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Dopo quasi un decennio tornano protagonisti la coniglietta Judy Hopps e la volpe Nick Wilde, partner nella Polizia
2 minuti e 57 secondi di lettura
di Dario Vassallo

Con Zootropolis 2 la Walt Disney dà finalmente seguito — dopo quasi un decennio — al film che nel 2016 ebbe un successo enorme decidendo però di non limitarsi a ricreare l’atmosfera dell’originale. Al contrario: la città-metropoli degli animali si amplia, si complica, e mette alla prova le sue certezze. I protagonisti sono sempre loro: Judy Hopps, con il suo instancabile ottimismo da coniglietta poliziotta, e Nick Wilde, la volpe furba e disincantata, ora partner nei ranghi della polizia. Ma questa volta non basta inseguire un solo caso. L’equilibrio fragile della città viene scosso come non mai quando un nuovo arrivato, un misterioso serpente, varca i confini di Zootropolis, suscitando allarme, sospetti e paure in una società che non aveva mai previsto la presenza di rettili. Quello che comincia come un’indagine “alla buddy-cop”, l’amicizia tra due poliziotti, con inseguimenti, stratagemmi e qualche gaffe, presto si trasforma in un mistero molto più profondo tra società segrete, tensioni etniche e vecchi pregiudizi che ritornano a galla. Nel corso dell’avventura Judy e Nick — come sempre in antitesi caratteriale — vengono costretti a riflettere non solo su “chi sia criminale” ma su cosa significhi veramente appartenenza, fiducia e comunità.

Una scena del film 'Zootropolis 2'

Visivamente di alto profilo ma narrazione sovraccarica 

Il film non si accontenta del colpo di scena finale: lungo tutto l’arco narrativo, sottotrama dopo sottotrama, emerge una volontà — forse ambiziosa — di interrogare la paura dell’altro, la discriminazione sistemica, la storia che molte civiltà scelgono di dimenticare. Visivamente, come ci si aspetta da un prodotto Disney di alto profilo, Zootropolis 2 funziona alla perfezione: textures, ambientazioni, variazione di habitat (dalle paludi a quartieri desertici, montagne, fino a sezioni costiere per animali semi-acquatici) dimostrano che la città animale è un organismo vibrante e in continua evoluzione. Né manca quel ritmo (corse in auto, fughe, tappe sotto copertura) che contribuisce a dare alla pellicola un’energia quasi vertiginosa, sempre in bilico tra il divertimento per famiglie e una storia più adulta e stratificata. Ma è proprio in questa ambizione che il film mostra le sue crepe: la mole di personaggi nuovi (dal serpente Gary, al podcaster-coniglio complottista, a politici corrotti) e di sottotrame varie — corruzione, identità, esclusione — rende la narrazione a tratti sovraccarica. Alcuni momenti appaiono come “riempitivi”, certi colpi di scena si avvertono come “forzati”, e la coerenza interna del film vacilla sotto il peso delle aspettative di modernità e profondità. In più: la semplicità di denuncia sociale che rendeva seducente il primo Zootropolis tende qui a dissolversi in una complessità che — pur temeraria — rischia di allontanare una parte del pubblico più giovane o in cerca semplicemente di leggerezza.

Un progetto coraggioso 

Insomma, Zootropolis 2 non è un cartone innocuo: sotto le battute, i doppi sensi, le gag, pulsa la consapevolezza che una città — per quanto progettata come “utopia” — può avere faglie. I rettili banditi, la paura di tornare “diversi”, l’idea di un ordine costruito su esclusioni codificate — tutto questo viene messo in luce. È un progetto coraggioso per un film d’animazione di grande distribuzione: prova a dire che la diversità non è solo estetica o folkloristica, ma reale e strutturale. Laddove molti cartoni si fermano a morali “facili”, qui si tenta un discorso più ampio, politico e sociale — pur restando nel registro dell’avventura e della commedia. E questo è forse il contributo più significativo di Zootropolis 2: non tanto nell’innovazione formale — anche se quell’innovazione c’è — quanto nella volontà di usare l’animazione come specchio per interrogare le nostre paure, i pregiudizi, le strutture che invisibilmente definiscono chi viene incluso all’interno di un senso di appartenenza e chi no.

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