Cronaca

Nel 2003 a Mister Dinamite Aspi e Spea commissionarono un progetto per abbattere il ponte, ma non se ne fece niente, "così per demolirlo, 15 anni dopo, ci volle il crollo"
1 minuto e 54 secondi di lettura

GENOVA -Era il 2003 quando Autostrade e Spea chiesero a Danilo Coppe, professione esplosivista, noto nel mondo come Mister Dinamite, un progetto preliminare e un preventivo per demolire Ponte Morandi. "Già all'epoca dissi che se non si cambiava mentalità e non si pensava in grande sarebbe stato difficile portare avanti quella demolizione per via di tutti i sottoservizi e i manufatti che c'erano sotto il ponte, e così è stato. Ma c'è voluto che cascasse da solo dopo 15 anni per mettere mano poi alla struttura".


 
Coppe ribadisce che tecnicamente era possibile demolire il ponte già nel 2003: "Indicammo che era possibile, c'era solo la necessità di tagliare meccanicamente due campate perchè passavano sopra i binari del treno, ma il resto si poteva abbattere con gli esplosivi, come poi abbiamo fatto nel 2019 per abbattere i monconi del ponte crollato".

Proprio la tragedia del 14 agosto 2018 ha riportato l'esperto in dinamite a Genova come teste dell'accusa nel processo ai 58 imputati per la strage. Una sciagura che si poteva evitare.
 
"Perchè il ponte già allora si presentava ammalorato e versava in condizioni molto critiche", aggiunge l'esperto in dinamite.

A monte di tutto il paradosso che Autostrade dopo avere lucrato per decenni sulle manutenzioni, come emerge dall'inchiesta dei pm, nel 2003 aveva deciso di demolire il ponte perché costava fino a 4 milioni di euro di manutenzioni all'anno.

Ma il Coppe che non ti aspetti, fuori dagli schemi per un imprenditore che ha sempre lavorato con le istituzioni, arriva alla domanda se crede che alla fine del processo ci sarà giustizia per le 43 vittime del Morandi.

"Brutta domanda  - risponde -, perché è sempre difficile, ci sono dei poteri forti in Italia che condizionano sicuramente gli esiti processuali e questo è un processo che rischia di incanalarsi verso strani orizzonti".

Parole dure che arrivano alla vigilia dell'importante udienza di lunedì prossimo, quando davanti ai giudici ci saranno due big del gruppo Atlantia, Gianni Mion, numero uno della holding dei Benetton e ritenuto il cassiere del gruppo, e Roberto Tomasi, il nuovo amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, nuovo numero 1 ma già fra gli amministratori anche negli anni della tragedia. Come ha rimarcato oggi a Primocanale Egle Possetti, portavoce dei familiari delle vittime del Morandi, che anche lunedì sarà in tribunale per guardare negli occhi Mion e Tomasi, molto più che due semplici testimoni.