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Primario di chirurgia generale, direttore di chirurgia robotica al Brooklyn Hospital e membro board di artificial intelligence surgery
3 minuti e 21 secondi di lettura
di Tiziana Oberti

"Sono arrivato a New York circa vent’anni fa, inizialmente per una semplice vacanza. Durante quel soggiorno ho avuto l’opportunità di entrare in sala operatoria al Mount Sinai Hospital e vedere un chirurgo all’opera, è stato un momento illuminante e ho capito che volevo diventare un chirurgo proprio qui, negli Stati Uniti. Da lì è iniziato un percorso lungo e impegnativo che mi ha portato a specializzarmi in chirurgia robotica e ora studiare l'applicazione in sala operatoria dell'intelligenza artificiale". Così il dottor Luca Milone sintetizza a Primocanale, durante la rubrica 'Finestra sul mondo' dedicata ai liguri che vivono all'estero, la sua storia che lo ha portato a diventare primario di chirurgia generale e direttore della specialità di chirurgia robotica al Brooklyn Hospital, affiliato con il Mount Sinai.

Con la chirurgia robotica tutto più rapido, preciso, controllato

"La chirurgia robotica e l’intelligenza artificiale stanno rivoluzionando il modo di operare in sala operatoria, offrendo nuove possibilità sia ai chirurghi che ai pazienti. Da alcuni anni, il mio lavoro si concentra proprio su questo - spiega - oggi, la chirurgia robotica permette una precisione e una sicurezza impensabili fino a pochi anni fa, grazie a strumenti che amplificano le capacità umane e a sistemi di visione tridimensionale che trasformano l’esperienza operatoria: è come passare da guidare una vecchia utilitaria a una Ferrari: tutto diventa più rapido, preciso, controllato.

L'intelligenza artificiale in sala operatoria

Ma il futuro va oltre. "Faccio parte del board di artificial intelligence surgery, dove ci occupiamo di sviluppare e integrare l’intelligenza artificiale in sala operatoria. L’AI non sostituirà il chirurgo, almeno non nel prossimo futuro, ma lo assisterà in modo sempre più efficace: dalla sovrapposizione di immagini in realtà aumentata, fino al supporto decisionale durante le fasi più delicate dell’intervento. Stiamo già vedendo i primi risultati concreti, ma la strada è ancora lunga prima di arrivare a un robot completamente autonomo. La chirurgia del futuro sarà sempre più tecnologica, ma resterà profondamente umana. E questa, per me, è la vera sfida e la più grande opportunità".

"Una nuova laurea e specializzazione con turni massacranti"

Arrivare a guidare il team di chirurgia robotica non è stato semplice. "Sono partito da Genova circa vent’anni fa, arrivando a New York per una vacanza. È stato proprio durante una visita in sala operatoria che ho capito di voler diventare chirurgo negli Stati Uniti. Da quel momento è iniziata una lunga trafila: anni di ricerca tra Mount Sinai e Columbia University, la creazione di brevetti per la chirurgia robotica ed endoscopica, e poi la necessità di ripetere la laurea e la specializzazione per ottenere l’abilitazione americana. Il sistema americano è molto selettivo, soprattutto per chi viene dall’estero: bisogna ripetere tutti gli esami, superare colloqui e affrontare una specializzazione di cinque anni con turni massacranti. Più volte ho pensato di mollare, ma la passione per la chirurgia e la tecnologia mi ha spinto avanti.

"Negli USA si punta alla pratica e sull'autonomia del giovane chirurgo"

"Aver vissuto sia il sistema italiano che quello americano mi ha dato una prospettiva unica: in Italia si impara molto osservando i grandi maestri, mentre negli Stati Uniti si punta sulla pratica e sull’autonomia del giovane chirurgo. Credo che la combinazione di queste esperienze sia stata fondamentale per il mio sviluppo professionale".

"New York stimolante ma manca la qualità di vita italiana"

"Vivere a New York è stimolante, anche se a volte può essere faticoso. La città offre tutto, ma mi manca la qualità della vita italiana, la famiglia, la tranquillità di Genova e naturalmente il pesto. Cerco di tornare a casa due o tre volte l’anno e sto lavorando per creare un ponte tra la mia università qui e l’Università di Genova con il prof. Marco Frascio, per aiutare i giovani a intraprendere questo percorso senza dover affrontare le stesse difficoltà".

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