GENOVA - "Non ho commesso nessun reato e lo dimostrerò": la dichiarazione è di Giovanni Toti, sebbene sia arrivata per il tramite del suo avvocato difensore, Stefano Savi. Il presidente di Regione, al momento sospeso dall'incarico, non può del resto parlare con nessun altro fino al giorno in cui il tribunale deciderà di revocargli gli arresti domiciliari.
Revoca, si è appreso ieri da fonti giudiziarie, che sarebbe condizionata alle dimissioni dello stesso Toti: non essendo più presidente di Regione, è la tesi che sta circolando, verrebbe meno il pericolo della reiterazione del reato e, di conseguenza, l'esigenza cautelare.
E' un visione che fa molto discutere, al di là del dibattito meramente tecnico-legale, perché suona come l'indebita ingerenza di un potere dello Stato su un altro: le dimissioni del presidente, è bene ricordarlo, sono un atto definitivo che non coinvolge solo lui ma l'intero consiglio regionale. In cambio della propria libertà personale, dunque, Toti raserebbe al suolo tutta l'esperienza del centrodestra ligure e costringerebbe l'intera classe politica a nuove elezioni. Un conto è se lo decide lui liberamente, sulla base di un confronto aperto con la maggioranza che lo sostiene che, è bene ricordarlo, rappresenta democraticamente gli elettori che l'hanno votata; un altro è se fosse costretto a farlo, magari sfinito da due settimane agli arresti. Non è certo una posizione piacevole in cui trovarsi.
Intanto slitta in avanti l'interrogatorio di garanzia a cui sarà sottoposto lo stesso Toti: l'avvocato Savi, presentandosi in procura all'inizio della settimana, sperava di poterlo fissare entro oggi. Al contrario, per le esigenze di agenda del tribunale, l'incontro è stato posticipato non alla prossima settimana ma a quella successiva ancora: 27 o 28 maggio, queste le date del possibile incontro.
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