Cultura e spettacolo

Non la scarpetta di cristallo, ma un bracciale. Non una matrigna cattiva, ma un patrigno. Non la fata turchina, ma il genio di Lele Luzzati per costumi e scenografie da favola: la storia che da due secoli incanta grandi e piccini stasera alla sua prima
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GENOVA - Dopo l'accattivante prima di stagione, in cui il Teatro Carlo Felice ha destato l'interesse della critica musicale nazionale e internazionale per la messa in scena di "Béatrice et Bénédict" con la dirompente regia di Damiano Michieletto, prima assoluta a livello italiano dell'opera di Hector Berlioz, è tutto pronto per il nuovo allestimento: questa volta, nel segno della tradizione, con uno dei capolavori di Gioacchino Rossini, la sua "Cenerentola", in scena fino a domenica 4 dicembre.

Piero Maranghi e Paolo Gavazzeni tornano per questa regia a quattro mani a Genova e sono felici di poter proporre al pubblico quella che è "una fiaba, uno spettacolo tradizionale che ci riporta all'inizio dell'Ottocento, quando è stato composto". Gavazzeni, intervenuto nella trasmissione dedicata al teatro a Terrazza Colombo, ha sottolineato anche la volontà del sovrintendente Claudio Orazi di valorizzare Genova e i suoi talenti. 

 "Questo allestimento mantiene un legame con il territorio e con la città, a 101 anni dalla nascita di Emanuele Luzzati. Cenerentola dà l'opportunità di raccontare una storia con questi favolosi costumi e queste preziose scenografie senza ricercare delle sovrastrutture, che arrivi diretta al pubblico e al cuore delle persone"

L'opera lirica così com'è, nata per affascinare ed incantare le persone a teatro. Anche se nel libretto di Jacopo Ferretti non mancano dei riferimenti ai contrasti tra le classi sociali, in un ventaglio di personaggi che provengono non soltanto dalla penna di Charles Perrault, ma anche da due libretti d'opera: "Cendrillon" di Charles Guillaume Etienne per Nicolò Isouard e "Agatina, o la virtù premiata", musicato da Stefano Pavesi su libretto di Francesco Fiorini. E Cenerentola, Angelina, che ha a che fare con il patrigno don Magnifico e non con una perfida matrigna, come la trasposizione cinematografica ci ha tramandato. 

"Cenerentola ci insegna la bontà, nonostante i maltrattamenti che subisce, e l'interesse verso il prossimo: è questo che rende una storia antica così contemporanea e senza tempo"

La trama vede sempre le due sorellastre, Clorinda e Tisbe, che trascorrono il tempo a pavoneggiarsi allo specchio: le due vengono messe alla prova prima da Alidoro, precettore del principe don Ramiro, che si maschera da mendicante per spiarle, lo stesso fa il principe che scambia i panni con il suo paggio. Angelina e don Ramiro si incontrano qui per la prima volta e tra i due sboccia l'amore. Tutta la famiglia di don Magnifico viene invitata ad una festa a palazzo, ma il patrigno scaccia la figliastra, impedendole di partecipare. Aiutata dal precettore Alidoro, Angelina diviene la dama velata Cenerentola. Durante il banchetto, il paggio Dandini continua a fingere di essere il principe e prova a sedurre la protagonista, che però non cede alle sue lusinghe e confessa di essere innamorata di colui che crede essere un servitore. Don Ramiro è felice nell'ascoltare le parole della misteriosa Cenerentola, ma lei lascia il palazzo donandogli un bracciale e dicendogli che se la ama dovrà cercarla e ritrovarla. Finita la festa, il barone scopre l'inganno e lo scambio tra il principe e il paggio e irato torna a casa con le due figlie. La carrozza del principe, uscito per rintracciare l'amata, si rompe durante un temporale proprio davanti alla casa di don Magnifico e una volta entrato riconosce quella che sarà la sua principessa. La fiaba termina con la grande lezione del perdono che Angelina dimostrerà nei confronti delle sorellastre e del patrigno.  

Niente scarpetta di cristallo, ma sicuramente i costumi sono da fiaba così come le coloratissime scenografie che soltanto uno straordinario Lele Luzzati avrebbe potuto creare. L'allestimento è vivace, allegro e la storia 'vecchia' di due secoli è ancora capace di stregare grandi e piccini come la prima volta. 

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