Processo Morandi, i pm svelano: "Un imputato chiuse il ponte al traffico"
La rivelazione durante la requisitoria, l'ex direttore di tronco Rigacci dopo un guasto al sistema di monitoraggio bloccò la circolazione per alcune ore, affermazione importante per la sua difesa ma anche per l'accusa: allora il viadotto si poteva interdire?
3 minuti e 23 secondi di lettura
di Michele Varì
Il ponte Morandi anni prima del crollo fu chiuso al traffico per alcune ore per il guasto ai sensori del sistema di monitoraggio. La coraggiosa decisione di interdire il passaggio dei veicoli sul viadotto fu presa nel 2015 dal direttore del Tronco della Liguria allora in carica, l'ingegnere genovese Riccardo Rigacci, uno dei 57 imputati al processo per la tragedia del 2018, che ha rivestito ruoli dirigenziali anche in Spea e direttore della tratta ligure di Autostrade per 5 anni dal 2011 al 2016.
Rigacci era consapevole della precarietà del ponte?
Una chiusura, come sosteranno nell'arringa i suoi due legali Perroni e Colella, che proverebbe che Rigacci se avesse avuto contezza del rischio crollo non avrebbe avuto paura di assumersi la responsabilità più importante come interdire il ponte al transito dei veicoli. La chiusura però confermerebbe anche che i dirigenti di Spea e di Aspi, ruoli che ha rivestito per anni l'ingegnere Rigacci, temevano per la stabilità del ponte tanto che quando si è rotto il sistema di monitoraggio il direttore del tronco di Genova, evidentemente spaventato, aveva chiuso il Polcevera.
Per i pm ponte mai chiuso per non rinunciare ai pedaggi
A rivelare della chiusura seppur lampo del ponte sono stati nei giorni scorsi gli stessi pm che sostengono da sempre che il Polcevera non fu mai interdetto nonostante il degrado della pila 9 a causa della filosofia al risparmio della gestione dell'ex amministratore delegato Castellucci e degli altri imputati più importanti.
Il fatto che il ponte fu interdetto solo per poche ore, però, potrebbe avvallare quanto sostiene l'accusa. Cosa è successo dopo lo stop deciso da Rigacci? Ci furono pressioni per riaprire sul direttore del tronco?
Un delicato rebus, uno dei tanti di questo processo, che dovranno sciogliere i giudici Lepri, Polidori e Baldini.
Il Morandi garantiva 10 milioni solo di pedaggi
Da ricordare che durante il processo, nel febbraio di due anni fa, i magistrati titolari dell'indagine, nell'occasione per voce del regista dell'inchiesta Massimo Terrile, in pensione da quasi un anno, avevano calcolato che Autostrade per l'Italia con i transiti su tratto del ponte Morandi incassava 10 milioni di euro all'anno. Una cifra a cui gli inquirenti erano arrivati moltiplicando il costo del pedaggio, circa 50 centesimi, che pagavano i circa 60mila automobilisti e camionisti che in media ogni giorno percorrevano il tratto fra i caselli di Aeroporto e di Genova Ovest, da qui si arrivava a 30 mila euro al giorno, cifra che se moltiplicata per 365 giorni all'anno, al netto delle festività, garantiva oltre un milione di euro ogni anno, la cifra a cui Autostrade per l'Italia avrebbe dovuto rinunciare con la chiusura del ponte.
Sotto la lente ora gli imputati di Spea
Ma torniamo alle udienze della requisitoria: in questi giorni ai raggi x ci sono gli imputati di Spea che avevano il compito di sorvegliare il Morandi e che non avrebbero mai contrastato la gestione al risparmio di Autostrade. In aula presente l'imputato Antonino Galatà, l'ex amministratore delegato della società di ingegneria. L'accusa ha parlato delle intercettazioni ambientali registrate prima del crollo dall'imputato Vezil, anche lui tecnico di Spea, e quelle telefoniche svolte dalla guardia di finanza dopo la tragedia: i dialoghi fra gli imputati Spea confermerebbero, a dire dell'accusa, della volontà di tenere bassi i voti del degrado delle opere come il Morandi per evitare che scattasse l'obbligo di interventi di messa in sicurezza, interventi costosi e che avrebbero fatto diminuire gli incassi derivanti dai pedaggi.
I magistrati parleranno di Castellucci il 13 ottobre
Sotto la tensostruttura dove si svolge il processo cresce intanto l'attesa dell'esposizione dei pm sulle responsabilità di Giovanni Castellucci, l'imputato numero uno da mesi in carcere per la condanna in cassazione per la tragedia del pullman precipitato nel 2013 da un viadotto dell'autostrada di Avellino. I magistrati hanno deciso di tenere per ultimo Castellucci perche ritengono che spiegando le sue responsabilità possano anche riepilogare la filosofia dell'indagine e mettere insieme i vari pezzi della maxi inchiesta svolta dai militari della guardia di finanza.
I pm spiegheranno perchè Castellucci deve essere condannato nell'udienza del 13 ottobre, subito dopo ci sarà, il gran finale della requisitoria: le attese richieste pena dei magistrati dell'accusa Airoldi e Cotugno.
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