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Galeotta fu la fugassa pucciata nel cappuccio, davanti alla Baia dell’Olivetta a Portofino, nella tazza di porcellana finissima, per la Kardashian maritata a Travis Barker lo scorso fine settimana a Portofino.

Galeotta perché la sua “storia” su Instagram, il cui video vedete in questo articolo, ha scatenato qualche gridolino di orrore tra i suoi 179 milioni di follower: Kourtney imbibina la “slerfa” nel cappuccino e osa forte… Salato e dolce insieme? Olio d’oliva e schiuma di latte?

Sorridono sotto i baffi di latte i liguri che ogni mattina la focaccia la pucciano con gioia nel cappuccio al bancone del bar o nel caffelatte al tavolo di casa con un rito che si ripete e si tramanda di generazione in generazione. Un sorriso lo fa anche il sindaco genovese che ne approfitta per invitare la Kardashian e donarle la carica di “Genovese DOC”. Prima di lei peraltro era toccato a un men noto signore, tal Giovanni abitante di Robbio, paesino della Lomellina pavese, che a Tursi aveva conquistato lo stesso titolo per un’impresa ancora più ardua: l’abitudine alla colazione con focaccia, ma con le cipolle, intinta nel cappuccino.

Galeotta, si diceva, la focaccia che spande il suo olio extravergine creando una patina oleosa sulla superficie della tazza, in questo incontro sublime tra il suo sale e il dolce del latte e tra due grassi, quello vegetale e quello animale. Chissà se la Kardashian sapeva che proprio la focaccia storicamente veniva offerta agli sposi in chiesa con un calice di vino come augurio di prosperità, fino a quando nel Medioevo il vescovo Matteo Gambaro non la proibì. Mentre nel Cinquecento il Doge la metteva nella lista delle pietanze preferite per i suoi banchetti.

Gli aneddoti sulla focaccia e sulla sua storia sono molti, dai primi impasti fatti dai Fenici, alle versioni più moderne da forno che risalgono però solo all’Ottocento. Impossibile non ricordare quel legame tra Genova e la sua aria di mare e la lievitazione, che come i fornai sanno non è la migliore proprio per via del salmastro. Ecco perché, scrivono alcuni storici, da sempre si cercano alternative al classico pane e la focaccia, forse, potrebbe essere solo un errore ben riuscito.

La focaccia – tornando ai giorni nostri – è un fenomeno social protagonista di scatti su Instagram e di dolci ricordi per tutti quelli che da Genova sono espatriati. Ma anche, diamole onore, la colazione perfetta. Samir Sukkar, direttore del dipartimento di dietetica del Policlinico giusto un paio di anni  fa aveva avuto ribalta nazionale dichiarando: “Più focaccia e meno brioche”, tessendo le lodi di questo mix mediterraneo per la colazione.

E la focaccia diventa, in tempi di elezioni, l’ingrediente principe e bipartisan dei rinfreschi elettorali: la ama Marco Bucci per i suoi incontri con i cittadini, l’ha proposta insieme alla panissa anche Ariel dello Strologo nel corso di uno dei primi banchetti in vista delle comunali. Di focaccia si nutre e ne fa sempre pubblicità Salvini nelle sue gite a Recco e avanti così, c'è un aneddoto per ogni schieramento. 

Ed è pietanza re del dono, che tutti noi portiamo in omaggio quando varchiamo il territorio ligure, e che nel corso degli ultimi anni di pandemia da covid è diventata anche il simbolo di solidarietà, portata da due poliziotti ai manifestanti in Porto a Genova. Era l’ottobre del 2021, le forze dell’ordine la consegnarono ai portuali no green pass che manifestavano durante il loro turno di lavoro, scatenando applausi e ancora una volta molti onori social.

Alla focaccia resta ancora una macchia, e non è quella di schiuma di latte: quella di fare la parte del cattivo nel motto “Rendere pan per focaccia”, ovvero, ricambiare a una offesa con un’altra ancor maggiore. Sembra infatti che il motto arrivi da una antica usanza medievale: i viandanti portavano con sé questo pane sottile fatto di cereali poveri, più duro e poco lievitato, prodotto meno pregiato ma che si conservava meglio per i lunghi viaggi.

E proprio questo scambio, tra il morbido pane e la grezza focaccia, la rende dai tempi dei romani alimento ruvido dall’animo selvatico, ancora una volta… come noi liguri.

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