Cronaca

I magistrati nella memoria oggi al vaglio dei giudici dicono che Autostrade non investì nella sicurezza perché intendeva rottamare l'opera: il progetto di fattibilità per demolirla con l'esplosivo era stato affidato alla ditta che nel 2019 demolì il troncone
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GENOVA - I magistrati dell'accusa del processo di ponte Morandi nella memoria oggi al vaglio dei giudici dicono che Autostrade per l'Italia non investì nella sicurezza perché intendeva rottamare l'opera in vista della costruzione della gronda autostradale: il progetto di fattibilità per demolirla con l'esplosivo era stato affidato alla Siag, la ditta che poi nel 2019 ha demolito il troncone rimasto in piedi nel crollo.

Più precisamente, sempre a detta dei pm, Autostrade per l'Italia era cosciente che Ponte Morandi fosse un'opera ammalorata ma non investì nei lavori perché intendeva rottamarla in quanto confidava di sostituirla con la gronda autostradale bassa di ponente.

Sono queste solo alcune delle tante ipotesi contenute nella memoria di accusa dei pubblici ministeri Walter Cotugno e Massimo Terrile titolari dell'indagine sul crollo del ponte del 14 agosto del 2018 che ha provocato 43 morti e per cui sono a processo a Genova 58 imputati fra cui i vertici di Autostrade per l'Italia, di Spea, la società che avrebbe dovuto controllare la struttura, e del Ministero dei Trasporti e dei Lavori pubblici.

Nella maxi memoria dei magistrati che dovrebbe oggi, nonostante i no degli avvocati degli imputati, essere accettata nel processo dai giudici è stato allegato il documento (vedi foto) con cui in data 17.10.2003, - dunque ben 15 anni prima del crollo - Spea conferiva all'azienda SIAG srl l’incarico di redigere uno studio di fattibilità tecnica della demolizione del viadotto Polcevera. La riprova che Autostrade

Spea, si legge ancora nella memoria, aveva conferito a Siag questo incarico, a seguito di un ben più ampio incarico ad essa, Spea, affidato da Autostrade per l'Italia, del cui contenuto è stata acquisita una bozza.

Uno studio di fattibilità per cui Aspi aveva incaricato Spea di fornire una valutazione preliminare dei costi di costruzione, di gestione e di manutenzione delle opere per poter procedere ad un corretto confronto comparativo tramite un’analisi costi/benefici.

Il tutto legato attraverso lo studio per analizzare le 4 ipotesi progettuali scaturite dal confronto tra Anas e gli Enti locali per la Gronda di Ponente, con i necessari allacciamenti con A7 e A12.


L'ipotesi di demolizione del viadotto Polcevera - si legge ancora nella memoria dei pm - è stata coltivata a lungo tanto che, cinque anni dopo, nel febbraio 2008, è stata redatta, dagli ingegneri Mazza e Torresi di Spea, una "relazione illustrativa e computo delle quantità", avente ad oggetto la "demolizione del Ponte Polcevera esistente (Morandi)".
 
Il progetto preliminare avanzato del Nodo autostradale di Genova (Gronda di Ponente) – scrivono ancora i due pm – prevede l'affiancamento del viadotto Morandi con una nuova e più moderna struttura, che consentirà la dismissione e la successiva demolizione dell'esistente viadotto

Per spiegare meglio quali potevano essere le strategie che hanno indotto Aspi a non investire in sicurezza, a pagine 427 della memoria, Terrile e Cotugno hanno scritto: "Con la prospettiva di una futura realizzazione della Gronda e della connessa demolizione del viadotto Polcevera è evidente quanto poco motivata dovesse essere Autostrade per l'Italia di fronte alla prospettiva di eseguire importanti e costosi interventi di rinforzo del "morituro" viadotto Polcevera".
Come a ribadire: non sono stati effettuati i lavori necessari perché si pensava che il viadotto sarebbe stato abbattuto per fare posto alla Gronda di Ponente".


La relazione di 36 pagine redatta da Siag porta la data "settembre 2003" .
Nelle conclusioni, si legge: Superati i problemi sociali e politici, la demolizione è fattibile e, per almeno l'80% della volumetria, il mezzo più sicuro ed economico è l'uso degli esplosivi.  Fra molti anni, quando si dovrà effettivamente agire, gran parte delle strutture sottostanti, oggi esaminate, richiederanno costi di restauro e/o manutenzione che renderanno ancor più  auspicabile di oggi la demolizione, riducendo quindi ulteriormente quel 20% di volumetria che oggi andrebbe smontata anziché abbattuta.

Prima della memoria dei Pm la notizia che già nel 2003 era stato redatto un studio per ipotizzare l'abbattimento del Morandi era trapelata nel 2019 da Danilo Coppe, mister Dinamite, l'esperto in esplosivi di Parma che proprio quell'anno demolì i resti del ponte crollato: "Autostrade per l’Italia mi aveva già interpellato anni fa ma l’operazione fu giudicata troppo difficile e costosa" precisò.
A rispondere a Coppe fu Spea che disse: "Quello fu solo uno studio di fattibilità: era finalizzato alla sostituzione del ponte Morandi con un nuovo ponte. «Non c’è alcuna connessione con la sicurezza o i costi» aggiunsero da Spea, "l’opzione fu scartata dal dibattito pubblico nel 2008".
Scartata nel 2008: dieci anni esatti prima del crollo, dieci anni in cui si sarebbe dovuto, e c'era tutto il tempo per farlo, intervenire con lavori strutturali per mettere in sicurezza la pila 9 considerata dalla procura la causa del crollo che ha ucciso 43 persone.

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