Sanità

Oggi la giornata nazionale del fiocchetto lilla dedicata ai disturbi del comportamento alimentare
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GENOVA - "Quest'anno 'festeggio' dieci anni con la malattia, meno mangiavo più mi sentivo invincibile, sono arrivata a pesare 36 chili e dopo due ricoveri in un letto di ospedale quando ti vedi con tubi attaccati devi scegliere se lasciarti andare del tutto o o se invece lottare per qualcosa e io ho scelto la vita". Così la genovese Sara Franz, 25enne oggi medico, racconta la sua storia a 'Tiziana&Cirone' in occasione della giornata nazionale del fiocchetto lilla dedicata ai disturbi del comportamento alimentare. Una giornata nata da una tragedia: la morte 12 anni fa di Giulia una 17enne ligure in seguito alla bulimia.

"La mia storia inizia dieci anni fa, quest'anno, quando ero in terza liceo e ho iniziato a sviluppare forme di iperattività per cercare di dare sfogo a quello che io sentivo dentro, al mio malessere. Mi hanno ricoverato per circa sei mesi in una struttura in Val d'Aosta dove mi sono riabilitata e mi sono ripresa la mia vita in mano per la prima volta. In 5 liceo, poi, si sa, arriva l'anno della maturità, grande stress, ho sentito il peso del mondo addosso sulle mie spalle nel diventare un adulto, volevo fare il test di medicina, volevo passare con il massimo, volevo entrare a Genova al primo tentativo, anche perché sappiamo tutti che i disturbi del comportamento alimentare sono spesso affiancati dal perfezionismo dove noi siamo i giudici più importanti di noi stessi e quindi in quell'anno smesso totalmente di mangiare".

"Passavano giorni dove mi alimentava con mezza mela, tre zucchine. Non mangiavo e più perdevo peso, più mi sentivo invincibile. Sono riuscita a diplomarmi con il 95 al liceo classico. Sono entrata a Medicina al primo tentativo e dell'anoressia, quindi ho fatto il mio mantello da super donna, un po' come il super uomo di Nietzsche mi sentivo invincibile. Sono arrivata a pesare 39 chili e poi dopo con i miei genitori, dopo che ho saputo che ho passato il test di medicina, ho deciso di ricoverarmi per un mese di nuovo in una struttura sempre in Val d'Aosta. Però lì ero maggiorenne, quindi nessuno poteva obbligarmi a restare o a farmi curare. Quindi dopo un mese mi sono autodimessa, anche perché il mio perfezionismo mi imponeva di dovere iniziare i corsi, seguire le lezioni e tutto quanto e nel 2017, poi, circa a metà della sessione di giugno, ho fatto degli esami di controllo e mi ha chiamato il mio medico dicendomi che dovevano ricoverarsi d'urgenza perché stava andando a Mof che sta per sindrome da disfunzione multiorgano, ovvero il mio corpo mi stava abbandonando". 

Mi hanno ricoverato d'urgenza, sono stata circa due settimane con sacche, tubi, monitor attaccati e lì ho dovuto scegliere che cosa fare se lasciarmi andare completamente, decidere di non svegliarmi più o se lottare e fare qualcosa, lì mi sono aggrappata un po' al mio sogno, alla medicina e ho scelto la vita.

"Ho detto cavolo, io devo essere dall'altra parte, non in un letto io devo curare quella persona che è in un letto. Ho pensato all'amore dei miei genitori, del mio fidanzato dei tempi, dei miei amici e quindi mi sono detta cerchiamo di metterci di nuovo in carreggiata. Ho continuato percorsi con psicoterapeuti, mi sono di nuovo ripresa la mia vita in mano per una seconda volta e da lì devo dire che ho messo un punto".


"Nel 2017 ho segnato quella che potrebbe essere definita una guarigione, anche se poi alla fine io credo che non sia tanto possibile guarire del tutto. Il termine che io utilizzo non è guarire, ma imparare a convivere, vivere con. Sono dieci anni che io convivo con questa malattia. E dal 2017 che io effettivamente non ho fisicamente più avuto dei disturbi. Non ho mai sforato il mio peso. Però anche durante questi anni ci sono state delle ricadute. Ci sono state delle ricadute in pandemia, dopo che è morto il mio migliore amico, a quest'età direi che è un colpo abbastanza tosto, c'è stata una ricaduta l'anno della laurea l'anno scorso, perché è di nuovo un grande periodo di stress emotivo e lo stress molto nei disturbi della mente, dell'anima, del corpo".


Quello che io ho imparato in tutti questi anni è quello che mi fa dire che convivo con questa malattia e aver acquisito delle abilità di saper tirare il freno a mano, di arrivare davanti al precipizio, ma di sapere che non puoi spingerti oltre e quindi rimanere lì, affacciarsi, dire no io in questo tunnel senza ritorno non ci rientro.

Qual è il messaggio per chi oggi sta lottando con una malattia del comportamento alimentare? "Bisogna aggrapparsi a qualcosa se siamo nella fase in cui non vogliamo lottare per noi stessi pensiamo a tutte le persone di cui siamo contornati. Pensiamo ai sogni che noi abbiamo nel cassetto, a quello che ci tiene viva la speranza, perché alla fine siamo delle guerriere e abbiamo tutte le possibilità di farcela. E alla fine anche se fuori piove, dobbiamo imparare a prenderci il sole e a tenerselo dentro per risplendere. Io mi sentivo come se la mia anima fosse spaccata. Sentivo tanta tristezza, tanta rabbia, tanto buio. Mi ricordo tanto buio e l'unico modo che avevo per tirarlo fuori era farlo attraverso il mio corpo, attraverso il cibo. Non ho mai avuto delle aspettative proiettate da parte dei miei genitori o dai professori o che ero semplicemente io che stavo male e non avevo dei modi sani per tirarlo fuori. Ho la fortuna di avere avuto dei genitori fantastici".

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