cronaca

Dopo l'arresto di una parte degli ex vertici del gruppo
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Sono stato fra i primi, a suo tempo, a storpiarne il nome, chiamandolo il 'ministro Tontinelli'. La sua colpa era di avere idee poche e confuse sulle reali necessità della Liguria in materia di collegamenti infrastrutturali con il resto del Paese e, quindi, del mondo. Non è che abbia molto modificato le sue posizioni, in verità, soprattutto quando si parla di Gronda o completamento del Terzo Valico. E tuttavia, dopo aver ascoltato l'ex titolare delle Infrastrutture Danilo Toninelli, nell'intervista rilasciata a Giuseppe Sciortino su Primocanale, devo cambiare quel mio sferzante giudizio (non solo mio, in verità).

Sarà per l'esperienza maturata, sarà per l'umanità che anche all'epoca ministeriale non gli faceva difetto, ma il "grillino" Toninelli sulla questione Autostrade ha detto cose condivisibili e di buon senso. L'arresto di una parte degli ex vertici del gruppo, fra cui primo fra tutti l'ex numero uno Giovanni Castellucci, sono uno choc. Ma prevedibile.

Toninelli ha profondamente ragione, e non sono in molti ad affermare la stessa cosa, quando rammenta ciò che davvero più colpisce: la "confessione" telefonica dell'amministratore delegato di Eidizione Holding, Gianni Mion, a proposito delle manutenzioni. "Le abbiamo fatte in calare, più passava il tempo e meno facevamo... così distribuivamo più utili... e Gilberto e tutta la famiglia erano contenti", dice l'intercettato Mion. Laddove Gilberto è Benetton. E laddove si dimostra quanto pelose fossero le scuse, oltretutto ben tardive, arrivate ai familiari delle 43 vittime. Che non meritarono neppure il rinvio della festa di Ferragosto dei Benetton.

Secondo Toninelli, "la cosa più grave è la dimostrazione che il crollo del Morandi, oltre a tutto il resto, non è stata una fatalità". Qualcuno può alzare il dito e dargli torto? Ma dice di più, l'ex ministro: "La mia procedura per la revoca della concessione è ancora lì. Non è stata conclusa, ma neppure è stata cancellata. È solo sospesa e basta poco per riprenderla in mano".

Continuo a pensare che sia la soluzione migliore. E poi voglio vederlo un tribunale che in presenza di affermazioni come quella di Mion dia eventualmente torto allo Stato italiano. D'accordo, al numero uno di Edizione Holding non è stato contestato alcun reato e non lo è neppure quella improvvida frase. Ma il clima della situazione era il più totale tradimento del rapporto di fiducia fra il concessionario e il concedente: non conta niente, questo?

Diventa di assoluto buon senso, allora, un'altra osservazione di Toninelli. L'operazione con cui il governo vuole estromettere i Benetton da Autostrade, attraverso Cassa Depositi e Prestiti, ci costerebbe sette miliardi? "Secondo me bisogna procedere con la revoca e riconoscere ad Autostrade solo la cifra su cui la società si è esposta con le banche per finanziare le manutenzioni. Quello e basta. E di sicuro è molto meno di sette miliardi", osserva l'ex ministro. Anche qui: chi può dargli torto?

In altri momenti, si direbbe che bisogna vedere come la pensa il successore di Toninelli, vale a dire la piddina Paola De Micheli. In realtà si sa che l'attuale titolare delle Infrastrutture si tiene in mezzo al guado, senza il coraggio di una presa di posizione come quelle cui ci ha abituato Toninelli. Il quale avrà anche azzardato delle valutazioni, in passato, ma non ha mai preso in giro i genovesi e i liguri come è capitato di fare alla De Micheli.

È indimenticabile che, mentre la Liguria era ostaggio delle manutenzioni di Autostrade fatte in un colpo solo, perché in precedenza si era badato agli utili e alla "contentezza" dei Benetton, la ministra se ne uscì affermando che bisognava "cambiare narrazione". In pratica, ci eravamo inventati tutto! Certo che fra il predecessore del ministro "grillino", quel Graziano Delrio depositario di tanti gravi errori e inquietanti segreti sulle concessioni autostradali, e il successore, l'immarcescibile e già ricordata De Micheli, vien da stare con chi direbbe: "Aridatece Toninelli". E scusi per quel Tontinelli.