Cronaca

L'indignazione della nipote del fondatore della Guzzi dopo l'ennesimo imbrattamento della statua, oggi subito ripulita
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GENOVA-E' stata ripulita stamane a Carignano la statua di Giorgio Parodi, imbrattata l'altra notte da pseudo anarchici perchè la sua divisa da aviatore sarebbe il simbolo della guerra colonialista dell'Italia fascista.

La nipote, Elena Bagnasco, però, documenti alla mano, garantisce che il nonno era al fianco della lotta dei partigiani per la Liberazione che per il suo operato lo avevano ringraziato, "abbiamo carte e documenti che dimostrano come il partito comunista di Lecco e i partigiani sono stati riconoscenti con mio nonno per il suo operato. Non solo: l'uniforme indossata da mio nonno è della Regia Aeronautica, identica a quella ancora in uso sino agli anni ‘90, con stellette sul bavero e aquila sul petto. Non si tratta di una “divisa fascista”, come è stato affermato ma di una divisa delle Forze Armate. Se fosse stata una divisa fascista avrebbe avuto, appunto, i fasci littori al posto delle stellette. Non ci risulta che indossare un'uniforme delle Forze Armate sia o sia mai stato riprovevole",


La nipote poi precisa: "L'uniforme con la quale è rappresentato nella statua testimonia la passione per il volo che Giorgio ebbe nella sua vita e il forte legame con quel mondo che caratterizza la 'Moto dell'Aquila'. Fu Giorgio a scegliere l'aquila proprio in ricordo del Sottotenente Ravelli, morto nel 1919 in un volo di collaudo, quando nel 1921 insieme a Carlo Guzzi fondò a Genova la società. Mio nonno fu pilota sportivo di grande valore, fondò l'Aeroclub di Genova e ne divenne presidente e istruttore di volo. Come risulta dallo stato di servizio, richiamato, fu inviato a novembre del 1935 in Africa Orientale con la 105 Squadriglia e rientrò in Italia il 7 giugno 1936; dal Diario storico della stessa squadriglia risulta che egli partecipò su monomotori Romeo 37 esclusivamente a ricognizioni e azioni di supporto alle truppe impegnate sul terreno. Rientrato in Italia, non prese parte alle fasi più cruente di quel conflitto nell’anno 1937".

"Escludiamo - aggiunge ancora Elena Bagnasco - qualsiasi tipo di azione di mio nonno su popolazioni civili nel corso di tutta la sua attività militare. Ottenne la sua quinta medaglia d'argento al Valore nel 1942, andando a cercare un compagno disperso, nel corso dell'operazione fu ferito gravemente ad un occhio; nonostante ciò, riuscì a riportare velivolo ed equipaggio alla base, ma dovette rinunciare a volare, venne infatti congedato nel 1943 come ‘mutilato di guerra. Si dedicò quindi all'azienda di Mandello. Sotto la sua direzione sostenne il CLN, il comitato di liberazione nazionale, e aiutò molte famiglie negli anni bui della guerra; molti dipendenti furono salvati dalla deportazione in Germania e dall'arruolamento perché dichiarati indispensabili all'attività produttiva. L'azienda era sempre collegata con il Comando americano e Giorgio stesso rischiò più volte la vita spostandosi di notte in moto per andare a trattare con gli Alleati per evitare il bombardamento della fabbrica. Fuori dall'azienda è affissa una targa che ricorda i dipendenti partigiani caduti. Tutto ampiamente documentato dall'Archivio Comunale della Memoria Locale (Comune di Mandello del Lario) in più pubblicazioni".

Concluse le dolorosissime vicende belliche, Giorgio - spiega ancora la nipote - impegnò l'azienda in numerose opere a favore chi lavorava in fabbrica; negli anni furono realizzate case per gli operai cedute a prezzo di favore, biblioteche, asili, circoli ricreativi, colonie estive per i figli dei dipendenti,
spaccio aziendale, studio dentistico e molto altro ancora".

"Il nostro auspicio e forte desiderio è però che la vicenda possa essere correttamente ricomposta - conclude la nipote di Giorgio Cantile -, e si possano presto vedere le sue moto fotografate, numerose, insieme a lui, come già nei molti “post” in circolazione sui social network, e che Genova possa ospitare numerosissimi “guzzisti” da ogni parte del mondo e raccontare la nostra città e le sue bellezze".