Sanità

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In una lunga intervista al nostro direttore Matteo Cantile, il professor Matteo Bassetti fa il bilancio di due anni di Covid vissuti in prima linea in ospedale e sotto i riflettori dei media.

ESPERIENZA - Ero un medico che lavorava in silenzio, sono finito sotto i riflettori. Sono quello che ero, ho gli stessi amici, famiglia, collaboratori. E' cambiato il contesto. E' andata bene perché ho fatto sempre quello che ritenevo giusto fare, mettendo al centro il paziente.

SCORTA - Ho la scorta perché avevo detto alle persone che dovevano vaccinarsi, quindi sono in pace con la mia coscienza di fronte a una malattia che ha mietuto tante vite. Quando ti esponi hai qualcuno dalla tua parte e qualcuno contro. Non avrei mai immaginato quel che sarebbe successo. Per ogni studente di malattie infettive il sogno professionale è gestire una pandemia, come il pompiere che si trova a spegnere l'incendio della vita.

SISTEMA - Il sistema Italia non era pronto, il sistema sanitario era stato depresso da leggi finanziarie che avevano sempre tolto e mai dato.
Nonostante due anni, non abbiamo imparato la lezione: i soldi del PNRR non vanno nella direzione giusta.

POLITICA - Non ho mai pensato a candidarmi alle regionali, anche se qualche abboccamento c'è stato: ma non era il momento opportuno, nel settembre 2021 in cui eravamo nel pieno della pandemia. Dopo di che, io amo molto il mio lavoro e decidere di fare una carriera politica mi avrebbe imposto di scegliere da che parte stare. Nel futuro? Se ci fosse, vorrei che fosse nell'ambito della materia che conosco, la politica sanitaria. Ma la politica la facciamo già, all'interno della task force del presidente Toti: non la facciamo a livello decisionale, ma nel concreto.

GOVERNO - In Liguria la politica ha saputo ascoltare la scienza, un gruppo consolidato e tuttora intatto. Non si può dire la stessa cosa delle scelte romane, più politiche che scientifiche a partire dalle nomine del CTS, in cui non c'era un professore di malattie infettive o di microbiologia.

COMUNICAZIONE - Nel febbraio 2020 tv e media cercavano voci esperte e quindi i media le hanno cercate. Siamo partiti tutti allo stesso livello, poi si è fatta una selezione e chi era più portato per la comunicazione ha avuto più ascolto. Il mio segreto è stato quello di essere più semplice possibile. Io venivo da dieci anni di primariato a Udine e mi ero sempre sforzato di essere semplice coi pazienti e questo mi è servito sul piano divulgativo.
Siamo stati in una certa fase più indovini che medici, procedevamo di fronte a una malattia nuova e le dietrologie impazzavano. Poi su alcune situazioni si è creata una divisione di opinione senz'altro sbagliata, ma la scienza è dubbio. Prima le nostre idee le portavamo ai congressi medici, ma erano chiusi e allora le portavamo nei media: si sono generate divisioni ma le persone hanno potuto farsi un'opinione. Anche il problema generazionale è stato rilevante.

TEMPO - Dove trovavo il tempo per andare in tv? I detrattori non hanno forse giornate di 15 ore, quando finivo il lavoro sottraevo il tempo alla mia famiglia, compresa mia madre morta durante la pandemia. I libri? Credo che il compito di un docente universitario sia quello di trasmettere la conoscenza.

FUTURO - Il mondo che ci aspetta sarà fatto di continui richiami vaccinali rispetto alle varianti circolanti. Le mascherine non credo torneranno, ma se uno si sente più sicuro è libero di farlo, purché siano usate in modo razionale.