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di Mario Paternostro

Quello che raccontiamo nella seconda puntata di “Ti ricordi?” (lunedì alle 22.30) dedicata al sequestro del magistrato Mario Sossi, avvenuto a Genova nell’aprile del 1974, oltre allo sviluppo incredibile della vicenda è il significato storico del fatto di cronaca nell’ambito di quel periodo, così poco narrato, chiamato “Anni di piombo”.

Sossi, rapito mentre tornava la sera nella sua casa di via al Forte di San Giuliano, trasportato dentro un’auto sulla statale 45 della Val Trebbia fino a una cascina del piacentino, in qualche modo “dirige” il suo drammatico sequestro fino a quell’incredibile ritorno a casa in treno, dopo la liberazione, come un qualunque pendolare!.

Instaura con i carcerieri una strano rapporto che rivelerà poi a Gianni Minoli in una memorabile puntata di “La storia siamo noi”. Uno dei carcerieri è il “Laureato”, quello con cui parla, discute. Apparentemente colto, apparentemente disponibile. Il “Laureato” lo accoglierà nella prigione con queste parole: tu ci hai sempre cercato? E ora eccoci.
L’altro è più rude, di poche parole: il “Gregario”.
L’aspetto che poi emergerà sul sequestro è che fu la prova generale della lunga stagione del terrorismo fatta di persona dai fondatori delle Brigate Rosse.

I sequestratori sono Alberto Franceschini (morto lo scorso 11 aprile) , Mara Cagol e Pietro Bertolazzi. La cascina e sulla statale per Serezzano. I coordinatori del rapimento sono Mario Moretti e Renato Curcio. Tutti i fondatori delle Brigate Rosse, quelli che parteciparono ai convegni “strategici” allo “Stella Maris” di Chiavari e poi al vertice di Pecorile in cui il gruppo inventò il nome della “brigata”, pare su idea della Cagol.
Cagol che sarà la moglie di Curcio, Cagol che il 5 giugno del 1975 muore nel corso di uno scontro a fuoco coi carabinieri del generale Dalla Chiesa , con armi automatiche e bombe a mano, nella cascina Spiotta, dov'era stato nascosto l'industriale Vittorio Vallarino Gancia.

La morte di Margherita Cagol segnò fortemente le Brigate Rosse e, per le sue circostanze ritenute non del tutto chiare, favorì un'accentuazione della radicalità e della violenza dell'azione del gruppo armato. Proprio poche settimane fa Lauro Azzolini storico brigatista, ha rivelato che con Mara c’era lui e che lei sarebbe stata uccisa mentre si arrendeva. Ricorda Curcio: "Che abbia voluto l'organizzazione armata quanto me, se non più di me, è un fatto". Come conseguenza di un'azione diretta e guidata da Mara Cagol, Curcio evade dal carcere il 18 febbraio 1975 e rientra nelle Brigate Rosse, dove però ormai le sue posizioni sono diventate marginali. 

Dunque una figura di rilievo nel sequestro Sossi è proprio quella di “Mara”.
Azzolini sostiene che Mara fu colpita durante la fuga tra raffiche e bombe, che era caduta a terra e aveva alzato le braccia al cielo. Insomma che non fu risparmiata. Così racconta: “ Lei era morta distesa su quel prato dove l’avevo lasciata viva e il dolore mi ha attraversato il sangue come una lama”.
Azzolini, per la prima volta, ha spiegato passo dopo passo la sua versione di quello che sarebbe accaduto nella cascina dell’alessandrino. Non dice mai di avere sparato all’indirizzo del povero brigadiere D’Alfonso, un’altra vittima, ma ammette che furono lanciate due piccole bombe in un contesto di grande confusione  “Raggiunto il bosco mi accorsi che lei non c’era e allora guardai verso il prato della cascina e l’ ultima immagine che ho di Mara, che non dimenticherò mai, è di lei ancora viva che si era arresa con entrambe le braccia alzate, disarmata, e urlava di non sparare... Ho continuato a correre a piedi senza guardarmi indietro fino a raggiungere una zona distante, ben oltre il bosco, quando sentii due spari. Continuai a correre per ore cercando un nascondiglio sicuro per aspettare la notte. Ero solo e fuggii.”

Su questa versione di Azzolini sono stati sollevati dubbi e si sono accese polemiche. Certamente l’autopsia del professor La Cavera rilevando i colpi di entrata e uscita dal corpo sotto le ascelle spiega che la traiettoria orizzontale del proiettile era segno che la donna era con le braccia alzate.
Ritornando ai giorni lunghissimi della carcerazione di Sossi nella misteriosa prigione del popolo vale la pena di rivedere e riascoltare la lunga intervista che fece al magistrato Gianni Minoli.

E’ una cronaca minuziosa, giorno per giorno, della prigionia. Con alcune importanti osservazioni fatte sia da Sossi che dal suo carceriere numero uno, proprio Alberto.
Franceschini ammetterà di avere instaurato un rapporto col prigioniero. Sossi quando il ministro Taviani, il procuratore Coco e il presidente della Repubblica, Giovanni Leone respingeranno ogni ipotesi di trattativa (Sossi libero e liberi i prigionieri della XXII Ottobre) suggerisce a Franceschini di chiedere l’applicazione della legge di guerra che prevede ritorsioni e scambi e inoltre che della questione se ne occupi solo la magistratura e non il governo. Cioè che i politici vengano tagliati fuori.
Sossi racconta di aver pregato, recitato poesie e anche brani del codice penale. Riceverà anche qualche libro da leggere, riuscirà a dormire bevendo camomilla contenente sicuramente dei sedativi, fino alla drammatica svolta quando il 18 maggio arriva il comunicato con l’ultimatum delle Br: 48 ore per decidere sì o no allo scambio tra il giudice e i prigionieri della XXII Ottobre.
Prima è un no secco, senza alcuna esitazione.

Sossi spiega che Franceschini gli rivelerà che sarà lui a ammazzarlo, personalmente.
Il 20 maggio, invece, la Corte dirà sì alla liberazione dei prigionieri anche se la Procura è contraria.
Franceschini racconta a Minoli che offrì a Sossi un risotto e barbera per festeggiare. E quando Minoli, alla fine dell’intervista, chiederà a Sossi se vorrebbe incontrare Franceschini la risposta del magistrato è un “no” decisissimo.
Sossi dunque viene liberato. Il medico legale Athos La Cavera, assistente a Medicina Legale del grande professor Franchini lo porta a San Martino. Gli verificano uno stato neurologico di grande confusione e stress, due costole rotte e varie escoriazioni. Venti giorni di prognosi. Sossi dunque non è incolume.

Così gli otto della XXII Ottobre non possono essere liberati….
Il procuratore Coco non firma la liberazione dei prigionieri della XXII Ottobre e verrà “giustiziato” l’anno successivo, sotto casa in salita Santa Brigida, proprio per questa sua decisione.
Per concludere, su questo sequestro che apre la tragica stagione degli anni di piombo ci sono ancora inquietanti domande senza risposta. Per esempio il sospetto che ci fosse tra i terroristi un infiltrato dei Servizi. (la stessa supposizione per il sequestro di Aldo Moro). Ce le ha evidenziate in una importante intervista l’onorevole Federico Fornaro del Pd che è stato il segretario della Commissione Moro.
Quello che è certo è che il sequestro di Mario Sossi apre un decennio tremendo, un percorso di morte e ferimenti che si chiude tragicamente con il blitz di Dalla Chiesa nel covo genovese di via Fracchia.

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