Cronaca

Davanti ai giudici due ispettori Spea per alzare il velo sulla vergogna delle verifiche dei "cassoni": obbligate per legge ma dimenticate per anni
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GENOVA -Al processo Morandi sotto la lente finiscono i cassoni ossia le parti che formavano la "pancia" del viadotto, strutture "confinate" sotto la carreggiata soggette a degrado per la corrosione e che per legge dovevano essere ispezionate ogni tre mesi e invece per anni nessuno si è mai degnato osservare da vicino, controllandole (si fa per dire) solo da lontano, con il binocolo, che sembra una battuta e invece era quello che avveniva ai tempi dell'allegra gestione di Aspi e Spea "Made" in Benetton che fatalmente ha partorito una delle tragedie più gravi dell'Italia moderna.



Professionisti senza scrupoli che pretendevano di verificare le condizioni del Morandi e di tanti altri viadotti, come il Bisagno, ad esempio, con il binocolo.

Nella pancia del Morandi, come sulle pile (la causa del crollo), gli ispettori di Spea, sarebbero dovuti andare di persona. Solo così si poteva decifrare il reale stato di degrado.

Ma visto che questo non avveniva, inevitabile, che i report obbligatori per legge fossero compilati affermando il falso, come appurato dai militari del Primo gruppo della guardia di finanza che hanno indagato per conto della procura dopo la tragedia del Morandi avvenuta il 14 agosto 2018 provocando la morte di 43 persone e facendo finire sul banco degli imputati  58 persone, fra cui i vertici di Autostrade per l'Italia, anche alcuni ispettori del Mit, il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, e appunto funzionari e ispettori di Spea, i controllori che non controllavano.

A spiegare davanti ai giudici Lepri, Baldini e Polidori come venivano (o non venivano effettuati) i controlli nei cassoni oggi saranno i due testi di Spea convocati dall'accusa, i pm Terrile, Cotugno e Airoldi. Si tratta di Luigi Maresca, che era l'interfaccia fra i vertici dell'azienda e i lavoratori, e Sebastiano Frisardi, che si occupava di sicurezza degli operatori.

Uno dei problemi rilevati dagli inquirenti era l'accesso ai cassoni del Morandi: per entrare dentro la pancia della carreggiata del viadotto serviva il by bridge, che sembra il titolo di una canzone dei Pink Floyd ed invece sono i pontoni che permettono di operare sotto i viadotti, anche del Morandi, dove dalle braccia dei by bridge si poteva arrivare alle botole di accesso dei cassoni, botole però non a norma, strette e impossibile, così, ma non solo per questo, nessuno si degnava di effettuare i controlli previsti dalle normative. Ma le relazioni c'erano, spesso redatte senza muoversi dagli uffici, tanto da fare rivalutare persino i controlli svolti nelle galleria transitando in auto a 70 km/h, magari cantando le canzoni di Loredana Bertè.ù


Le indagini hanno appurato che per anni Spea non aveva neppure lavoratori abilitati ad accedere nei cassoni, ispezioni pericolose che si potevano effettuare solo dopo corsi appositi, poi nel 2013 tre tecnici erano stati abilitati, ma erano insufficienti per monitorare tutte le infrastrutture da controllare. Oggi- dopo la tragedia del Morandi - le verifiche ai cassoni dei viadotti e nel resto delle parti difficili da raggiungere vengono svolte con droni e operatori alpinisti che raggiungono ogni punto in sicurezza. Se Autostrade per l'Italia e Spea, ma anche gli ispettori del Ministero delle Infrastrutture, avessero lavorato sempre in modo così chirurgico - come avrebbero dovuto - ponte Morandi non sarebbe mai crollato.

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