"E ti pareva, ma sono ormai quasi cinquant'anni di disillusione...". E' questa la prima reazione di Massimo Coco, figlio del magistrato Francesco Coco ucciso dalle Brigate Rosse, alla notizia arrivata ieri della scarcerazione dell'ex brigatista Bertulazzi deciso dai giudici argentini. "Con il rimpatrio c'era la possibilità di approfondire tante cose, lui era operativo nelle Br negli anni in cui è stato ucciso mio papà e la sua scorta, sa tante cose di quegli anni".
Bisogna accettare decisioni tribunali
Coco poi spiega: "Ci vogliono due condizioni per arrivare alla verità, uno che ci sia effettivamente l'estradizione di personaggi come Bertulazzi e l'altra che poi questa persona abbiamo effettivamente la volontà di collaborare, non è una questione, e non lo sarà mai, di vendetta ma sono normali percorsi di giustizia. Ma se è un tribunale ha deciso in questo modo è una cosa che ovviamente si deve accettare con tutta l'amarezza del caso perché a quel che pare certi personaggi hanno goduto rispetto a quasi tutte le altre categorie criminali di una corsia preferenziale e di appoggi, di vicinanze e simpatia, purtroppo che rimangono intonse nonostante sia passato tanto tempo".
Vogliamo solo la verità, nessun accanimento
Le riflessioni di Coco poi proseguono: "La decisione dei giudici argentini è nello stile francese, abbiamo già avuto tante delusioni, purtroppo ormai facciamo i conti con questa realtà, tutto qui. Ma si continua, come ho già detto la volta scorsa alla notizia dell'arresto di Bertulazzi (nella foto) che non è che perseguire tizio o caio sia un accanimento, l'unico accanimento lecito è quello della ricerca della verità e quindi non ci si può fermare, poi la speranza è che la giustizia faccia il suo corso, ma io sono abituato ad accettare le cose anche quando so che non sono giuste, il percorso di giustizia è quello che manca e soprattutto nella vicenda di mio padre, tutto quello che arriva si piglia perché almeno è un percorso che passa attraverso i tribunali e non le illazioni giornalistiche o ideologiche".
Bertulazzi non è un trofeo, non si festeggia un arresto
Il figlio del procuratore generale ucciso poi ribadisce la sua amarezza per le notizie che giungono dall'Argentina, ma precisa: "Guai però a non accettare quanto passa attraverso i tribunali, certo l'amarezza c'è ma continuiamo a cercare la verità, io sono una persona molto ma molto disillusa, sono passati quasi 50 anni e non abbiamo mai risolto tutti i tanti interrogativi. Poi non è un terno al lotto neanche una persona che viene arrestata soprattutto dopo tanti anni, non si festeggia, non è un trofeo, è tutta una storia triste e dolorosa, insomma in tutti i versi, purtroppo è così, certo rimane l'amarezza di avere perso probabilmente un'occasione per fare un po' di luce.
Non dico che è coinvolto, ma di certo sa tante cose
"Penso che questa persona, non mi azzardo in nessun modo a dire che dovesse essere coinvolta, ma forse presumibilmente informata dei fatti perché un'affiliazione del '75, un grave reato come un sequestro di persona nel '77, significa che nel '76 in qualche modo una persona se non operativa in tutte le azioni criminali dell'organizzazione, quantomeno dovesse sapere qualcosa e ci si aspetta sempre, si spera sempre, che qualcuno si complica a fare un po' di luce, ma ancora non è così"
IL COMMENTO
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