Una vittoria che vale doppio per la genovese Giulia Triolo, che a soli 17 anni è diventata campionessa mondiale di Savate: non solo per l’altissimo livello della competizione, ma anche per un percorso segnato da sacrifici, incertezze e crescita personale. "Quando mi hanno chiamata dicendomi che ero stata selezionata per i Mondiali, non ci credevo," racconta Giulia, ancora emozionata. "Non mi aspettavo di essere tra i tre atleti scelti, su nove in selezione. Era già bellissimo essere lì".
Ecco come è nata la passione per questo sport
Il percorso verso il titolo mondiale non è stato privo di ostacoli per la campionessa, che lo scorso luglio in Uzbekistan ha conquistato l’oro nel Savate Assalto under 18. "Preferisco il contatto pieno, ma per questa competizione mi sono dovuta adattare all’assalto leggero. All’inizio ero piena di dubbi, ma mi sono allenata tantissimo, anche quando la palestra era chiusa: tre volte a settimana, spesso da sola con i miei allenatori. Tanta fatica, ma tante soddisfazioni".
Giulia ha iniziato la sua storia nel Savate grazie al papà, atleta e allenatore: "A casa è una passione che è diventata una famiglia. Ho cominciato davvero a 14 anni: da piccola avevo fatto qualche corso, ma mio padre non mi ha mai forzata. Quando ho deciso, sono stata io a voler entrare nel suo mondo e ne sono stata subito catturata".
Il sogno delle Olimpiadi e i prossimi obbiettivi
Ma non è stato tutto in discesa: "La scorsa stagione è stata difficile, soprattutto a livello mentale. Salivo sul ring e avevo il panico, quest’anno invece, dopo tanti incontri, anche all’estero, ho cambiato approccio mi sento diversa, più forte". Un cambio che si è visto anche sul ring, dove ha dovuto affrontare la stessa avversaria francese due volte durante il campionato mondiale: "Dopo aver perso la prima volta, il giorno dopo l’ho ritrovata in finale. Mi sono detta: ho già l’argento, ora gioco tutto per vincere. E ho vinto, perché la differenza, a quel livello, la fa la voglia di arrivare".
Il sogno nel cassetto? "Vincere l’Europeo l’anno prossimo e poi il Mondiale di contatto pieno. E magari, un giorno, vedere il Savate diventare sport olimpico e riuscire a vincere le Olimpiadi". Ma la giovane campionessa ha le idee chiare anche fuori dal ring: "Di Savate non si vive, ma è uno sport che mi ha insegnato tanto. Mi ha mostrato che, prima che con l’avversario, combatti con te stessa, per superare i tuoi limiti. Questo è il valore più grande che porto con me".
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