cronaca

C’è una immagine che è diventata un terribile simbolo, scattata per caso da Ilio Galletta
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E’ il 26 marzo del 1971, esattamente cinquant’anni fa. La notizia si diffonde poco prima dell’ora di pranzo. C’è stata una rapina in centro. Forse c’è un morto. C’è stato anche un inseguimento folle in via XX Settembre.

Proprio così, scene da film. Tragiche scene di un tragicissimo film. Due banditi uccidono il giovane fattorino dello Iacp, l’Istituto autonomo delle case popolari, dopo avergli strappato la borsa che contiene gli stipendi dei dipendenti. Alessandro Floris come fa ogni mese, accompagna il suo capufficio a prendere i soldi in una filiale della Cassa di Risparmio in via Malta. Quel maledetto giorno alle 10.40 escono dalla banca con poco più di 16 milioni e tornano in auto verso l’istituto in via Bernardo Castello, una strada senza sbocco.

Due banditi entrano in scena quando Floris e il capufficio sono ancora nell’atrio dell’istituto. Strappano la borsa che tiene il capufficio. L’uomo strattonato, cade a terra. Il fattorino Floris tenta di aiutarlo. Parte un colpo di pistola che non raggiunge fortunatamente nessuno. I due banditi scappano fuori e salgono la scalinata che porta in via Banderali dove li sta attendendo una Lambretta con un complice.

Floris si getta all’inseguimento. Un bandito spara più colpi. Uno dei banditi è seduto dietro, sulla Lambretta e si volta. Spara un altro colpo. Alessandro Floris è colpito quando è già caduto a terra. La Lambretta parte e scende via Banderali. Qualcuno urla: “Sono ladri!”. Allora un ragazzo su una 850 si mette all’inseguimento dei banditi, ma in via XX Settembre la macchina si ferma. All’inseguimento si lanciano allora due signori su una Porsche. I banditi sullo scooter sono tallonati, infilano piazza De Ferrari . Si separano Quello che ha sparato ha ancora la pistola in mano e con l’altra tiene la borsa dei soldi. In via dell’Arcivescovado ci sono due brigadieri della squadra mobile che cercano di bloccare il fuggitivo. Rotolano a terra con lui che sferra una micidiale gomitata a uno dei poliziotti. La fuga del bandito ricomincia, ma davanti alla libreria della Curia un agente spara un colpo in aria. “Fermati, fermati o ti ammazzo!” grida.

Mario Rossi, 28 anni, abitante in piazzale Adriatico, si arrende. Alessandro Floris, 31 anni è stato ucciso. L’arresto della banda permette il ritrovamento nel rifugio di Rossi di banconote del riscatto del sequestro del giovane Sergio Gadolla avvenuto pochi mesi prima, nell’ottobre del 1970, durante la terribile alluvione. Gli arrestati fanno parte della banda XXII Ottobre. Il processo per direttissima nel 1972 condanna Mario Rossi all’ergastolo. Girerà molte carceri speciali e per buona condotta tornerà in libertà nel 2002 e tornerà a fare il lavoro che lo appassionava. Il tassidermista. Cioè imbalsamatore di animali.

C’è una immagine che è diventata un terribile simbolo. L’ha scattata per caso Ilio Galletta, scomparso recentemente, un giovane che nei minuti della sparatoria stava trafficando nella sua casa in via Banderali con la sua Nikon nuova di zecca. Si affaccia per vedere che cosa sta succedendo in strada e scatta. Scatta alcune foto. Una è quella in cui si vede un giovane terra che protende il braccio verso la Lambretta in fuga, come per afferrare qualche cosa. La borsa strappata, il bottino. Sulla Lambretta, seduto dietro, Mario Rossi si volta e spara.

Secondo alcuni è l’inizio del terrorismo a Genova. Pochi anni dopo ci saranno il sequestro del giudice Sossi e l’assassinio del procuratore Coco e della sua scorta in salita Santa Brigida. La firma è quella delle Brigate Rosse. Quando la giornalista Donatella Alfonso intervisterà per un suo libro Mario Rossi alcuni anni fa, questi, tornato a fare l’imbalsamatore, racconterà che quel giorno non voleva uccidere, che era una rapina per autofinanziare la banda, ma che il proiettile mortale era rimbalzato a terra per raggiungere e colpire il povero fattorino-eroe caduto a terra nell’inseguimento. Conclude Mario Rossi: “Chi eravamo? Degli animali di periferia”.