GENOVA- Uno, cento, mille Flavio Briatore. Non ho mai spasimato per questo imprenditore del “top”, che si è conquistato una notorietà da star con la Formula 1 e poi con le sue incalzanti iniziative imprenditoriali-glamour, dalla Sardegna al Kenia, a Montecarlo e da ultimo alle superpizzerie in via Veneto. Ma quando l’ho visto scatenare la polemica per la ennesima supercoda sulla A10, nella quale era rimasto bloccato per ore, come tanti mortali, non ho potuto che applaudire e condividere la sua protesta-sfida alla quale i vertici di Autostrade hanno risposto perfino ironicamente.
Briatore fermo in A10 sbotta: "Uno scandalo, una follia, uno schifo" - LO SFOGO
Ci vorrebbero tanti Briatore per scatenare una protesta finalmente visibile e incisiva sul vero disastro che colpisce la nostra regione da anni. Le tragedie che stiamo vivendo a livello planetario, tra pandemia e guerra, hanno un po’ allontanato l’attenzione da questa specie di strangolamento che Genova e la Liguria stanno subendo per i lavori autostradali.
E’ comprensibile, ma quello che sta avvenendo e che Briatore denuncia, sfruttando la sua popolarità, è veramente insopportabile e meriterebbe una sollevazione di massa.
Abbiamo capito che questi disagi alla fine dureranno 10 anni: dal 2018 della immane e indimenticabile tragedia del Morandi al 2028, data di fine lavori, annunciata dai vertici autostradali.
E chi può sopportare dieci anni di paralisi del traffico, di danni incalcolabili alla nostra economia, di perdita di affari, turistici e di trasporto, di disagi che colpiscono anche semplicemente la nostra qualità della vita? Senza contare che quelle autostrade in coda, con i salti di corsia, senza uscite di emergenza sono veramente trappole mortali, come il già senatore Maurizio Rossi denunciava in Parlamento da ben prima che l’inferno si scatenasse.
E gli incidenti si moltiplicano e i rischi che si corrono, quando si è intrappolati in quel serpente di acciaio, tra salti di corsie, rischi di scontri frontali con i giganti del traffico, tamponamenti sfiorati a ogni frenata, diventano esponenziali.
A Briatore hanno risposto i papaveri autostradali, invitandolo a un giro per i cantieri per dimostrare efficienza e rapidità del loro lavoro che a noi automobilisti appare, lento, incomprensibile, spesso invisibile.
Briatore farà bene a andarci, ma sarebbe meglio che quella ispezione dettagliata fosse fatta non solo da un occasionale ancorchè celebre viaggiatore “privato”, ma da una vera delegazione delle istituzioni locali, messa nelle condizioni di capire bene quello che avviene sulla nostra rete autostradale.
Dieci anni di disagi sono una eternità e almeno si dovrebbe capire con certezza la prospettiva per comunicarla efficacemente.
Il problema delle comunicazione è fondamentale. Non bastano quegli avvisi sui display in autostrada che annunciano i lavori a tot chilometri (ma che scoperta!) e la coda di tot chilometri (che intanto sei già in trappola).
Nessuno ti dice “prima” in che condizioni è il percorso e nessuno ti avvisa se ci sono soluzioni alternative praticabili, magari uscendo dall’autostrada o se , addirittura, non ti conviene partire. A chi tocca un sistema simile di comunicazione? A quattro anni dall’inizio dell’emergenza e a sei dalla conclusione forse questo problema andrebbe posto.
E poi c’è il “dopo”. Quando tutto sarà finito e queste autostrade “riparate”, torneremo alla situazione precedente, a quando viaggiavamo lì, senza sapere che rischiavamo la pelle. Saremo finalmente “al sicuro”, ma ancora in coda.
Perchè se la Gronda non sarà stata realizzata e se altre soluzioni non saranno state messe in cantiere, tra Aurelie Bis e autostrade alternative, come la Albenga- Predosa, per la quale si batte solitario il sindaco di Imperia, Claudio Scajola, saremo punto e a capo.
In coda ancora di più, perché la Liguria, in un mondo che sta cambiando per ragioni anche superiori, sarà ancora più attrattiva, come le ultime stagioni, seppure semipandemiche, hanno dimostrato. Con il ritorno massiccio alle seconde case e con le vacanze più “vicine” per tanti motivi, economici e di sicurezza.
IL COMMENTO
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