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di Carlo Buttaroni*

Se si votasse oggi per le politiche, il centrosinistra nella sua formazione più ampia – dal Movimento 5 Stelle ad Azione, passando per il Partito Democratico, AVS e gli altri alleati – avrebbe nel Comune di Genova circa venti punti di vantaggio sul centrodestra. Una distanza molto ampia tra i due principali schieramenti, ma comunque inferiore ai quasi 27 punti che separavano centrosinistra e centrodestra alle elezioni europee del 2024.

Tra le Europee del 2024, la rilevazione di settembre 2025 e quella più recente, Fratelli d’Italia mostra una crescita continua a Genova, passando dal 21,6% al 22,8% fino al 24,2%. È questo l’elemento che traina l’avvicinamento del centrodestra. Lega e Forza Italia restano sostanzialmente stabili, rispettivamente attorno al 6,5%. Nel complesso, l’area FdI–Lega–FI–NM passa dal 34,4% delle Europee al 36,8% di settembre fino al 38,0% attuale.

Sul versante opposto, il centrosinistra mantiene una maggioranza molto ampia, ma registra una redistribuzione interna significativa. Il Partito Democratico scende dal 31,1% delle Europee al 29,8% di settembre, al 27,7% attuale. Il Movimento 5 Stelle, al contrario, cresce dal 12,0% al 13,6% fino al 14,5%. Complessivamente, il campo progressista allargato passa dal 61,2% delle Europee al 59,5% di settembre fino al 58,2% di oggi: circa tre punti in meno, metà dei quali concentrati negli ultimi mesi.

Se, invece, si guardano i risultati delle elezioni regionali e delle comunali, ci si accorge che, sia nel confronto tra Orlando e Bucci sia in quello tra Salis e Piciocchi, la distanza tra centrosinistra e centrodestra si è attestata intorno agli otto punti.

Numeri così diversi non raccontano una città che cambia opinione, ma elezioni che parlano linguaggi diversi. Questa differenza rispecchia il modo in cui i cittadini partecipano alla politica. Il voto non cambia perché l’elettorato modificaimprovvisamente orientamento, ma perché cambia il significato attribuito all’atto stesso del votare. 

Le elezioni comunali e regionali non sono una replica in scala ridotta delle politiche: sono un’altra cosa. Qui il voto perde la sua dimensione prevalentemente identitaria e assume un carattere più concreto e più “umano”. 

È questa umanizzazione del confronto a cambiare le regole del gioco. La presenza di un candidato sindaco o di un candidato presidente della Regione introduce una diversa grammatica della decisione. L’elettore non si limita a collocarsi lungo un asse ideologico: valuta profili, stili, affidabilitàsi interroga su chi possa interpretare meglio un ruolo di governo concreto.

Questo aiuta a spiegare perché, nelle elezioni locali e regionali, le distanze tendano a ridursi. Il centrodestra, pur partendo da una posizione più debole nel clima politico generale della città, riesce a restare competitivo perché intercetta un voto meno ideologico e più orientato alla valutazione dei candidati. Il centrosinistra vince, ma non dilaga: il consenso non si somma automaticamente, viene selezionato, ponderato, talvolta trattenuto.

Quando invece l’elezione viene percepita come nazionale, il quadro cambia. La dimensione personale si attenua, la prossimità perde peso e il voto torna a caricarsi di un significato prevalentemente simbolico. In queste occasioni Genova esprime in modo più netto il proprio orientamento politico complessivo. Il giudizio si sposta dai contesti locali al quadro generale, dai candidati alle leadership nazionali, dai problemi amministrativi alla rappresentazione della politica nel suo insieme. È qui che il divario tra centrosinistra e centrodestra tende ad ampliarsi.

Ma anche all’interno delle elezioni percepite come nazionali esiste una variabile ulteriore. Quando il confronto smette di essere solo tra partiti e si trasforma in una scelta tra leadership riconoscibili, la distanza torna a ridursi. È quanto accade quando la cifra del confronto diventa quella tra Giorgia Meloni e Silvia Salis, come documentato nei giorni scorsi da Primocanale sulla base della rilevazione che ha commissionato a noi di Tecnè. In questo scenario, trainato dalla forza e dalla centralità della Presidente del Consiglio, il centrodestra recupera terreno fino ad avvicinarsi a una situazione di quasi pareggio.

Il dato sull’astensione completa il quadro. La partecipazione non è più un fatto acquisito, ma una scelta condizionata dal significato che l’elezione assume agli occhi dei cittadini. Si vota quando il voto appare utile e riconoscibile; ci si ritrae quando la proposta politica torna a essere astratta o distante. Non a caso, gli “astensionisti” non sono sempre gli stessi: una quota stimabile tra il 15 e il 20% mostra un comportamento intermittente, entrando ed uscendo dalla partecipazione a seconda di come la domanda politica incontra l’offerta.

In questo senso, Genova è una città in cui ogni elezione costruisce il proprio pubblico, attiva forme diverse di partecipazione e produce esiti coerenti con quella specifica logica. Le elezioni locali e regionali riducono le distanze perché rendono la politica più concreta e meno ideologica; quelle nazionali le ampliano perché riattivano identità politiche più strutturate; quando infine il confronto nazionale si personalizza, le distanze tornano a ridursi. È in questo gioco di registri, più che in una presunta volatilità dell’elettorato, che va letta oggi la dinamica politica genovese.

Nota metodologica Sondaggio

Campione probabilistico di 1.001 casi, rappresentativo della popolazione maggiorenne residente nel comune di Genova. Variabili di controllo: sesso, età, istruzione professione - Estensione territoriale: territorio comunale. Interviste effettuate tra il 22 e il 23 dicembre 2025 con metodo cati – cawi. Totale contatti: 7.232 (100,0%); rispondenti 1.001 (13,8%) - rifiuti e sostituzioni: 6.231 (86,2%). Margine di errore: + -3,1% Soggetto che ha realizzato il sondaggio: Tecnè srl – Committente: P.T.V. Programmazioni Televisive S.p.A. - Il documento relativo al sondaggio sul sito: sondaggipoliticoelettorali.it o agcom.it

*Carlo Buttaroni, presidente Tecnè

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