un premio di consolazione. La guerra intestina determinò l'uscita di Marco Doria nel ruolo di outsider certamente fuori dal Pd.
Oggi la discriminante tra Raffaella Paita e eventuali altri avversari per le primarie è biforcuta: o diventa la sfida tra gli spezzini ormai potentissimi con un ministro come Andrea Orlando che sta crescendo di giorno in giorno in capacità e autorevolezza sia come uomo di governo che come importante pedina nella scacchiera del Pd nazionale e l'altra Liguria: in prima linea i genovesi incapaci di trovare un candidato del capoluogo con vero dna renziano o i savonesi-imperiesi. Per la verità una discriminante geografica sarebbe abbastanza meschina anche ricordando come nel passato brillarono presidenti autorevoli e per bene non genovesi, uno per tutti il savonese Armando Magliotto.
Oppure una discriminante più seria e di contenuti, cioè una candidatura che segni dopo dieci anni tranquilli la differenza con Claudio Burlando sia nel modo di concepire la gestione del caso Liguria (atteggiamento meno volemose bene, scelte forti anche con il rischio di scontentare qualcuno) sia nel modo di intendere le maggioranze (basta con la filosofia del "tutti insieme appassionatamente col potere in mano").
Tutto ciò senza sottovalutare il centro destra, che, se oggi ha abdicato a fare l'opposizione soprattutto dopo la vicenda delle spese pazze, potrebbe avere un colpo di genio e trovare un candidato extra-partiti, giovane più di idee che di anagrafe, insomma veramente nuovo. Impresa titanica ma non impossibile. E se così fosse, per il vecchio Pd ligure sarebbe un rischio enorme.
politica
IL COMMENTO\ La Lella in campo con due scenari
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