GENOVA -"Mi chiamo Paolo Taccone, tutti mi chiamano ‘Bomba’, sono un ultrà e sono un antifascista, dicono che sarei il braccio destro di personaggi con cui non ho mai avuto niente a che vedere, ma non è così..".
Il racconto di Paolo Taccone al processo per i quindici ultrà accusati di estorsioni al Genoa del presidente Preziosi, permette di ascoltare la storia della gradinata da un esponente storico della Nord, appunto Taccone, che sottolinea le differenze politiche fra i tifosi della Nord, e prende le distanze dai tifosi dell'ala destra della Brigata Speloncia che fa riferimento a Massimo Leopizzi, anche lui indagato, che dovrebbe parlare nelle prossime udienze.
"Io non ho mai fatto parte della Brigata Speloncia né del Nucleo. Nella gradinata convivono più anime tenute insieme dall'amore per il Genoa. Quando c'era da prendere una decisione si metteva ai voti e la maggioranza vinceva, questo per particolari coreografie o bandiere particolari da portare allo stadio, allora il simbolo della gradinata Nord era Che Guevara, poi tutta la gradinata ha deciso di toglierlo perchè sembrava un simbolo troppo politico, ma Che Guevara è sempre stato il simbolo della gradinata Nord, voi vedete qui il mio materiale che non ha simboli di estrema destra".
Operaio della cooperativa Genova Insieme, Taccone ricorda di essere stato assunto dopo avere chiuso la sua impresa edile dal leader storico dei tifosi rossoblu Roberto Scotto, scomparso nel 2021: "Le nostre manifestazioni sono sempre state per il Genoa e la tifoseria, contro chi non faceva gli interessi del Genoa, come Preziosi e chiunque altro, le nostre iniziative - ribadisce - erano decise tutti insieme, non c'era un capo alla Fossa dei Grifoni, non c'è un capo adesso allo stadio, ma vari gruppi che coesistono e decidono insieme, adesso no perché io sono diffidato, ma tempo c'era anche il Gav, io Gruppo Andrea Verrina, i guadagni che facevamo erano per sostenere il nostro gruppo e le iniziative, le coreografie, le trasferte e per aiutare Music For Peace di Stefano Rebora, a cui facevamo beneficenza per acquistare beni di prima necessità nel Sud Sudan, in Siria, in Palestina, nello Yemen. Siamo anche stati la prima tifoseria ad andare con Roberto Scotto a portare aiuti nell'ex Jugoslavia quando c'è stata la guerra, e abbiamo anche raccolto il sangue per i piccoli dell'ospedale Gaslini e poi abbiamo fatto iniziative per pagare abbonamenti a chi non può permetterselo o per i disabili, ecco chi siamo noi".
Taccone poi riflette sulla sua esperienza di ultrà: "Penso che abbiamo fatto del bene, ci abbiamo rimesso la libertà, ma con questa nuova dirigenza vedo miglioramenti in ogni ambito, si percepisce la serietà di questa società, non a caso allo stadio ci sono trentamila persone ogni domenica. Se ci fosse stato Preziosi a gennaio avrebbe già venduto mezza squadra, invece ne hanno venduto uno e ne ha comprato altri, quindi con Gilardino e questi giocatori che abbiamo vediamo che ci mettono il cuore". Una cambio che per Taccone è anche merito del gruppo storico di ultrà ora sotto accusa. Tanto che alla domanda se senza di voi al Genoa ci sarebbe ancora Preziosi lui risponde così: "Io penso di sì".
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